3 bimbi, 41 anni e una laurea con lode. Daniela Marci racconta: «Un sogno realizzato»

La storia dell’ogliastrina Daniela Marci, neolaureata con lode
«Studiare all’università con un marito e tre bambini? Un limite per certi aspetti, ma una risorsa per altri. Da una parte, mi sentivo in colpa per le mille storie della buonanotte non raccontate, per le mille volte che ho preparato pasta in bianco e per i mille “Oggi non posso, devo studiare”. Dall’altra? Avevo, con i miei quarantun anni, degli obiettivi forti e mi sentivo motivata rispetto ai miei coetanei ventenni. Con la mia età arriva una consapevolezza maggiore, più potente.»
È così che inizia il racconto di Daniela Marci, lanuseina e neolaureata, in corso e con il massimo dei voti, in Psicologia – con una tesi sull’allattamento come pratica culturale. Ah, moglie e mamma di tre bimbi di dieci, otto e cinque anni.
«Mi accompagna da sempre la voglia di svolgere un lavoro da amare, ma mi sembrava impossibile capire quale fosse la mia strada» spiega.
Ma torniamo un po’ indietro, perché il percorso di Daniela è uno di quei cammini a ostacoli che però custodisce una perla di vita in ogni angolo.
Daniela ha ventidue anni quando interrompe gli studi in Economia Aziendale: del resto, gli esami inerenti alla matematica li ha finiti, e a lei le altre materie non è che piacciano poi così tanto. «Volevo svolgere un lavoro che mi rendesse felice» continua. «Fu così che mollai l’università per formarmi come parrucchiera, un lavoro meraviglioso che amavo molto ma che non mi faceva sentire completa, io avevo voglia di dare il mio contributo per costruire un mondo migliore e non mi sembrava di riuscire in quello scopo. Non riuscivo a capire quale fosse la mia strada, niente mi faceva sentire veramente realizzata.»
Dopo un’esperienza in proprio che, sebbene redditizia, risulta insoddisfacente sotto l’aspetto di realizzazione professionale, inizia a galopparle nella testa, per la prima volta dopo anni, un’idea: riprendere l’università. Poi però, come spesso accade, il destino si mette in mezzo e complica – in questo caso in modo meraviglioso – il disegno.
«Nel 2012 è nato il mio primo figlio, un’esperienza travolgente, destabilizzante… L’avvio dell’allattamento è stata forse la sfida più grande della mia vita, sfida che dopo mesi sono riuscita a vincere anche grazie al babywearing (l’arte di portare i bimbi addosso). La mia vita lì cambio radicalmente e fu l’inizio del mio lungo processo di rinascita. Io da sempre così rigida, convinta che i bambini si viziassero se tenuti in braccio, mi trovavo a dover ricostruire tutti i miei valori e tutte le mie certezze. Dopo 2 anni è nato il mio secondo bimbo e con lui sono nata per la terza volta, perché “ogni volta che nasce un bambino nasce anche una madre”. È stato durissimo ricreare gli equilibri, ricostruire certezze. Io, donna da sempre indipendente, decisi di lasciare il lavoro per dedicarmi ai miei figli, la maternità era qualcosa di così totalizzante per me da non riuscire a conciliarla con qualcos’altro.»
Ma l’insoddisfazione è ancora lì, a riposo ma sempre con un respiro tutto suo.
«L’amore per il babywearing e per l’allattamento mi hanno portato a pensare di farlo diventare un lavoro, così circa 7 anni ho iniziato la formazione come Consulente del Portare, una figura professionale che guida i genitori nella scelta del supporto più adatto alla diade e insegna loro a portare il proprio bimbo in sicurezza, contemporaneamente mi sono formata come Peer in allattamento, per poter essere di aiuto alle mamme durante il loro allattamento. Un lavoro che amo follemente, quando finisco una consulenza sento sempre quella meravigliosa sensazione di aver fatto qualcosa per rendere il mondo più felice, perché una madre che si sente competente sarà una madre più serena e di conseguenza anche il bambino lo sarà.»
E cinque anni fa la famiglia si allarga nuovamente: la sua ultima figlia viene al mondo in modo naturale, dopo due cesarei. «Dopo quell’esperienza ho iniziato a pensare che forse, con tanto impegno, avrei potuto scalare qualsiasi montagna.»
E il ritornare sui banchi di scuola solletica nuovamente la sua fantasia, la sua immaginazione: che sia proprio quello il modo di realizzarsi?
«In cuor mio sognavo di iscrivermi all’università in psicologia per diventare una Psicologa perinatale, un sogno meraviglioso che non osavo toccare. Era lì nei cassetti della mia mente, ogni tanto lo aprivo ma non avevo il coraggio di prenderlo per mano. Tre anni fa ho preso coraggio e da quel momento il cosmo ha iniziato ad aprirsi a me. Passo dopo passo la strada mi sembrava miracolosamente la mia. Le scadenze perfette, l’acquisizione di un metodo di studio, esame dopo esame. Non sapevo se quella fosse davvero la mia strada ma sentivo forte dentro di me la necessità di percorrerla, ero sicura che alla fine di questo percorso, che immaginavo lunghissimo, avrei visto la luce… e così è stato.»
In corso, con il massimo dei voti: Daniela Marci salta tutti gli ostacoli e riesce nel suo sogno, lo tocca con mano, lo stringe a sé.
«È stata una grande palestra per la mia autostima da sempre così vacillante. L’anno scorso ho ricevuto la diagnosi di dislessia, per qualche attimo è stato destabilizzante ma poi mi ha permesso di dare un nome a tante difficoltà, alle tante sensazioni di inadeguatezza e mi ha dato la possibilità di capire il senso di questi 20 anni passati a cercare la mia strada. La mia tesi sull’allattamento come pratica culturale mi ha permesso di onorare ciò che mi ha dato la possibilità, con estrema fatica, di rinascere e di guardare da prospettive differenti la maternità» conclude. «Oggi per la prima volta mi sembra di comprendere il senso di ogni scelta fatta finora e finalmente mi sento realizzata: amo follemente il mio nuovo lavoro di educatrice e continuo il mio lavoro con le madri, non credo smetterò mai di studiare».

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