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Il nuovo libro della scrittrice ogliastrina Giancarla Marongiu, “La gabbia di Pinuccia”, affonda le sue radici nel territorio e nelle storie che lo attraversano. È proprio dal contatto diretto con vissuti, memorie e osservazione della realtà che nasce il romanzo: un’opera in cui l’autrice rielabora esperienze umane trasformandole in materia narrativa, dando voce a dinamiche intime e sociali ancora profondamente attuali.
Il racconto tiene insieme due dimensioni solo apparentemente distanti: la contemporaneità e l’antichità di regole, comportamenti e schemi cristallizzati nel tempo. Emblematica è la figura di Felice, padre di Pinuccia, che incarna un sistema di valori fondato sull’imposizione, dove l’educazione diventa obbligo e gli ideali si trasformano in ideologie oppressive. Attraverso questo personaggio, Marongiu pone domande scomode ma necessarie: quanto i pregiudizi continuano a danneggiare la vita individuale e collettiva? Quanto i rapporti tra i sessi sono ancora privi di amore e rispetto? E quanto manca, oggi, una vera educazione sentimentale, emotiva, relazionale e sessuale?
Grande attenzione è riservata alla costruzione dei personaggi e delle diverse componenti del romanzo, curate con la stessa sensibilità e profondità dedicate a Pinuccia, figura centrale della narrazione. L’autrice sceglie consapevolmente di abbandonare stereotipi e luoghi comuni, soprattutto quando affronta temi delicati come la malattia mentale e il disagio psichico, realtà che ancora oggi, nonostante la legge Basaglia, continuano a essere segnate da stigma, violenza e incomprensione.
Nel libro emerge anche una riflessione più ampia sulla società contemporanea e sulla globalizzazione, vista come un processo che spesso genera omologazione, inquinamento culturale e, in alcuni casi, vera e propria “spazzatura” sociale. Marongiu mette in guardia dall’illusione di superiorità, che non è altro che una manifestazione di inconsapevolezza e arroganza, come dimostrano dinamiche di potere che si riproducono anche in contesti apparentemente alternativi.
Per l’autrice, la scrittura ha da sempre una funzione catartica, esplorativa ed empatica: osservare se stessi e gli altri diventa un gesto d’amore che genera consapevolezza e alimenta speranza, ideali e volontà di costruire un mondo migliore. Fatica e dolore fanno parte della vita, ma possono e devono essere spesi per il bene comune.
Il lavoro narrativo nasce da un processo di immedesimazione, studio e approfondimento: la realtà, osservata con attenzione e senso critico, offre un materiale umano inesauribile. “La gabbia di Pinuccia” è pubblicato dalla casa editrice Simul, con cui Giancarla Marongiu ha instaurato un rapporto sincero e collaborativo in tutte le fasi, dalla revisione del manoscritto alla stampa, fino alla promozione.
Lo scrivere “al femminile” rappresenta infine una scelta culturale e civile: ribadire che la questione femminile riguarda tutti e che la parità non passa dall’omologazione, ma dal riconoscimento delle differenze, per non essere più sconosciuti, ma persone con pari diritti. E mentre questo romanzo arriva ai lettori, l’autrice guarda già avanti: sorprendentemente, sta lavorando a un giallo, a dimostrazione che è la scrittura a guidare chi scrive, aprendo continuamente nuovi orizzonti narrativi.