Lo sapevate? Federico Barbarossa pregò nella chiesa San Protaso al Lorenteggio.
L’Oratorio di San Protaso al Lorenteggio è una chiesetta milanese che nasconde tantissime curiosità. Una su tutte: in questo piccolo edificio sacro pregò anche il grande Federico Barbarossa. Andiamo a spulciare questa leggenda.
L’Oratorio di San Protaso al Lorenteggio è la chiesa più piccola chiesa di Milano, ha origini medievali e non ha campane. Si trova in una posizione unica: sorge infatti nello spartitraffico di via Lorenteggio, una strada della periferia sud-ovest di Milano, in mezzo a un doppio filare di alti platani. Si tratta di un luogo storico e antico molto importante per Milano.
Tante le curiosità molto interessanti attorno a questo luogo unico: si narra che qui pregò Federico Barbarossa (c’è anche chi dice che volesse distruggerla) prima della Battaglia di Legnano. Secondo la leggenda, durante l’assedio di Milano da parte dell’imperatore Federico I di Svevia, detto il Barbarossa, nel 1162 le forze milanesi opposero maggior resistenza proprio nei pressi del Lorenteggio, per questo l’imperatore voleva distruggere il piccolo oratorio; pare invece che vi sostò in preghiera per chiedere la vittoria sui milanesi, che ottenne, e risparmiò la chiesina. Per questo motivo l’edificio viene anche chiamato “Chiesa del Barbarossa”.

Si trova all’altezza del numero civico 31, è un antico oratorio ed è collocata nello spartitraffico di una delle vie più trafficate della zona.
Non si hanno notizie sulla sua nascita, infatti non si sa con esattezza l’anno in cui venne costruita. Di sicuro fu almeno all’inizio una piccola cappella voluta dai contadini e per i contadini che venne utilizzata persino come fienile.
Dedicato a San Protaso, VIII Vescovo di Milano, sepolto nella Basilica di San Vittore al Corpo, è stata edificata circa mille fa, pare, sopra un tempietto pagano dedicato a Giove.
Era la cappella della vicina cascina-monastero dei Benedettini, abbattuta negli anni ’60, e dipendeva dalla Basilica di San Vittore.
Sorgeva tra campi e marcite, in quello che era all’epoca il “Comune dei Corpi Santi di Porta Vercellina”, uno spicchio di territorio fuori le mura che giungeva fino al confine con il Comune di Lorenteggio.
Nei pressi della chiesina, oltre ai campi vi era anche la coltivazione di gelsi e una vasta zona boschiva, territorio di caccia dei Visconti.

I documenti ufficiali sono introvabili e molte delle notizie che lo riguardano risalgono a scritti, o racconti di persone che hanno tramandato le notizie nel tempo. Fu richiesta dai Monaci Benedettini di San Vittore che la dedicarono a San Protaso, ottavo vescovo di Milano (328-344) che fu. martirizzato e sepolto nella basilica stessa.

Viene chiamata anche Chiesa delle Lucertole (“Gesetta di lusert” in dialetto milanese), perché pare che in passato attirasse moltissimi piccoli rettili, che amavano soggiornare tra le sue mura. Così che l’ha definita Piero Mazzarella, noto attore italiano, in una sua poesia: la Gesetta di Iusert (la chiesetta delle lucertole).
Mazzarella racconta come una mattina, passando accanto all’oratorio, osservò i piccoli rettili arrostirsi al sole, sulle pietre poste davanti alla porta. Alla gesa, Mazzarella dedicò una deliziosa poesia in dialetto, una delle più belle dedicate a un monumento cittadino e anche delle più facili da comprendere per chi non conosce il dialetto milanese.
La gesa di lusert
L’è ona gesa che gh’è in su la strada che pòrta a Biegràss,
la gh’ha minga el sagraa e l’è fada de sass;
l’è frèggia d’inverna, coi mur che se lassen andà,
ma la cros del Signor la te manda calor.
Quand l’è primavera e in de l’aria l’è teved el sô,
caccen dent el crapin e stan lì a curiosà,
la famiglia luserta: i fiolìn con la mamma e ’l papà
lì de sòtt de la cros preghen fòrsi anca lor.
Nòtt e dì gh’è semper ‘vert a la gesa di lusert,
lì ghe prega la pòvera gent, senza cà, senza nient.
Fàmm la grazia anca a mì, che son pòver come tì,
tì t’el see che son senza pretes,
scusom tant se hoo pregaa in milanes.
Si tratta in realtà di una cappella che faceva parte di un monastero-cascina benedettino che un tempo si trovava poco distante in Via Tolstoj.

Per preservarla integra in città sono stati deviati i lavori della linea metropolitana M4, scongiurandone la demolizione. Si tratta infatti della costruzione più antica del quartiere e una delle due chiese meneghine senza campane. In epoca Napoleonica l’oratorio fu usato come deposito di armi.
Uno degli affreschi presenti nella chiesa è uno dei più antichi di Santa Caterina da Siena e risale al 1347-1380, secondo solo a quello di Andrea Vanni.
La chiesetta, oggi ridotta a uso profano ha una struttura tipicamente medievale in stile romanico-lombardo col tetto a capanna e un soffitto a cassettoni. La porta d’ingresso è ad architrave e le piccole finestrelle sono sistemate sui lati. Sempre ai lati della chiesa restano visibili due pietre probabilmente appartenenti al tempio pagano sul quale fu costruito l’Oratorio di San Protaso. All’interno è semplice con pareti imbiancate e affreschi di epoche diverse. L’Oratorio fu edificato intorno all’anno 1000 fuori le mura di Milano, presso il sobborgo di Laurentiglio, nell’allora Comune dei Corpi Santi.

Vi abitò per qualche tempo un frate, certo Pietro De Franzonis da Tavernasco, cappellano presso la vicina chiesa di San Cristoforo sul Naviglio Grande (1364) in attesa di costruire una canonica dove poter alloggiare.
Pare che un cunicolo collegasse l’abside dell’oratorio alla Pusterla di Sant’Ambrogio e anche al Castello Sforzesco. Il cunicolo è stato chiuso definitivamente in fase di restauro dell’oratorio negli anni ottanta del secolo scorso, senza che si sia scoperto il suo percorso.

Tra le altre curiosità: la chiesa fu anche luogo di ritrovo per i Carbonari milanesi. Pare che il conte Federico Confalonieri, usasse l’oratorio, ancora sperduto tra i campi, come covo di cospirazione per organizzare con altri carbonari i moti rivoluzionari del 1820-21, raggiungendo la chiesetta, si dice, attraverso il cunicolo che collegava l’abside dell’oratorio alla Pusterla di Sant’Ambrogio, entro le mura, o come detto addirittura il Castello Sforzesco.
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