Lo sapevate? Guido Nicheli, in arte “Dogui”, visse in gioventù a Milano

Guido Nicheli, uno dei più apprezzati attori comici e caratteristi lombardi, è noto anche con lo pseudonimo di Dogui (soprannome che è l'anagramma del suo nome). Nacque a Bergamo nel 1934 ma sin da piccolo rimase orfano di padre e andò a vivere a Milano con la famiglia.
Lo sapevate? Guido Nicheli, in arte “Dogui”, visse in gioventù a Milano.
Guido Nicheli, uno dei più apprezzati attori comici e caratteristi lombardi, è noto anche con lo pseudonimo di Dogui (soprannome che è l’anagramma del suo nome). Nacque a Bergamo nel 1934 ma sin da piccolo rimase orfano di padre e andò a vivere a Milano con la famiglia.
La famiglia paterna aveva origini venete e Guido Nicheli nacque il 24 luglio 1934 a Bergamo, dove il padre si era trasferito per lavorare al Tribunale.
Nel dopoguerra, dopo essersi diplomato nel 1956 in odontotecnica, iniziò a lavorare con il cugino, titolare di uno studio dentistico. Per arrotondare i guadagni, negli anni sessanta, la sera lavorava come rappresentante di liquori, attività che gli consentì di frequentare diversi locali notturni, tra cui il Derby Club, dove ebbe modo di conoscere e frequentare Steno, Renato Pozzetto, Teo Teocoli e molti altri protagonisti della vita notturna milanese di quel tempo. Tra il 1976 e il 1977 fu interprete di una serie di fotoromanzi pubblicata sulla rivista Grand Hotel, “Un uomo perduto”.
Amante dei viaggi, durante uno di questi ebbe modo di conoscere e di diventare amico anche del pittore Salvador Dalí, conosciuto nel 1967. In una foto d’epoca a Cadaques appare tra lo stessi Dalì e la modella Veruschka, nota anche per aver avuto un padre che partecipò al fallito attentato ad Hitler.
Nel 1978 lavorò con Enzo Jannacci nel programma radiofonico Radio Sballa, insieme a Patricia Pilchard, e lo stesso anno fece il suo esordio ufficiale come attore nella pièce teatrale di Jannacci La tappezzeria. Il suo pittoresco modo di esprimersi e la parlata marcatamente milanese non sfuggirono ai comici del Derby che, data la sua disponibilità, spesso lo utilizzarono nei loro sketch per piccole parti da caratterista, nel ruolo del “cumenda”, l’industrialotto sbruffone, invadente, bonariamente razzista, che parlava solo di fuoriserie.
Elegantissimo, raccontano che assomigliasse a Peter Sellers, sempre a bordo di macchine sportive, «cambiar car è una scelta di vita» era una delle sue massime cinematografiche, a forza di smerciare alcolici e di farsi anche lui qualche bicerin era diventato un elemento imprescindibile del foyer del Derby, dove era diventato amico di tutti (Cochi e Renato, Pozzetto, Jannacci e poi Jerry Calà e tanti altri).
Era stato Jannacci, che stravedeva per lui, lo aveva soprannominato il presidente (della parola), ad arruolarlo per la prima volta in uno spettacolo, “La Tappezzeria”, con testi di Beppe Viola. Ma fu il cinema, prima con “Eccezzziunale… veramente” («mi dia due ana!») e poi con la famosa accoppiata vanziniana “Sapore di mare” e “Vacanze di Natale” a consacrarlo come un principe caratterista di quella stagione cinematografica, l’antagonista meneghino del Mario Brega.
In seguito venne chiamato ad interpretare il medesimo ruolo in molte pellicole, fino a divenire l’archetipo cinematografico del ricco imprenditore lombardo. Di successo le interpretazioni nei film dei Fratelli Vanzina Sapore di mare del 1983 e Yuppies – I giovani di successo del 1986.
Poi il debutto televisivo nel programma Drive In, e il grande successo con la serie TV I ragazzi della 3ª C, dove interpretava “Il Zampetti” (Commendator Camillo Zampetti), un ricco industriale nel campo degli insaccati, e la partecipazione a Vacanze di Natale, altro grande successo.
Nonostante la grande popolarità acquisita e i film fino alla fine degli anni ottanta Nicheli preferì mantenere la principale occupazione di odontotecnico.
Tra i rari ruoli drammatici, fu uno psicologo militare di stanza sul fronte africano nel film Scemo di guerra di Dino Risi, presentato al Festival di Cannes del 1985.
Non studiava recitazione, non faceva parte dei suoi interessi, e non aveva tempo e voglia neanche di imparare le parti a memoria. Andava a braccio, spesso discostandosi parecchio dal copione originario. Era in quelle occasioni che tirava fuori dal cilindro alcune delle sue battute più memorabili, su tutte la celeberrima «Alboreto is nothing». Molte delle battute di Guido Nicheli nei film furono invenzioni sue.
Negli ultimi anni Guido Nicheli ha vissuto a Zelata di Bereguardo, in provincia di Pavia dove è morto nel 2007.
Il Dogui aveva una filosofia particolare: tutti gli esseri umani sono animali e lui è il pesce-pilota. Era un grande quando stilava la sua classifica delle cose più importanti: al primo posto la mamma, al secondo gli spaghetti.
Rifiutò la parte di un omosessuale nel film “Paprika”, per paura che quel ruolo così diverso avrebbe finito per sporcare l’immagine del personaggio del cumenda. In questo fu sempre molto coerente. Scelse di trasformare se stesso in un lavoro e finì con il recitare per sempre.
A Zelata è anche sepolto: qui sul suo monumento funebre campeggia una frase emblematica del suo repertorio: See you later. Proprio come nei suoi film.

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