L’uso di erbe a fini medici ha una tradizione antichissima, consolidata da tutta una serie di effetti più o meno reali che nel tempo sono stati accostati ai vari esemplari. Un esempio è quello dell’iperico, fiore giallo dal quale è possibile estrarre un olio estremamente efficace per i suoi effetti lenitivi e antidepressivi, usato dalle mogli per mitigare la tristezza per i periodi di lontananza dei mariti pastori, e – nell’entroterra isolano – anche per motivi ben più misteriosi.
Secondo la leggenda l’iperico sarebbe nato dal sangue di san Giovanni, motivo per cui è noto ai più proprio come erba del santo. Un’erba utilizzata nientemeno che per scacciare il demonio, ma dotata anche di incredibili poteri divinatori. Per questo – nella notte del solstizio d’estate, la più breve dell’intero anno solare e dedicata appunto al santo – le giovani nubili erano solite sfruttarli per ottenere previsioni in merito al proprio matrimonio.
Le ragazze – soprattutto quelle della Gallura – raccoglievano quindi in piccoli mazzolini i fiori dell’erba magica, serrandoli con nastrini colorati e rimanendo in attesa di scoprire – la mattina successiva – quale insetto sarebbe andato a poggiarvisi, rivelando così il mestiere del futuro marito. Nel nome di san Giovanni veniva quindi rivolta una preghiera, al fine di ottenere quell’unica informazione tanto agognata, e cioè se le devote avrebbero contratto giusto matrimonio entro la fine dell’anno.
Le coppie previste da questo sacro rito venivano quindi indicate come “comari e compari di san Giovanni”, suggellate da riti che prevedevano lo scambio di vasi e germogli di grano, emblematici rappresentanti dell’eterna connessione fra sessualità umana e fertilità della terra.