Si racconta da secoli, tra le pietre antiche e i sussurri del vento, che nel maestoso castello di Quirra vivesse un conte di rara crudeltà e dall’aspetto tutt’altro che gradevole. Era un uomo temuto, la cui fama di spietato signore delle terre circostanti si intrecciava indissolubilmente con la sua inquietante bruttezza. C’è chi dice che il suo cuore fosse tanto nero quanto la sua anima, altri invece sostengono che la sua malvagità non fosse altro che il riflesso di un’esistenza segnata dal disprezzo e dall’emarginazione.
Eppure, si sa, l’amore ha il potere di insinuarsi negli angoli più remoti dell’animo umano, anche in quello che pare incapace di provare un sentimento puro. Un giorno, inaspettatamente, il crudele conte fu trafitto dalla freccia di Cupido. La scintilla scoccò nel momento in cui i suoi occhi incrociarono quelli di una giovane donna di Perdasdefogu, una fanciulla di straordinaria bellezza e grazia, ignara di essere diventata l’oggetto del desiderio di un uomo che mai avrebbe voluto attirare su di sé.
Il conte, che fino ad allora aveva conosciuto solo il timore e il disgusto degli altri, si aggrappò con forza a quell’improvvisa ossessione, convinto che proprio lei potesse riscattarlo dall’ombra in cui era sempre vissuto. Ma la ragazza, al contrario, non provava per lui nulla più che indifferenza, e il solo pensiero di legarsi a quell’uomo era fuori discussione. Lui, però, non era tipo da arrendersi di fronte a un rifiuto e, anziché tentare con parole dolci o con gesti galanti, decise di saltare ogni convenzione. Non si limitò a chiederle un appuntamento, né si preoccupò di conquistarla con il tempo e la pazienza. No, il conte fece ciò che meglio si addiceva alla sua natura: le chiese direttamente la mano, senza preamboli, senza corteggiamento, convinto che il suo volere bastasse a ottenere ciò che desiderava.
Ma lei non si fece intimorire. «Se riuscirai a venirmi a prendere sotto casa in carrozza io diventerò la tua posa» gli disse, certa di averlo imbrogliato visto che non esisteva una strada e l’unica via praticabile era molto impervia e grossi massi impedivano il cammino nell’ultima parte del tragitto.
Ecco, lui che, oltre ad essere stato dimenticato da Madre Natura era anche estremamente tenace, non si perse d’animo: lui quella fanciulla doveva sposarla a tutti i costi. Mandò uomini a radunare persone dai paesi vicini: in molti risposero vogliosi di vedere incoronato un bel sogno d’amore – meno per la fanciulla, ma questa è un’altra storia. Abitanti di Tertenia, Bari Sardo, Arzana, Lanusei, Villagrande, Osini e Loceri, armati di pochi utensili, riuscirono a spianare il cammino alla carrozza del marchese fino a lei.
Non ha un lieto fine, questa storia: la ragazza, non potendo venire meno alla parola, si uccise lanciandosi nel dirupo sottostante.
Ma il marchese per ricompensa agli uomini che erano stati così generosi da aiutarlo donò terreni del Salto di Quirra fino a Sarrala, ai paesi di Bari Sardo, Arzana, Lanusei, Villagrande, Osini e Loceri, mentre a Tertenia diede dei territori a monte. Ancora oggi, si narra, esiste quella strada spianata nella roccia: viene chiamata Sa scala ‘e sa Contissa.
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