Claudia Aru si racconta: la lingua sarda, l’amore per la voce dei più piccoli e il nuovo programma Rai

Claudia Aru, cantautrice sarda conosciuta in tutta Italia e all'estero è un vulcano di idee ed esperienze artistiche. Negli ultimi anni è molto attenta alla formazione delle nuove generazioni. Abbiamo chiacchierato con lei sul rapporto che ha con la lingua sarda, i social e sulla grande amicizia con la scrittrice Rossana Copez.
Claudia Aru, cantautrice sarda conosciuta in tutta Italia e all’estero è un vulcano di idee ed esperienze artistiche. Negli ultimi anni è stata molto attenta alla formazione delle nuove generazioni. Abbiamo chiacchierato con lei sul rapporto che ha con la lingua sarda, i social e sulla grande amicizia con la scrittrice Rossana Copez.
Uno sguardo fisso verso il futuro. Tanta attenzione per le nuove generazioni. Parlaci del programma Rai, come è nata questa nuova avventura con i più piccoli?
Devo essere onesta e dire che questa idea non è partita da me ma dalla RAI nelle persone di Marco de Pascale e Donatella Mezza con l’appoggio della direttrice della sede Carmen Botti che ha sempre dimostrato di avere una grande fiducia in me e per questo la ringrazio molto.
Io non avrei mai pensato di portare il mio metodo di insegnamento in TV e, soprattutto, di poterlo fare in sardo. Tutto si può migliorare, ma il risultato è stato molto positivo soprattutto per i bambini e le loro famiglie che sono entusiaste. Nonostante la fatica e le ore di lavoro, erano sempre felici e quasi dispiaciuti che finisse troppo presto. E vederli appassionati e sorridenti è ciò che mi interessa di più. Non volevo fosse un talent, loro hanno già vinto ogni giorno, le voci sono pulite, non c’è nessun trattamento di post produzione né tantomeno autotune, per questo sono stati straordinari, c’è poco da aggiungere… e con loro tutti gli ospiti che erano impressionati dalla loro bravura ed educazione. Li ringrazio tutti: Maria Giovanna Cherchi, Beppe Dettori, Soleandro, Gisella Vacca e Andrea Andrillo, ciascuno ha parlato la sua variante di sardo e ci siamo capiti benissimo, volevo che passasse anche questo messaggio: se vogliamo, ci capiamo.
Chi ti segue sui social ha l’impressione che tu ti diverta moltissimo facendo il tuo lavoro. Ma ci saranno anche tanta fatica e impegno. Nessun successo arriva giocando…
Questo lavoro mi esalta e mi consuma, insieme. Ho studiato tantissimo e continuo a farlo per essere sempre aggiornata, dare nuovi stimoli e tecniche. In più, ho l’obbligo di curarmi sempre, un buon maestro deve essere un esempio anche in questo, ho il dovere di essere positiva, risolta, centrata. Per questo curo traumi e dolori che la vita inevitabilmente mi sottopone. Per questo non faccio mai pesare la mia sofferenza ai miei allievi, è un lavoraccio anche questo, ma è fondamentale. Potrei raccontare innumerevoli aneddoti su quanto abbia visto adulti e bambini trasformarsi attraverso il canto. Ho visto persone imparare a gestire anche ansia e attacchi di panico attraverso questo metodo, io ci lavoro moltissimo e mi risucchia moltissime energie. A fine giornata sono stravolta ma ho i miei metodi per ricaricarmi sempre. Ora confesso anche che io piango moltissimo, vedere i loro progressi, i loro passi avanti, mi commuove profondamente perchè so cosa voglia dire non avere nessuno che crede in te, a me è capitato più volte, per questo do anima e cuore per far capire che io ci credo sempre, in tutti, ed è anche attraverso questo affetto che si migliora. Io dico in maniera provocatoria che non mi interessa come cantino, mi interessa che si sentano meglio, che credano più in se stessi. Che poi è attraverso tutto questo che si canta pure meglio! Io vivo il mio insegnamento così, il mio metodo parte dal benessere personale.
Il tuo rapporto con la lingua sarda come è nato? In famiglia o dopo da autodidatta? Dovremmo inserirlo come materia alle elementari?
Io a casa non ho mai parlato sardo, mamma insegnava italiano, le mie nonne si guardavano bene dal parlare in sardo… andavo “protetta”, pensa quanti danni sono stati fatti dicendo che il sardo era la lingua dei rozzi ignoranti! Poi, durante i miei viaggi per il mondo e soprattutto durante la mia esperienza a Barcellona in Catalogna, mentre studiavo catalano (perchè gli esami all’università dovevo darli in catalano, non in spagnolo) ho capito che dopo italiano, inglese, spagnolo e catalano, mi mancava una lingua: la mia. E allora mi sono avvicinata a lingua, storia e cultura sarda, amore che continua ancora oggi e cerco di studiare più che posso: lingua, storia, musica, archeologia… sono proprio appassionata, o meglio, innamorata. Ne approfitto per dire una cosa: molti pensano che il sardo si impari da piccoli e, una volta sfumata questa possibilità, è finita, beh… non è vero, si può imparare e riprendere ad ogni età. Io ho fatto così e se ci sono riuscita io, ci riesce chiunque. I bambini mi hanno insegnato che a loro il sardo piace, li appassiona, quindi si, se ci fosse anche a scuola, sarebbe una cosa bellissima. E’ così che si salva la nostra cultura.
Parlaci del tuo progetto che ti vede musicare le poesie di Sergio Atzeni…
Anche in questo caso io non avrei mai avuto il coraggio di avvicinarmi a Sergio Atzeni di mia spontanea volontà, è una cosa che mi ha chiesto di fare Rossana Copez. Mi disse che le poesie di Sergio erano le sue opere meno conosciute e che lui avrebbe sempre voluto scrivere canzoni, mi ha chiesto di esaudire questo suo desiderio. Che responsabilità. All’inizio ero molto titubante, avevo paura, ma è venuta in mio soccorso la mia preziosissima amica/sorella indiana Varijashree Venugopal che mi disse: “se l’universo ti manda qualcosa, vuol dire che è per te, se pensi di non essere pronta, ti stai facendo sopraffare dalla paura, affrontala”. E ho accettato. Ho fatto un lavoro lungo e tormentato di taglia e cuci; ho unito, eliminato, composto, assemblato, selezionato. Sono entrata dentro le sue parole e il suo stato d’animo che, in quel periodo era particolarmente tormentato. Anche io lo ero, infatti eravamo in perfetta sintonia. Ho messo dentro un sacco di blues, un pò di jazz, un pò di Gaber, Pino Daniele, Bessie Smith, Cesaria Evora, e una nuovissima Claudia Aru che questa volta non farà ridere, mi ci è voluto tanto coraggio, ma ho lasciato fluire le emozioni. Questa volta mi sono presa quasi sul serio, ci ho messo 44 anni. Gli arrangiamenti al pianoforte sono di Simone Sassu, amico e abile collaboratore, che ci ha creduto fin dal primo istante, traducendo in suoni perfetti tutto quello che avevo nel cuore. Insomma, non vedo l’ora di condividere tutto questo.
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