Quell’omaggio a Tziu Lai e le storie di vita popolare: Ignazio Deligia racconta gli “Amakiaus”

C'erano una volta gli Amakiaus. Un gruppo nato tra amici di Is Mirrionis, uniti dalla passione per la musica. Dagli anni '80 al 2017 tanti brani che hanno raccontato storie di vita popolare e personaggi di ogni tipo. Nel 2002 anche un omaggio ad Antonello Lai. Il ricordo di Ignazio Deligia
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A distanza di più di quarant’anni dalla loro nascita, sono in tanti a ricordarli ancora. In giro per le feste e per le piazze, quei brani capaci di raccontare storie di vita, ma anche personaggi comodi e scomodi. Negli anni 2000, poi, anche un omaggio al mitico giornalista Antonello Lai. C’era una volta il gruppo musicale degli “Amakiaus”, nato per le strade di Cagliari con l’obiettivo di fare musica e divertirsi. Una bella avventura, conclusasi ufficialmente nel 2017, che l’ideatore Ignazio Deligia, 58 anni e ancora tanta voglia di fare spettacolo, ricorda con piacere.
Un gruppo di amici di Is Mirrionis. In comune? La voglia di fare musica loro e divertirsi. Anche un po’ all’avventura in giro in ogni dove. Gli “Amakiaus” sono questo, alle origini, quando il 1982 segna la loro nascita in una cantina di via Lunigiana. “Dopo le prime serate, abbiamo deciso di metterci per conto nostro e girare le metropolitane, per l’Italia e l’Europa. Divertendoci con la musica e conoscendo le persone, ognuno con la sua storia. Clochard che avevano lasciato la vita che avevano, ad esempio; o persone dei quartieri popolari che ci invitavano a casa loro per un pranzo o una doccia. Era qualcosa che ti insegnava tanto”, spiega Ignazio che con la mente ritorna al primo album del gruppo, Accallelau. Che per la verità riscuote poco successo. “Non eravamo certamente soddisfatti – spiega – e allora abbiamo deciso di fare cover in sardo delle hit del momento”. Inizia così l’ascesa del gruppo che con la casa discografica Frorias arriva alla genesi del secondo album. “Così è nato Conchebestia che ha venduto 40mila copie”. Per gli Amakiaus è la consacrazione, anche fuori dalla Sardegna, grazie a pezzi richiestissimi. “C’era Marieddu, dedicato a Mario dei Los Cardaneros – ricorda Deligia – e Conchebestia, dedicato all’ex giocatore del Cagliari, Daniel Fonseca, protagonista di un brutto gesto ai tifosi; e Conchemannu, dedicato a un ragazzo tossicodipendente”.
Brani che raccontavano storie di vita, in cui chiunque poteva ritrovarsi. Tematiche come l’omosessualità, la tossicodipendenza o il rapporto dei sardi con il resto del mondo. Questo era forse il segreto del successo degli Amakiaus, i cui pezzi trovavano come protagonisti personaggi comodi e scomodi. “Nel 2002 abbiamo fatto un progetto doppio. – spiega Deligia – Il primo era un album dal vivo che ripercorreva la tournée ‘Meglio dal vivo che dal morto’; l’altro era ‘Pelo e Contropelo’, in cui ogni canzone aveva un suo personaggio”. Da Bin Laden a Vittorio Sgarbi, arrivando al giornalista Antonello Lai, per il quale il gruppo ha sempre nutrito grande stima, con una cover in salsa sarda del brano Life di Des’ree. “Grande ammirazione per Antonello. Uno che è sempre stato nella trincea dell’informazione e faceva giornalismo in maniera esemplare”, ricorda Ignazio, estimatore, sì, ma anche carissimo amico di Tziu Lai. Tanto da impersonarlo comicamente in tutto e per tutto nello storico programma di Videolina, Fuori Onda, di cui è stato autore e interprete. “Mi vestivo come lui, camicia e bretelle. E in una delle puntate, mentre ero in scena, era salito anche lui sul palco, recitando insieme a me”.
Nel corso degli anni tra i componenti del gruppo, Ignazio ricorda il bassista Roberto Loi, lo storico Mauro Masia, il chitarrista Ninni Montalbano, il tastierista Beppe Arrus, il batterista Mondo Marras. Tutti professionisti, capaci di raccontare con la musica storie di vita e di quartiere. Sino allo scioglimento nel 2017. “Ognuno per la sua strada”, spiega Deligia, “anche se nel 2022 è stata fatta una reunion a Sanremo Rock, portando il pezzo Nelle strade del mio quartiere, tratto dal mio secondo album da solista”.
Dopo gli Amakiaus, l’attività da solista di Ignazio Deligia
“Noi volevamo scoprire e andare in giro. Ricordo che a Parigi, mentre ci esibivamo agli Champ Elise, non ci ascoltava nessuno. A un certo punto, improvviso un pezzo di parolacce e una persona si fermò, dandoci la bellezza di 10mila lire. Ci disse di essere un ristoratore sardo a cui stavamo facendo la testa così con la nostra musica”, il ricordo divertito di Deligia.

