Nessun rischio estinzione per i maiali di razza suina sarda. Ma serve uscire dall’irregolarità

«La specie autoctona di suino sardo non è a rischio estinzione. Sono oltre 300 i capi registrati e, se alcuni soggetti irregolari decidessero di allevare in legalità, i numeri potrebbero solo che crescere e ridurre il problema della consanguineità». Lo
«La specie autoctona di suino sardo non è a rischio estinzione. Sono oltre 300 i capi registrati e, se alcuni soggetti irregolari decidessero di allevare in legalità, i numeri potrebbero solo che crescere e ridurre il problema della consanguineità». Lo ha precisato l’Unità di Progetto per l’eradicazione della Peste suina africana in Sardegna, dopo che alcuni allevatori hanno sollevato il problema della possibile riduzione del numero di esemplari di suini di razza sarda. Nelle settimane scorse, infatti, l’Unità di Progetto ha portato avanti gli abbattimenti dei maiali al pascolo brado illegale, privi di controlli sanitari, mai registrati e di proprietà ignota presenti nei territori di alcuni comuni della Barbagia e dell’Ogliastra.
Di fronte ai dubbi sulle conseguenze delle azioni messe in campo dalla Regione per sradicare questa malattia nell’isola, Sebastiano Porcu, il maggior esperto della Sardegna e l’unico titolato a riconoscere e certificare l’appartenenza dei maiali alla razza di suino sarda, dipendente dell’Agenzia Agris, ha precisato: «La lotta attiva per l’eradicazione della Peste suina africana è un passo indispensabile e necessario per lo sviluppo economico di tutto il settore suino della Sardegna, così come l’uscita dalla clandestinità degli allevamenti è indispensabile per l’iscrizione degli animali al Registro Anagrafico dei suini autoctoni italiani gestito dall’Associazione Nazionale Allevatori Suini (ANAS)».
Porcu sottolinea inoltre l’importanza della registrazione degli animali al Registro Anagrafico, affinché questi siano tutelati sotto diversi aspetti. Primo fra tutti, quello legato alla tutela della razza e quindi la conseguente tracciabilità degli stessi prodotti derivati: «Per garantire la paternità ai suinetti – spiega Porcu – non si può praticare l’allevamento promiscuo con presenza di più verri nel branco. Inoltre, per mantenere la razza in purezza, bisogna evitare che questi animali vengano in contatto con suini di altre razze e/o con cinghiali: devono essere perciò allevati in condizioni di sicurezza biologica. Tali passaggi – conclude – possono quindi garantire sia l’allevamento nel rispetto del piano di eradicazione della PSA, sia la tracciabilità dei prodotti tradizionali da esso derivati».
La razza suina Sarda è stata riconosciuta ufficialmente dal Governo fra le razze suine autoctone nazionali, l’8 giugno 2006. Sono circa 300 i suini iscritti al registro anagrafico del suino di razza Sarda appartenenti a poco meno di 50 allevamenti nella regione. Si tratta di una sottospecie di suini che è comunemente associabile, ma non esclusivamente, a quei maiali dal manto scuro e dal pelo lungo, la cui carne viene utilizzata prevalentemente per la produzione di salumi.

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Peste suina, sieropositivi il 5,6% dei maiali abbattuti in Ogliastra, nelle campagne di Talana e Villagrande

Sono risultati sieropositivi il 5,6% dei campioni raccolti sui 111 suini allo stato brado illegale abbattuti il 30 dicembre in Ogliastra, nelle campagne di Villagrande Strisaili e di Talana durante un’operazione di depopolamento di maiali irregolari, di ignota proprietà e senza controlli sanitari, portata avanti dall’Unità di Progetto (UdP) per l’eradicazione della Peste suina africana in Sardegna.
I dati sono stati comunicati all’UdP dall’Istituto zooprofilattico sperimentale (IZS) che ha eseguito le analisi di laboratorio. Si tratta del dato più basso riscontrato in queste ultime settimane, dove la forbice di sieropositività oscillava invece tra il 71.6% e il 100% dei campioni.
«Che la sieropositività riscontrata sia più bassa, ma sempre presente, rispetto agli animali bradi fin qui testati – hanno spiegato dall’IZS –, è probabilmente riconducibile al fatto che i suini depopolati facevano parte di branchi isolati. Il riscontro di capi sieropositivi alla malattia conferma tuttavia l’elevatissimo rischio di PSA presente in quelle zone».
L’IZS ha poi precisato che «se questi gruppi di animali fossero stati tenuti in allevamenti registrati, recintati e sottoposto a regolari controlli sanitari, sarebbero in larga parte ancora in vita. La loro situazione di illegalità ha impedito un adeguato monitoraggio e imposto invece un tipo di intervento dettato dalla normativa vigente in materia di sanità animale e di eradicazione della PSA»

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