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Grande successo scientifico in Spagna: il contributo di un giovane ricercatore sassarese.
Una straordinaria scoperta ha recentemente catturato l’attenzione della comunità scientifica internazionale. Nello staff medico un giovane ricercatore sassarese.
In Spagna, un team di ricercatori ha identificato tre nuovi casi di porfiria infantile, una delle forme più rare e complesse delle malattie metaboliche. Tra i membri di questo gruppo di lavoro si distingue un giovane talento sassarese, Francesco Urigo, che, a soli 31 anni, sta lasciando il segno nella ricerca biomedica globale.
Francesco, laureato in Scienze Biologiche e Biologia Sperimentale e Applicata, è attualmente dottorando in medicina applicata presso il Cima, il prestigioso centro di ricerca biomedico sito a Pamplona, Navarra. La sua carriera accademica ha compreso esperienze di studio presso importanti università come quelle di Ratisbona e Cagliari, dove ha affinato le sue competenze nel campo della biomedicina. La sua partecipazione a questo innovativo studio rappresenta un passo fondamentale nella comprensione della porfiria infantile, una patologia che colpisce in modo devastante coloro che ne sono affetti.
La porfiria è definita da esperti come un gruppo di malattie rare causate da anomalie nella produzione dell’eme, una molecola essenziale per il trasporto dell’ossigeno nel sangue. Generalmente, viene associata alla cosiddetta “malattia dei vampiri” per via dei suoi sintomi peculiari. Coloro che ne soffrono mostrano, infatti, una particolare sensibilità alla luce e nei casi più gravi, possono presentare un ritiro delle gengive che rende i denti visibilmente più sporgenti. I sintomi della patologia possono variare notevolmente, interessando aspetti neurologici, psichiatrici e cutanei, con conseguenze potenzialmente invalidanti per i pazienti.
Urigo ha dimostrato di seguire una filosofia professionale ispirata dalle parole del suo libro preferito, “Il conte di Montecristo”: trasformare le avversità in conoscenza e la conoscenza in libertà. Questa visione si riflette nel lavoro condotto a Navarra, dove la scoperta di nuovi casi di porfiria infantile rappresenta un risultato senza precedenti. Fino ad oggi, erano stati identificati solo dieci casi di porfiria da carenza di Ala-deidratasi e tra quelli scoperti nel corso di questo studio spagnolo, c’è anche il primo caso mai registrato in una bambina.
I ricercatori coinvolti nello studio sono ottimisti: questa scoperta potrebbe fornire entusiasmanti spunti per comprendere i meccanismi genetici e ambientali che sottendono questa forma ultrarara di porfiria. L’obiettivo finale è indagare anche il possibile legame tra la malattia e la tossicità derivante da metalli pesanti. La ricerca ha rivelato che alcuni pazienti adulti con grave intossicazione da piombo presentano sintomi clinici simili a quelli della porfiria infantile, suggerendo un’interessante sovrapposizione tra l’esposizione a metalli tossici e la patologia genetica.
I risultati preliminari indicano una notevole eterogeneità molecolare nella malattia, che potrebbe spiegare perché alcune persone siano più suscettibili agli effetti tossici del piombo o ad altri fattori ambientali. È stata mappata una serie di varianti del gene responsabile, ognuna con diversa espressione e comportamento biochimico, evidenziando la complessità di questa malattia.
Il team di ricerca è guidato da Antonio Fontanellas Romá, attivo nello studio delle porfirie e della carcinogenesi. Al suo fianco operano nomi come Matías Ávila Zaragozá e Pedro Berraondo López, insieme a Francesco Urigo e ad altri collaboratori chiave. Il progetto si inserisce all’interno del network del CIBEREHD, dedicato alle malattie epatiche e digestive, e beneficia del supporto dell’Instituto de Salud Carlos III e della Fundación Mutua Madrileña.
Questa scoperta segna un passo cruciale per il futuro della ricerca sulla porfiria infantile e sui suoi legami con fattori ambientali, con la speranza di migliorare la vita di coloro che ne soffrono.