Ieri sera il sindaco di Nuoro Andrea Soddu ha illustrato al Consiglio Comunale le linee programmatiche che nei prossimi anni saranno la base dell’azione politica dell’amministrazione.

In apertura di seduta, il Consiglio ha osservato un minuto di silenzio in memoria dell’assessore regionale Roberto Frongia, scomparso improvvisamente. «Un avversario politico che, seppure attestato su posizioni politiche diverse, era sempre disposto al confronto e al dialogo per cercare soluzioni per i cittadini, come in occasione dell’emergenza idrica della scorsa estate» ha spiegato Soddu in aula.

Il primo cittadino nuorese ha esposto ai consiglieri quale programma sarà perseguito per consentire a Nuoro di crescere dal punto di vista economico, sociale, ambientale. Un programma che non guarda solo al breve termine, ma anche al prossimo decennio e più e si ispira agli obiettivi dell’Agenda 2030 dell’ONU, declinati anche alle esigenze del territorio.

«L’emergenza sanitaria ha cambiato le prospettive non solo le nostre, ma quelle del mondo intero. La partita che stiamo giocando è importantissima, per questo ribadisco che vogliamo portare avanti questo programma arricchendolo con il contributo di tutti, nessuno escluso – ha spiegato Soddu –  È una strada che dovremo percorrere tutti insieme. Nel formulare le linee siamo partiti dal programma elettorale che abbiamo sottoposto agli elettori e in cui abbiamo descritto una città che secondo noi ha necessità di un colpo di reni per uscire dalla crisi e costruire il suo futuro. C’è tanto da fare, a cominciare dal rafforzamento della macchina amministrativa in tutti i suoi settori grazie all’assunzione di nuovo personale».

«Abbiamo scelto un paradigma mondiale come l’Agenda 2030 dell’ONU perché pensiamo che gli obiettivi che si prefigge, come avere delle istituzioni forti, combattere la povertà e le disuguaglianze, salvaguardare l’ambiente, sono gli stessi che dobbiamo avere tutti. Crediamo di poter lavorare per candidare Nuoro ed il territorio Nuorese a essere un punto di riferimento per la qualità della vita, per i servizi, per l’accoglienza, per la cultura, per la produzione e l’innovazione, e per la capacità di creare lavoro in un contesto sostenibile. Per raggiungere questo obiettivo però dobbiamo trasformare la visione che abbiamo di noi stessi, cogliendo tutto il bello che questa Comunità può offrire. Dobbiamo aggiungere un “più” davanti a ogni cosa: più Città, più territorio, più comunità» ha concluso il sindaco nuorese.

La Sardegna custodisce il segreto della pasta più rara del mondo. Si chiama Filindeu, i fili di dio. Solo poche mani esperte ancora riescono a produrre questi delicati e sottili fili intrecciati di semola di grano duro. La nuorese Paola Abraini è una di queste. Circa un anno fa è stata visitata da un inviato della BBC, arrivato sino alla città di Nuoro per carpire i segreti di una lavorazione tanto rara e difficile.

Foto di Eliot Stein

Questa antica tecnica di pastificazione risale ad oltre 300 anni fa. Una tradizione culinaria tipica del nuorese che al giorno d’oggi solo pochissime persone, tutte donne , custodiscono grazie ad una ricetta che si tramanda di generazione in generazione sempre all’interno delle stesse famiglie.

Foto di Eliot Stein

La tecnica di preparazione è particolarmente difficile e laboriosa. La Barilla ha tentato di carpire i segreti di questo manicaretto tutto sardo e il famoso gastronomo Carlo Petrini ne ha fatto un icona dello Slow Food.

Tra le personalità che hanno dovuto arrendersi di fronte alla maestria delle donne sarde nella preparazione di questa difficile pietanza annoveriamo anche il famoso cuoco inglese Jamie Oliver, che dopo 20 anni alle prese con pasta di tutti i tipi non è riuscito a completare la lavorazione dei Filindeu.

La base dei Filindeu è un impasto a base di farina di semola di grano duro, acqua e sale, lavorato con attenzione e calma finché l’esperienza del tatto con le mani non avverte il momento esatto in cui l’impasto è pronto.

All’impasto viene data la forma di un cilindro tirato tra le dita delle mani. Dopo essere stato ripiegato su se stesso, si frazionerà  in tanti finissimi filamenti. Da un pezzo di impasto di un etto si otterranno circa 250 sottilissimi fili.

I fili vengono stesi in tre strati su un canestro circolare di foglie di asfodelo essiccate,  creando una trama a intreccio, dopo di che avviene la fase di essiccazione che rinsalderà tutto creando un vero e proprio reticolato di pasta finissima.

Una volta pronta, la pasta verrà spezzettata in pezzi più piccoli e immersa nel brodo di pecora insaporito con scaglie di formaggio pecorino fresco.

La pietanza viene preparata ritualmente in ottobre, in occasione del pellegrinaggio al santuario di San Francesco di Lula, da offrire ai pellegrini che vi si recano.

Le figlie di Paola Abraini non sono interessate a portare avanti l’antica e laboriosa  tecnica, e tutte le altre donne che conservano quest’arte si contano sulle dita di una mano. In questo modo l’antica ricetta rischia di perdersi. Per ovviare a questo problema Paola ha deciso di non rispettare l’antico patto che vuole la ricetta tramandata di generazione in generazione all’interno della stessa famiglia, insegnando ad altre persone la difficile lavorazione.

Sembra però che non le sia andata bene perché pare che le siano stati negati i fondi per aprire una scuola. La cuoca non si è persa d’animo invitando così gli aspiranti preparatori di Filindeu a casa sua. Gli allievi sono però tutti scappati senza tornare dopo aver visto la difficoltà e la laboriosità di tale preparazione.

Nonostante tutte queste difficoltà il Gambero Rosso l’ha invitata a Roma per filmarla durante la lavorazione della specialità evitando così che le fasi di preparazione vengano dimenticate disperdendo così una sapienza antica irripetibile nella storia e nella cultura sarde.