La domenica delle ogliastrine. Poker del Ploaghe al Tortolì. Il Cardedu ne fa sette al Villagrande. Pari per il Lanusei.
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Forse non tutti lo sanno, ma Villacidro porta con sé un soprannome affascinante e inquietante allo stesso tempo: “sa bidda de is cogas”, il paese delle streghe.
Un appellativo che affonda le radici nei secoli, quando la medicina popolare – fatta di erbe, decotti e antichi riti – si intrecciava con il mondo del sacro e del misterioso. Queste conoscenze, custodite e tramandate soprattutto dalle donne, erano preziose per curare, assistere nei parti e proteggere la comunità. Ma proprio per questo, spesso diventavano oggetto di paura e sospetto.
Nel periodo dell’Inquisizione, sette donne di Villacidro furono accusate di stregoneria: si dice avessero provocato la morte di alcuni bambini. In realtà erano quasi certamente “maistas de partu”, levatrici esperte che univano competenze mediche, parole rituali – gli antichi “abrebus” – e pratiche tradizionali. Un sapere che dava loro prestigio, ma anche un’aura di mistero che, in tempi di superstizione, poteva trasformarsi in pericolo: bastava un’accusa infondata per finire davanti al tribunale inquisitorio.
Il timore verso is cogas era così radicato che a Villacidro fu eretta una chiesa campestre dedicata a San Sisinnio, santo protettore delle madri e dei neonati, celebrato come vincitore del diavolo tentatore. Un simbolo religioso, ma anche un baluardo contro le paure popolari.
Ancora oggi la devozione resiste: la prima domenica di agosto il paese festeggia San Sisinnio, mantenendo viva una tradizione che racconta tanto della storia, della fede e delle leggende di questa comunità del Medio Campidano.