Liberato dopo 3 anni Sergio Zanotti, italiano rapito in Siria
#mondo Era stato rapito in Siria nel 2016. Questa sera l'annuncio del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: "Sergio Zanotti è stato liberato". Atteso alle 21 a Ciampino
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“A conclusione di una complessa e delicata attività di intelligence, investigativa e diplomatica, condotta in maniera sinergica, siamo riusciti a ottenere la liberazione di Sergio Zanotti, rapito in Siria nell’aprile 2016“. Lo annuncia il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. “Il nostro connazionale – aggiunge – appare in buone condizioni generali e tra qualche ora rientrerà in Italia”.
A riportare la notizia è TgCom: quello di Zanotti, imprenditore 56enne originario di Marone (Brescia), era stato sempre definito come un sequestro anomalo. Due matrimoni, con una donna francese e una domenicana, cinque figli – tre dal primo matrimonio e due dalla seconda relazione – e una vita, quella di Zanotti, divisa in due parti. La prima parte dedicata al mondo dell’edilizia, la seconda a rincorrere sogni mai realizzati. In mezzo un periodo di detenzione ai domiciliari e una condanna per evasione fiscale.
Zanotti abita in una palazzina a due piani a Marone con la sorella Beatrice, che a metà aprile 2016 lo aveva salutato convinta che sarebbe stato via pochi giorni “per andare in Turchia”. A gestire però i contatti con il governo è sempre stata l’ex moglie di origine francesi. “Sono felice lo aspetto” – “Sono contenta. Però non so niente di più. Adesso lo aspetto”. Sono queste le prime parole della sorella di Sergio Zanotti.
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Radiologo salva la sua gatta in fin di vita con la Tac dell’ospedale: il caso finisce in Procura

"E' stato l'unico modo per salvarle la vita", queste le parole del medico dell'ospedale di Aosta.
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La vicenda che nelle ultime ore ha fatto il giro dei media nazionali e internazionali approda ora in Procura. La magistratura di Aosta ha infatti aperto un fascicolo — al momento senza ipotesi di reato formalizzate — sul caso del radiologo G.F., responsabile della struttura semplice di Radiologia e neuroradiologia interventistica dell’ospedale Parini, che ha ammesso di aver utilizzato le apparecchiature dell’ospedale per sottoporre la propria gatta, Athena, a una Tac e a un drenaggio toracico dopo una caduta di sei piani.
A portare il caso all’attenzione della Procura è stata la stessa azienda Usl della Valle d’Aosta, che ha avviato accertamenti interni sull’episodio. Il medico ha risposto con una lettera, dichiarandosi disponibile a risarcire eventuali danni economici e spiegando le proprie ragioni: «Di professione faccio il radiologo interventista e sapevo di poterla salvare solo con un intervento tempestivo».
Il direttore generale, Massimo Uberti, aveva già sottolineato la possibile rilevanza penale della vicenda: «Qui ci sono anche ipotesi di reato perseguibili d’ufficio. Il pubblico ufficiale ha l’obbligo di segnalazione». Parallelamente è stata attivata una commissione disciplinare con l’iter di verifica dei fatti, dopo che un collega del primario aveva riferito l’episodio.
La gatta Athena era precipitata dal tetto del condominio per sei piani. Portata inizialmente dal veterinario, erano emersi traumi multipli: fratture posteriori, sospetto pneumotorace, possibili lesioni interne. Vista la gravità, il medico si è recato all’ospedale regionale Parini in un orario in cui le tre Tac non erano in servizio programmato. Verificata l’assenza di pazienti in attesa, ha eseguito un esame di pochi secondi e poi il drenaggio toracico che ha permesso all’animale di tornare a respirare.
«Da quel momento la gatta si è gradualmente ripresa» racconta il medico, che sottolinea di non essere in servizio e di aver agito solo per salvare la vita dell’animale. Athena è uno dei cinque gatti che il radiologo ha adottato nel tempo, tutti salvati dalla strada. «Se non avessi fatto tutto ciò che potevo, e la mia gatta fosse morta, non me lo sarei mai perdonato, anche per i miei figli che la adorano».
La storia continua a suscitare un acceso dibattito sulla gestione delle risorse sanitarie pubbliche, tra chi difende il gesto “salvavita” del medico e chi invoca il rispetto rigoroso delle procedure e dell’uso delle apparecchiature ospedaliere. Ora la parola passa alla Procura, che dovrà stabilire se nell’intervento di quella notte si configurino responsabilità penali o disciplinari.
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