Professione imprenditrice agricola: la storia della 23enne ogliastrina Beatrice Foddis
I sogni, il rapporto con i coetanei e i sacrifici di una volenterosa ragazza ogliastrina che sogna di far crescere la sua azienda, curando il bestiame e producendo dello strepitoso formaggio
23 anni soltanto e le idee chiarissime: portare avanti l’attività di famiglia e dare il cento per cento al settore caseario.
Una scelta insolita ma che racconta di quanta voglia abbiano i giovani ogliastrini di costruire, anche con la fatica, il proprio futuro, avendo cura delle tradizioni di famiglia e del territorio.
Stiamo parlando di Beatrice Foddis, che giovanissima, insieme al fratello Daniele ( di un anno più piccolo), dopo il diploma ha deciso di dedicarsi alla cura del bestiame e alla produzione del formaggio, nella piccola azienda che da generazioni ha impegnato e gratificato la sua famiglia, a Tertenia.
«Dopo aver vissuto, giorno per giorno, tutti i sacrifici fatti dalla nostra famiglia, io e mio fratello desideriamo mandare avanti l’azienda – spiega la giovane pastore di Tertenia – Siamo giovani ma abbiamo voglia di lavorare e di migliorare. Fin da piccoli abbiamo sempre nutrito la passione per il bestiame e per vita in mezzo alla natura, che ci è stata tramandata dai nostri genitori, dagli zii e da nostro nonno Cesare, che ha costruito tutto questo e che vogliamo onorare».
Una vita sicuramente diversa da quelle delle coetanee, quella di Beatrice. Ma lei e il fratello non se ne curano e procedono dritti per la propria strada. «Siamo orgogliosi di fare questo lavoro nonostante non manchino le critiche, soprattutto dai ragazzi della nostra età. I commenti negativi non ci abbattono, anzi, ci fortificano e ci rendono più saldi nei nostri progetti per il futuro, legati alla possibilità di crescere come azienda, di poter lavorare al meglio la nostra materia prima per portare sul mercato prodotti di qualità, lavorati con le nostre mani».
Consapevole delle difficoltà che il mestiere comporta, esprime con forza anche un parere sul costo del latte e sulle passate rivolte dei pastori sardi: «Per ogni pastore non esistono feste, non esistono brutte giornate, non esistono giorni liberi, non esiste un’eventuale influenza o un ostacolo che gli faccia pensare di mancare a lavoro anche un solo giorno! Ogni pastore lavora 365 giorni all’anno e ogni giorno fa in modo di creare un prodotto di qualità che permetta di mandare avanti una marea di settori dando lavoro anche a molte altre persone. Questo però non viene riconosciuto perché la materia prima da cui parte tutto ciò viene pagata pochi centesimi al litro!».
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Conoscete “Sa Trizza”? Scopriamo insieme la Treccia, perla casearia del Montiferru
Gli ingredienti semplici ma autentici, come il latte di vacca e il caglio liquido di vitello, si fondono in un connubio di sapori che caratterizzano la Trizza.
Nel cuore della Sardegna, nella regione storica del Montiferru, tra antiche tradizioni casearie e un paesaggio intriso di storia, nasce la Trizza, un formaggio fresco e fragrante che incanta i palati con la sua consistenza morbida e il suo sapore unico.
La produzione di questo prelibato formaggio inizia con un latte di vacca, prelevato da razza Sardo-Modicana, che conferisce al prodotto caratteristiche uniche. La magia inizia con la coagulazione del latte a 32°C, attraverso l’uso di caglio liquido di vitello e il prezioso contributo di siero innesto proveniente dalla caseificazione precedente.
Dopo un’attesa paziente di 20-30 minuti, la cagliata è pronta per essere delicatamente rotta a grano di cece, segnando l’inizio di una fase di maturazione che oscilla tra le 18 e le 24 ore. La pasta, plasmata manualmente in forme di treccia, subisce poi il test di filatura su fiamma, dove il maestro caseario valuta la sua elasticità attraverso brevi intervalli di prelievo e un tocco di fiamma.
La Trizza, dalla pezzatura di circa 1-2 kg, abbraccia il suo ultimo passo prima di essere gustata: un breve bagno in salamoia, seguito da un periodo di asciugatura su panni, graticci di canne o legno per circa due giorni. La freschezza della Trizza, da consumare entro i 3 giorni dalla produzione, la rende un’eccellenza gastronomica senza eguali.
La storia della Trizza si intreccia con l’antichità, e l’autorevole studioso sardo Felice Cherchi Paba suggerisce che il termine stesso abbia radici nel Greco Thiriccas del periodo Sardo-Bizantino. Le ultime settimane della Quaresima erano chiamate “settimane Thirine”, un’usanza alimentare che si è trasformata nel tesoro caseario che conosciamo oggi.
Gli ingredienti semplici ma autentici, come il latte di vacca e il caglio liquido di vitello, si fondono in un connubio di sapori che caratterizzano la Trizza. La sua versatilità la rende ideale per arricchire taglieri di formaggi freschi e stagionati o per brillare come protagonista in antipasti e aperitivi insieme a selezioni di salumi sardi.
[FOTO E INFO: LAORE/SARDEGNA AGRICOLTURA]
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