Mascherine trasparenti per sordi: da Cagliari spedite in tutta Italia, un team di sarte al lavoro per cucirle

Mascherine trasparenti: la Cooperativa sociale Segni di Integrazione Sardegna Sardens, con il supporto dell’ENS Cagliari in prima linea per la comunicazione accessibile
Forse non tutti si rendono conto di come, soprattutto per determinate persone, le espressioni del viso, nel linguaggio, siano determinanti nella comprensione di ciò che si vuol dire. Il problema, da quando è cominciata l’emergenza Coronavirus, è stato accusato in primis dai sordi: le mascherine per coprire bocca e naso e riparare da eventuali contagi impediscono però anche la visuale di bocca ed espressioni facciali, impedendo ai non udenti una comprensione ottimale del detto. IntendiMe (la startup italiana che si occupa da anni di migliorare, attraverso soluzioni e progetti, la vita delle persone con problemi di udito), continua ad occuparsi della problematica ed ecco, come raccontato sul loro sito, la bellissima novità, partita proprio da Cagliari.
Partendo da qui, la Cooperativa crea un gruppo di lavoro ben organizzato costituito da alcune sarte volontarie e coordinato dalla socia ENS Claudia Pani, sarta sorda e sarda che, perfezionando il primo prototipo delle mascherine realizzato da Manuela Carboni, è riuscita a realizzare il design ottimale che viene ad oggi utilizzato per la produzione delle stesse. Durante la Fase 1, questa catena di solidarietà ha realizzato, spedito e distribuito gratuitamente numerose mascherine a chiunque ne avesse bisogno, in varie parti d’Italia. Ma non è questo il momento di fermarsi e occorre prepararsi al meglio, perché per le persone sorde il peggio deve ancora arrivare, il peggio rappresentato dalla Fase 2 appena cominciata.
Quel riprendere a piccoli passi una vita “quasi” normale che tutti abbiamo tanto desiderato, per le persone sorde è infatti l’inizio di una nuova emergenza. Non si tratta più di stare per lo più a casa, né di andare solo al supermercato di fronte alla propria abitazione o comunicare con un numero ristretto di persone, ma significa ritornare sul posto di lavoro, riprendere le attività finora interrotte e soprattutto significa scontrarsi con delle nuove barriere. Ancora una volta.
“Come tutti, con l’avvio della fase 2 le persone sorde hanno ripreso ad andare al lavoro, dal logopedista, dallo psicologo – insomma ovunque -, e si ritrovano davanti delle persone mascherate che non hanno quasi più una faccia né un labiale visibile, quindi sono nel completo isolamento. Inizia quindi il periodo di maggiore richiesta e necessità, il periodo in cui le sarte volontarie che fino ad oggi hanno realizzato le mascherine, stanno tornando ai loro lavori di sempre e non hanno più il tempo da dedicare a questa attività. Per questo motivo ci siamo messi alla ricerca di sarte in pensione o persone che sappiano cucire e che abbiano del tempo libero da impiegare nella realizzazione delle mascherine, come attività di volontariato” dice Luciana Ledda, presidente della Cooperativa Segni di Integrazione Sardegna Sardens.
Le mascherine realizzate sono destinate a chiunque ne abbia bisogno, e non è importante essere soci della Cooperativa o dell’ENS di Cagliari che ci sostiene, perché la vera solidarietà e collaborazione non hanno bandiera né tessera. Come dice il presidente della SP ENS di Cagliari Alessandro Dessì “Lavoriamo da sempre a difesa di tutte le persone sorde, per la loro autonomia e inclusione, senza distinzione alcuna. Dove c’è bisogno noi ci siamo, come in questo caso”. “Abbiamo costruito una macchina da guerra… di solidarietà”. In cosa consiste questa “macchina da guerra di solidarietà”? E’ il prodotto di una collaborazione equilibrata tra più realtà che si occupano di sordità, disabilità e… cucito!
Il gruppo di lavoro di sarte volontarie coordinato dalla sarta Claudia Pani e organizzato dalla Cooperativa, può contare sul sostegno della FAND (Federazione Associazioni Nazionali delle persone con disabilità) per l’acquisto dei materiali necessari per le mascherine, su Lava e Cuce per il supporto nella loro realizzazione e sull’Ente Sordi di Cagliari nell’individuazione dei soggetti che ne abbiano la necessità. Grazie a questa catena di collaborazioni, siamo in grado di distribuire e spedire le mascherine laddove servono.
“La persona che fino ad oggi ha lavorato più di tutte è la nostra socia Claudia Pani, grazie alla quale siamo in grado di proporre a tutte le sarte volontarie che vorranno collaborare con noi il modello delle mascherine, “a prova di sordo”, dice Luciana Ledda.
Non solo Sardegna – Le mascherine cagliaritane stanno facendo il giro d’Italia e hanno già raggiunto diversi professionisti che si relazionano con le persone sorde, come interpreti e logopedisti tra Milano, Monza Brianza, Treviso, Padova, Roma, Puglia etc. Hanno raggiunto anche la cooperativa Abracadabra di Genova, che grazie al nostro modello ha potuto organizzarsi con delle sarte volontarie e realizzarne un bel po’ da donare all’ENS di Genova, che a sua volta continua il ciclo di distribuzione. Sono state consegnate e spedite a delle persone sorde che si apprestano a tornare sul posto di lavoro affinché le possano distribuire ai loro colleghi per favorire la comunicazione fra le parti; inoltre fra le tante mascherine con finestrella trasparente realizzate qui e là per l’Italia, queste sono state scelte per essere adottate negli storici Istituti per Sordi di Torino, Padova e Roma.
Qui in Sardegna sono state richieste dal Liceo artistico in vista degli esami di maturità a cui parteciperanno degli studenti sordi, distribuite al personale del centro commerciale Conforama e a quello di alcune RSA che ospitano dei pazienti sordi, tra cui la San Raffaele Rosa del Manganai di Iglesias. “Queste mascherine rappresentano per noi persone sorde uno strumento per risolvere in parte gli ostacoli comunicativi che incontriamo nel quotidiani e che in questo periodo si sono moltiplicati. Mi piace definirle – dice Claudia Pani – la voce dei sordi, perché hanno fatto capire a tutti quelli che invece sentono, la nostra difficoltà a capire chi ci parla dietro una mascherina. Il motto “l’unione fa la forza” non è soltanto uno sciocco cliché che tutti conoscono ma che alla fine soltanto in pochi seguono davvero, è invece qualcosa in cui credo profondamente e questa nostra iniziativa ne è la prova lampante. Per me è stata una grandissima gioia poter aiutare le persone sorde come me, e per questo voglio ringraziare l’ENS di Cagliari con l’interprete Luciana Ledda, il presidente Alessandro Dessì e la vicepresidente Marta Zuddas, che mi hanno coinvolta e hanno creduto nelle mie capacità, perché insieme abbiamo realizzato una cosa bellissima.”
Per info [email protected] Luciana Ledda Whatsapp 3473718767 oppure [email protected]

