Mercato del lavoro, in Sardegna cala la disoccupazione
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C’è una quiete intensa nei lavori di Rossana Fancello, un respiro che sa di montagna, di silenzio e di tempo. Nata a Nuoro nel 1979 e cresciuta a Gavoi, Fancello è una figura discreta e luminosa dell’arte sarda contemporanea: insegnante, pittrice, sperimentatrice di materiali e forme, esploratrice di una sensibilità che intreccia identità e memoria.
«Non so se definirmi artista», dice, «è una parola che uso con molta cautela». Per lei, la pratica creativa è una compagna di viaggio, “una guida silenziosa, ma anche un rifugio, un porto sicuro”. Il suo linguaggio nasce dal rapporto profondo con la materia e il territorio, da quella Sardegna fatta di contrasti che lei descrive come una terra “in cui la bellezza dei luoghi si intreccia a un senso di sobrietà e rigore”.
Gavoi, in particolare, ha rappresentato il punto di partenza di un percorso che unisce radici e contemporaneità. «Ero bambina quando vidi artisti internazionali animare le strade del paese durante Plexus – Identità e traiettorie», ricorda. «È stata una rivelazione: la scoperta che l’arte può entrare nella vita quotidiana e trasformarla».
Oggi insegna Discipline geometriche e Laboratorio di Architettura al Liceo Artistico di Lanusei, e considera la scuola un’estensione naturale della sua ricerca artistica. «Essere artista richiede una dedizione totale», spiega. «L’ispirazione esiste, ma deve trovarti al lavoro». È la lezione che cerca di trasmettere ai suoi studenti, insieme alla consapevolezza che la creatività nasce dal fare, dal provare e riprovare, dall’errore e dalla sorpresa. Nelle sue classi, la pratica artistica e l’insegnamento si incontrano in un continuo scambio: «L’interazione con studenti e colleghi mantiene viva la mia creatività. Le idee si contaminano, nascono collaborazioni inattese, e ogni esperienza si trasforma in un’occasione di crescita reciproca».
Un esempio recente è il progetto realizzato con il collega Gianleonardo Viglino per le Giornate dell’Arte di Lanusei: grandi gioielli sardi sovradimensionati che adornano le fontane pubbliche del paese, «come un’eredità lasciata dai nostri avi giganti, posata su un altro gioiello prezioso, le fontane stesse». Un gesto poetico per restituire bellezza ai luoghi quotidiani e rinnovare il legame con la memoria collettiva.

Il filo invisibile che attraversa il suo lavoro è il tempo. «La memoria è una materia viva: cambia forma, si riscrive, ci restituisce versioni sempre nuove di noi stessi». Nei lavori di Fancello convivono il vissuto personale e la dimensione collettiva. Nei primi progetti la tradizione sarda emergeva attraverso la lana, le geometrie, i motivi decorativi; oggi, invece, prevale una ricerca più intima, fatta di acquerelli e gesti immediati, dove le emozioni prendono corpo in forme leggere e istintive.
Il legame con la Sardegna si è trasformato nel tempo: «L’allontanamento l’ha reso più intenso, forse anche un po’ idealizzato», ammette. Ma è proprio da questa distanza che nascono le sue opere più legate al territorio: un dialogo tra radici e sguardo contemporaneo, tra memoria e trasformazione.
Per lei, l’arte è anche un gesto di resistenza. «In un tempo dominato dalla velocità e dal consumo visivo, l’arte resta uno dei pochi spazi in cui è ancora possibile fermarsi, osservare, riflettere». Creare, per lei, significa opporsi all’omologazione e coltivare uno sguardo critico, libero dai modelli imposti dai social media. «L’arte diventa così un atto di libertà e consapevolezza: ci insegna a riconoscere la complessità del bello».
Sull’arte contemporanea in Sardegna, Fancello è diretta e realista: «Manca un sistema culturale coeso e accessibile, capace di dare continuità al fermento reale che c’è sull’isola». Tante realtà operano con passione, ma restano frammentate e poco sostenute. «Può permettersi di fare l’artista solo chi ha mezzi propri o appoggi solidi, e questo impoverisce la scena culturale».
L’artista guarda con interesse al modello irlandese del reddito di base per creativi: «Sarebbe un modo per riconoscere il valore sociale dell’arte e permettere a chi crea di vivere del proprio lavoro».
Nel percorso di Rossana ci sono molte figure che l’hanno segnata: le donne della sua famiglia, con la loro forza silenziosa; gli insegnanti dell’Istituto d’Arte di Nuoro e dell’Accademia di Bologna; e una parentela simbolica con Costantino Nivola, “riferimento importante per la capacità di portare la Sardegna nel mondo senza perderne l’essenza”.
«Ognuno di questi incontri», racconta, «mi ha aiutato a capire che l’arte è soprattutto relazione, scambio e crescita».
Oggi, tra un disegno e una lezione, tra una fontana adornata e un nuovo acquerello, Rossana Fancello continua a cercare quel punto d’incontro tra il personale e il collettivo, tra il gesto e la memoria. Con la grazia di chi sa che l’arte, come la Sardegna, è un linguaggio che si parla piano.


Rossana Fancello, artista

Rossana Fancello, artista

Rossana Fancello, artista

Rossana Fancello, artista

Rossana Fancello, artista
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