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La storia di Alessia Congiu, da Nuoro a Zanzibar | Ogliastra - Vistanet
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“Pole pole hakuna matata”. La vita “senza fretta” di Alessia Congiu, da Nuoro a Zanzibar

“Pole pole hakuna matata”. La vita “senza fretta” di Alessia Congiu, da Nuoro a Zanzibar

“Pole pole hakuna matata”. La vita “senza fretta” di Alessia Congiu, da Nuoro a Zanzibar

Quali sono gli ingredienti per una vita felice? Ce lo racconta Alessia Congiu, una globe-trotter nuorese di 28 anni: sole, mare, sabbia, calma, libertà, Zanzibar!

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1 Dicembre 2022 11:23 Giulia Cocco

Questa è la storia di una ragazza viaggiatrice, che dall’Atene Sarda, Nuoro, ha spiccato il volo ed è cresciuta libera nel mondo. Oggi si trova a Zanzibar e qui ha creato il suo nido, fra la sabbia, il mare e un’atmosfera calma e rilassata tipica del posto. Alessia Congiu, 28enne, ha infranto la comfort zone in modo romantico, e con questa intervista scopriremo come e perché.

Conosciamola meglio.

Alessia, da quanti anni vivi a Zanzibar, qual è il tuo background?

Vivo a Zanzibar da quasi 4 anni! Prima di trasferirmi su questa magica isola lavoravo per un Tour Operator Italiano che mi ha dato la possibilità di viaggiare per tutto il mondo. Proprio quando avevo deciso di fermarmi per avere una vita un po’ meno caotica e più stabile, mi è stata proposta un’ultima destinazione: Zanzibar. Sono arrivata nel 2018 e da allora non l’ho più lasciata.

Raccontaci di Bento, come è nato? Di cosa si tratta? Un aneddoto interessante accaduto?

Quando è scoppiato il COVID nel 2020, mi trovavo a Zanzibar per la mia seconda stagione e lavoravo in un meraviglioso Hotel a Paje nella costa sud-est. L’isola non ha mai chiuso al turismo, perciò gli anni del COVID sono stati gli anni del suo boom –  prima principalmente visitata da italiani, ha cominciato ad essere conosciuta in tutto il mondo. Una delle cose più difficili a cui abituarsi quando si vive in Africa (ancor più su un’isola dell’Africa!) è sicuramente lo stile di vita locale, il moto di Zanzibar è “pole pole, hakuna matata” che come saprete dal Re Leone in Swahili significa “piano piano, nessun problema!”, la risposta che viene data a qualsiasi piccolo inconveniente che insorge, specialmente quando si tratta della ristorazione: ore e ore di attesa per un semplicissimo piatto (perché ricordiamoci che chi va piano arriva sano e va lontano, ma non quando si è affamati).

Insieme al mio fidanzato e degli amici stretti abbiamo quindi deciso di dar vita a Bento, il primo Food Court in Tanzania, fatto esclusivamente di container. La cosa che contraddistingue Bento da qualsiasi altro ristorante sull’isola oltre al design? I 5 minuti di attesa per poter mangiare! La felicità di qualsiasi expat e turista e una nuova esperienza per i locali.

Piedi nudi, sole e sabbia 365 giorni l’anno. Tu, non solo vivi lontana da casa, ma in una dimensione totalmente differente, per tanti un sogno. C’è qualcosa che ti manca di casa?

Le spiagge di sabbia bianchissima, il mare cristallino, le palme, il kitesurf e l’accoglienza delle persone del posto sono sicuramente uno dei motivi per cui mi sono innamorata di quest’isola. Come in ogni posto però, c’è sempre il rovescio della medaglia. Zanzibar è molto isolata rispetto alla “terraferma”, nonostante sia un’isola esclusiva e molto turistica si tratta pur sempre di un paese in via di sviluppo. La corrente si ricarica con delle schedine telefoniche, l’acqua viene trasportata da grandi camion, a volte abbiamo dei tagli di corrente che durano quasi giornate intere e la connessione internet è, anche lei, molto “pole pole”. Non abbiamo grandi centri commerciali, supermercati o i comfort che a casa diamo sempre per scontati; vivendo qui ci si distacca dal consumismo, si imparano dei valori importanti come quello della pazienza e del saper apprezzare le piccole cose. Molte volte tutte queste mancanze stancano e mi fanno sentire nostalgica e diversa. Torno a casa solo una volta all’anno per un paio di settimane e ogni volta è una sensazione stranissima! Dover indossare le scarpe, vedere i grandi palazzi, affrontare il freddo o semplicemente ri-abituarmi alla vita frenetica in cui tutto è  fatto di corsa mi fa capire quanto sia fortunata a poter vivere lontana dalla routine e dalle “gabbie di cemento”, come le chiamano qua.

Hai un sogno nel cassetto?

Ora come ora l’unica cosa che posso dire è che il mio sogno nel cassetto lo vivo da 4 anni e non cambierei una singola cosa. Zanzibar è un’isola magica, circondata dal profumo delle spezie, un’isola ferma nel tempo in cui poter vivere la vita senza ansia e senza stress, in cui riempire gli occhi di colori mai visti e sentirsi a casa in un posto che casa non è. È un’esperienza che tutti nella vita dovrebbero provare almeno una volta.

 

 

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Un secolo fa, una chiesa sarda compì un “trasloco” davvero straordinario: fu smontata pietra dopo pietra e ricostruita in un nuovo luogo, come se fosse un gigantesco puzzle.

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5 Settembre 2025 12:15 Michela Girardi

Un secolo fa, una chiesa sarda compì un “trasloco” davvero straordinario: fu smontata pietra dopo pietra e ricostruita in un nuovo luogo, come se fosse un gigantesco puzzle.

Era il 1923 quando si decise di spostare la piccola Chiesetta di San Pietro di Zuri, nel territorio di Ghilarza, dal fondo della vallata a un’altura poco distante. Il motivo? Proprio dove sorgeva, di lì a poco, sarebbe nato il lago più grande della Sardegna: l’Omodeo. La creazione del nuovo invaso artificiale avrebbe sommerso l’antico villaggio di Zuri, costringendo gli abitanti a ricostruire le loro case altrove.

Ma cosa fare di una gemma architettonica come la Chiesa di San Pietro? Non era una semplice casa: era un raro esempio di romanico lombardo con accenti gotici, progettata da Anselmo da Como intorno al 1290, tutta in pietra da taglio. La facciata mostrava tre arcate a pieno centro su massicci pilastri, e il portale era scolpito con figure della Madonna, di San Pietro e di altri santi, un piccolo tesoro di arte e devozione.

Non restava che salvarla dall’acqua. Così, si decise di smontarla con cura, mattone dopo mattone, e di rimontarla come un enorme mosaico di roccia lavica. I lavori si conclusero nel 1923, e nell’aprile del 1924 la chiesa fu inaugurata alla presenza del re Vittorio Emanuele III.

Oggi, la Chiesa di San Pietro continua a splendere nel nuovo borgo di Zuri, in via Galliano 10, testimone di un’incredibile avventura che l’ha salvata dall’oblio e dalle acque del lago.

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