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Meraviglie di Sardegna: i murales di Orgosolo, un’Isola a colori

Orgosolo oggi vanta oltre 150 murales che abbelliscono le vie del centro storico, trasformando il paese in una galleria d’arte a cielo aperto, visitata ogni anno da migliaia di turisti.
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Meraviglie di Sardegna: i murales di Orgosolo, un’Isola a colori.
Da oltre mezzo secolo, i muri delle case di alcuni paesi della Sardegna raccontano storie, emozioni e battaglie, trasformandosi in vere e proprie tele a cielo aperto. I murales, nati come forma di protesta e affermazione identitaria, sono oggi uno dei simboli più vividi e riconoscibili dell’anima sarda. Questo fenomeno artistico non è soltanto decorazione urbana: è un’espressione culturale profonda, una narrazione collettiva che fonde estetica e impegno sociale, tradizione e contemporaneità.
Il muralismo in Sardegna affonda le sue radici nella fine degli anni Sessanta, prendendo ispirazione dal movimento messicano degli anni Trenta. Da allora, un’ondata di colore ha cominciato a invadere i paesi dell’interno, soprattutto quelli della Barbagia, con Orgosolo in testa, diventato nel tempo la patria indiscussa di questa forma d’arte. Fu proprio nel 1969, nel cuore di questo borgo barbaricino, che comparve il primo murale grazie al collettivo anarchico milanese Dioniso, gettando le basi di una lunga tradizione che non si è mai interrotta.
Orgosolo oggi vanta oltre 150 murales che abbelliscono le vie del centro storico, trasformando il paese in una galleria d’arte a cielo aperto, visitata ogni anno da migliaia di turisti. I primi murales avevano un forte carattere politico e sociale, affrontavano temi come la lotta di classe, le ingiustizie, l’oppressione e la speranza di riscatto. Le opere non nascevano da un solo artista, ma erano il risultato di un lavoro collettivo, guidato da un “mastro” esperto. Questo approccio ha reso ogni murale una voce corale della comunità, capace di dare forma e colore a pensieri e sentimenti condivisi.
Una figura centrale nello sviluppo del muralismo sardo è il professor Francesco Del Casino, senese di origine ma profondamente legato alla Sardegna. Nel 1975, in occasione del 30º anniversario della Liberazione, diede nuova linfa al movimento, coinvolgendo i suoi studenti nella creazione di nuovi murales. Da quel momento, l’arte muraria esplose letteralmente, con numerosi comuni sardi che iniziarono a commissionare opere ad artisti locali e internazionali per arricchire le facciate delle loro abitazioni.
Col passare del tempo, i temi trattati si sono moltiplicati: accanto alla denuncia sociale sono comparsi racconti di vita quotidiana, omaggi alle tradizioni popolari, scene agricole e pastorali, rappresentazioni delle bellezze naturali e della cultura sarda. Anche gli stili pittorici si sono evoluti, spaziando dal naif al realismo, dall’impressionismo all’espressione più infantile e sperimentale. La tecnica più utilizzata è una pittura ad acqua per interni, ma ciò che conta davvero è il messaggio, il legame viscerale tra l’opera, il territorio e la sua gente.
Se in passato molte opere andavano perdute per il rapido deterioramento, oggi il loro valore artistico è riconosciuto e la tendenza è cambiata: i murales vengono restaurati e preservati con cura, considerati ormai parte integrante del patrimonio culturale sardo. In un mondo che cambia velocemente, queste pitture restano ferme a testimoniare ciò che è stato e ciò che ancora resiste, rendendo ogni angolo dipinto un punto di osservazione sulla storia sociale dell’isola.
Visitare la Sardegna non significa solo godere del mare cristallino o delle montagne aspre: significa anche lasciarsi guidare dai colori dei suoi murales, che da più di cinquant’anni raccontano, con intensità e poesia, le mille sfaccettature di un popolo orgoglioso e fiero. Per chi ama l’arte, la storia e le tradizioni, i murales rappresentano un motivo in più – e non secondario – per esplorare questa terra incredibile.

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