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In ammentu ‘e Paulu Pillonca. A due anni dalla sua scomparsa, ricordiamo il grande intellettuale sardo

Ricordiamo, a due anni dalla sua scomparsa, Paolo Pillonca.
Ricordiamo, a due anni dalla sua scomparsa, Paolo Pillonca.
La Sardegna ha perso uno dei suoi intellettuali più illustri e dai molteplici talenti: professore, giornalista, scrittore, poeta, ma soprattutto studioso e strenuo difensore de “Sa Limba”. Ancora è ricordato con nostalgia dai suoi studenti, le sue lezioni non erano mai banali, sempre coinvolgenti e capaci di instillare nei giovani l’amore per la conoscenza.
Da giornalista libero e mai subordinato, i suoi articoli rappresentano affreschi della realtà, un esempio per le giovani generazioni del mestiere. Quando dovette scrivere sul conflitto a fuoco di Osposidda, fu una delle poche voci che si sollevò contro l’esibizione dei quattro banditi uccisi come trofei di caccia. Dalle colonne de L’Unione Sarda trasparì il rispetto solenne per l’essere umano.
Sterminata la produzione letteraria sia come scrittore che come poeta, dove in ogni frase e verso si riscontrava quel dono regalatogli dalle “janas” di toccare le corde dell’anima, che rendevano quasi musicali le sue opere.
Come una sorta di Prometeo moderno è stato un “eroe” del popolo sardo, capace di trafugare la favilla della lingua sarda all’oblio dell’oscurità, consegnando al terzo millennio la luce sacra più importante della nostra identità. Paolo Pillonca è stato uno studioso rigoroso e attento de “Sa Limba”, la radice più intima del nostro popolo. Ha donato la dignità e la consapevolezza di poter esprimere la lingua della nostra terra in ogni occasione, dalle solenni alle ordinarie, sdoganandola dai miopi stereotipi.
Nell’ interpretare i sentimenti più nascosti della Sardegna, ci ha trasmesso le conoscenze e il vissuto della millenaria tradizione sarda. Dalle zone più nascoste dell’Isola ha raccolto la voce delle persone più umili, valorizzando gli antichi mestieri, rendendo fruibile ai posteri la ricchezza delle conoscenze dei nostri antenati. I poeti che hanno cantato sotto la luce della luna, grazie a Pillonca, sono diventati “immortali”. Come gli autori greci e latini, dei quali aveva una conoscenza e competenza rara.
Più che un testamento quello che ha lasciato, è un sentiero, da definire “andala”, fatta di tutte le sue opere e dei suoi studi, dove anche i giovani del terzo millennio possono ritrovare la memoria storica e linguistica della nostra terra. Un cammino dove è probabile sentire i profumi del bosco e le essenze delle piante endemiche sarde. Perché lui aveva un’attenzione e un rispetto immenso per montagne e foreste sarde.
Adesso riposa nel cimitero di Seui, il paese del Tonneri e di Montarbu, dove lo scorso anno è stato accompagnato in un corteo funebre da amici e conoscenti provenienti da tutta la Sardegna, desiderosi di stare con lui in quell’ultimo omaggio.
Nella rivista identitaria Lacanas continua a vivere il pensiero di Paolo Pillonca, portato avanti orgogliosamente dai figli Piersandro, Fabio e dal nipote Mauro.
Paolo viene ricordato come una persona umile, capace di pesare le parole conoscendone l’intrinseca forza, dotato di una grande ironia. Per chi scrive è considerato un maestro e un punto di riferimento. Il tempo non potrà mai scalfire il ricordo dell’intellettuale, ma soprattutto dell’uomo che è stato.
C’è una strofa della poesia “Flores e Mendula”, nata dal cuore di Pillonca in memoria di un amico pastore, poi diventata una canzone di Piero Marras, che descrive perfettamente questo aspetto. La parola passa quindi ai versi di Pillonca, quasi come se fossero scanditi dalla sua voce:
“Sas istajones t’an fat’a piuere,
su tempus sa carena t’at distrutu,
ma pro chi sias como in terra rutu
dae su coro no nde podes rùere.”

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