Seui, la grassazione di Perdas Arbas del 1893: trenta banditi attaccano un capannone
Ai tempi della costruzione della linea ferroviaria Mandas-Arbatax, il 3 giugno 1893 nel territorio di Seui avvenne una rocambolesca rapina. Una banda di trenta banditi assaltò il capannone degli impresari in aperta campagna. L’obiettivo erano le paghe dei lavoratori che sarebbero state distribuite in quei giorni. Il fatto destò molto scalpore all’epoca
Durante un forte temporale, nel cuore della notte del 3 giugno 1893 a Seui nella località “Perdas Arbas”, una banda di trenta banditi attaccò un capannone ligneo.
Armati e mascherati irruppero nel riparo degli impresari Marcello e Martino Berattino, impegnati con la loro ditta Berattino-Calapaj nella costruzione di un tratto della linea ferroviaria Mandas-Arbatax. L’obiettivo erano i denari delle paghe dei lavoratori, che in quei giorni sarebbero state distribuite.
Le cronache dell’epoca riportarono la descrizione della grassazione, non mancando di criticare l’imprudenza dei due impresari – padre e figlio – di avere l’abitudine di distribuire i salari nel capannone e non in paese. Verso le nove di sera iniziano a susseguirsi i colpi di fucile dei banditi, e poco dopo uno di questi entrò dentro il baraccone.
Martino Berattino, figlio di Marcello, fronteggiò il malintenzionato ma non riuscì a colpirlo con il proprio fucile.
In suo aiuto accorse il giovane della vicina baracca di generi alimentari di Remo Bertelli, ma i due furono sopraffatti dal grande numero degli avventori. Il garzone fu immobilizzato e picchiato e l’impresario scaraventato nel dirupo nei pressi della vicina ferrovia.
Il giovane Berattino ripresosi dalla caduta, celato dalla notte e dalla boscaglia, iniziò a dirigersi verso il paese – distante diversi chilometri – per chiedere a aiuto. Nel frattempo i lavoratori allertati dagli spari tentarono di aiutare gli impresari, ma furono costretti a desistere dai fucili spianati dei ladri, appostati all’imbocco della galleria.
Gli altri componenti all’interno del capannone consumarono la rapina, mentre la serva dei Berattino era costretta a guidarli e fare luce nella ricerca del denaro. Il bottino totale fu di settemila lire, oltre alla devastazione degli oggetti e degli arredi che fece pensare alla presenza, all’interno della banda, di qualche ex lavoratore licenziato.
Stessa sorte toccò alla vicina baracca di generi alimentari Bertelli, con i due lavoratori e il titolare malmenati. Il signor Bertelli “avvinghiato” ad una damigiana che nascondeva il suo denaro, fu non solo derubato di duecento lire, ma picchiato e spaventato a morte.
Infatti fu minacciato dai banditi di avere una falange amputata, se non avesse consegnato il proprio anello che portava al dito. Per sua fortuna il basso valore dell’oggetto non portò alla menomazione.
Il vecchio Marcello Berattino asserragliato in un angolo del casolare con il suo fucile Remington a dodici colpi, pronto a vendere cara la pelle, non fu percosso e la scampò illeso. Quando arrivarono i carabinieri e i barracelli dal paese, i banditi si erano già dileguati tra i sentieri in mezzo alle montagne, senza lasciare tracce. Cancellate dall’incessante pioggia di quella notte.
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