Lo sapevate? Nell’Ogliastra del Permiano c’erano vulcani, paludi e antichi animali

Nelle acque dolci prosperavano pesci palaeoniscidi e sarcopterygi, piccoli squali d’acqua dolce e anfibi branchiosauri. Questi ultimi, simili nell’aspetto alle attuali salamandre, potevano raggiungere una decina di centimetri di lunghezza
Già viene difficile immaginare come fossero, cento o duecento anni fa, i luoghi dove viviamo, ci si immagini quanto sia ostico pensare a come apparissero all’inizio del periodo Permiano, circa 295 milioni di anni fa. A chiarire i dubbi riguardo l’Ogliastra, è il dottor Daniel Zoboli, paleontologo presso il Dipartimento di Scienze Chimiche e Geologiche dell’Università di Cagliari.
«Verso la fine dell’era paleozoica (oltre 300 milioni di anni fa) l’area che diventerà la Sardegna era totalmente emersa dal mare e faceva parte di una catena montuosa (chiamata “catena Varisica”) che si estendeva nella paleo-Europa» spiega Zoboli.
Insomma, geografia e topografia molto differenti rispetto alle attuali.
«Ad esempio, in quella che diventerà la Sardegna centro-orientale non avremmo visto gli imponenti massicci calcarei del Supramonte e i caratteristici tacchi ogliastrini che si sarebbero formati “soltanto” attorno a 150 milioni di anni più tardi, durante l’era mesozoica! All’inizio del periodo geologico chiamato Permiano (attorno a 295 milioni di anni fa) la “catena Varisica” era ormai quasi del tutto spianata e nelle aree più depresse si estendevano laghi e paludi. I fiumi depositavano nelle pianure sabbie e ciottoli derivanti dall’erosione dei rilievi del basamento paleozoico e dei coevi rilievi vulcanici. In questo periodo l’area sarda era infatti interessata da un importante ciclo vulcanico con deposizione di lave e tufi cineritici.»
Nei territori dove poi, molto lontano nel tempo, sarebbero sorti i paesi di Escalaplano, Perdasdefogu, Seui e Seulo, si estendevano laghi e acquitrini.
«Nei pressi di queste zone umide cresceva una lussureggiante vegetazione costituita da felci arboree ed equiseti mentre nelle acque dolci prosperavano pesci palaeoniscidi e sarcopterygi, piccoli squali d’acqua dolce e anfibi branchiosauri. Questi ultimi, simili nell’aspetto alle attuali salamandre, potevano raggiungere una decina di centimetri di lunghezza.»
Ma non solo, continua Zoboli: «I paleontologi sono riusciti a riconoscere tre specie di anfibi branchiosauri appartenenti a due generi: Melanerpeton eisfeldi, Apateon kontheri e Apateon flagrifer. Queste tre specie sono ben note in altri siti europei (ad esempio francesi e tedeschi) e testimoniano una continuità territoriale tra l’area sarda e il resto d’Europa. Alcuni fossili di questi anfibi si possono ammirare nelle vetrine del Museo Aquilegia di Masullas, mentre un centinaio di esemplari sono conservati presso l’Università di Milano e il Museo di Storia Naturale di Schleusingen (Germania).»
La vita in questi laghetti non era certo facile, l’attività vulcanica e periodiche condizioni di anossia dell’acqua potevano infatti portare a morie di massa degli organismi.
«Queste “piccole catastrofi” sono suggerite da alcuni livelli fossiliferi caratterizzati da un’anomala concentrazione di resti di branchiosauri» chiude lo studioso. «Questi antichi bacini lacustri e le sue faune dulcicole sono oggi testimoniate dalle rocce e dai fossili di quella che i geologi chiamano “Formazione di Riu su Luda” che affiora principalmente nel bacino di Perdasdefogu.»
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