«Ho sempre avuto grandi ambizioni ma quando parlavo dei miei obiettivi spesso non venivano presi sul serio quando ero più piccola. Questa mancanza di fiducia mi causava frustrazione e delusione. Devo ringraziare principalmente mia mamma se da piccola non mi sono fatta abbattere dai giudizi negativi: tutte le volte che non credevo in me stessa, lei ci credeva per entrambe. Ho continuato a lavorare sodo, convinta che alla fine i miei sforzi avrebbero portato risultati.»

Una laurea a Cagliari in Scienze delle Pubbliche Amministrazioni, il sogno del lavoro in banca, un viaggio in Svizzera perché all’invio dei curriculum non arriva nessuna risposta e poi una mail che dà una svolta a tutto: Giorgia Frau, originaria di Villasimius, è risultata tra i migliori studenti universitari italiani e le è stato conferito il premio America Giovani.

E non solo: da fine giugno, lavora a Castiadas, in banca.

«Dopo la laurea triennale ero serena perché la mia vita non sarebbe cambiata, mentre dopo la laurea magistrale subentravano maggiori responsabilità e tutti cominciavano a chiedermi del lavoro, lavoro che io non riuscivo a trovare, però» racconta Frau. «Indossare la corona d’alloro era il coronamento di anni di impegno, sacrifici e notti insonni passate sui libri. Ricordo il momento in cui ho visto i miei genitori e mia nonna dopo la proclamazione ufficiale, i loro occhi lucidi di commozione e lo sguardo fiero, così come ricordo i sorrisi pieni di orgoglio del mio fidanzato e della mia migliore amica. Era un riconoscimento non solo per me, ma anche per loro, che mi avevano sostenuto in ogni passo del mio cammino.»

Poi, il viaggio – come abbiamo detto – in Svizzera, per cercare nuove opportunità, tra emozione e spavento. Ma il meglio deve ancora venire.

«Quando ho ricevuto l’e-mail per il premio, ero incredula. Ero ancora in Svizzera, in un periodo di grande incertezza perché non riuscivo a trovare lavoro in Sardegna e non vedevo una via di uscita. Sembrava impossibile che, proprio in quel momento di difficoltà, arrivasse una notizia così positiva. Ho subito condiviso la notizia con mia mamma e mia nonna. Quella mail è arrivata in un momento in cui avevo più bisogno di rassicurazioni e ha dato valore a tutti i miei sforzi. Andare a Roma per ritirare il premio è stato un evento indimenticabile. Ero circondata da colleghi e professionisti del settore, tutti lì per celebrare l’eccellenza e il duro lavoro. Mi sentivo orgogliosa non solo per me stessa, ma anche per tutte le persone che avevano creduto in me e mi avevano sostenuto lungo il percorso» racconta. «Ho sempre desiderato lavorare in banca e quando ho ricevuto la chiamata per lavorare a Castiadas, ho provato una gioia immensa. Era la realizzazione di un obiettivo che coltivavo da tempo. La notizia mi ha riempita di felicità, soprattutto perché significava che non avrei dovuto necessariamente allontanarmi dalla mia famiglia per fare il lavoro che desideravo. Attualmente mi sento anche troppo fortunata, perché sembra che tutto stia andando come vorrei, ma continuo a lavorare sodo anche per concludere i master a cui sono iscritta.»

Sapete quale è a Cagliari è l’unico monumento rimasto dell’antica Santa Igia?

In città c’è un monumento medievale inglobato tra moderni palazzi. Si tratta dell’unica struttura completa che faceva parte dell’antica Santa Igia, l’antica città ormai completamente distrutta.

Nel cuore di Cagliari, a ridosso del viale Trieste, si trova un tesoro medievale quasi sconosciuto ai più, inglobato tra moderni palazzi che ne celano la storia e la bellezza. Si tratta della Chiesa di San Pietro dei Pescatori, l’unico monumento rimasto dell’antica città di Santa Igia, l’antica capitale del Giudicato di Cagliari, oggi completamente distrutta. Edificata tra l’XI e il XIII secolo dal Gremio dei Pescatori, questa chiesa romanica è un gioiello nascosto, affacciato su un piccolo cortile, che testimonia l’esistenza di una grande città che un tempo sorgeva sulle rive della laguna di Santa Gilla.

La chiesa, sebbene sconosciuta ai turisti e segnata dal degrado e dall’incuria, è un esempio di architettura antica tra le più preziose di Cagliari. Costruita nell’XI secolo, in una zona dove in età paleocristiana si trovava una necropoli, la sua struttura in stile romanico-gotico fu rimaneggiata più volte nel corso dei secoli. Si trova nel quartiere di Stampace, alle porte di Sant’Avendrace, e rientrava nel vasto territorio di Santa Igia, i cui confini si estendevano tra gli odierni viale Sant’Avendrace, l’inizio di Stampace, Sa Illetta, via Simeto, via San Paolo e le zone limitrofe allo stagno. Questa città fu la capitale del Giudicato di Cagliari prima che i Pisani la distruggessero e spostassero il centro del potere nel nuovo Castel di Castro, l’odierno Castello di Cagliari.

Il monumento, con la sua facciata in pietra calcarea che presenta elementi gotici risalenti al Duecento, si affaccia su un piccolo cortile. L’interno, a navata unica, ha una copertura lignea e decorazioni molto semplici, tra cui due statue in legno di San Pietro e un dipinto del XIX secolo raffigurante la Vergine Addolorata. Purtroppo, la chiesa non è visitabile se non a discrezione dei custodi, i pescatori che la gestiscono, a causa di gravi problemi di staticità. L’edificio, infatti, si riempie spesso d’acqua e sprofonda a causa delle numerose crepe lungo le pareti che favoriscono le infiltrazioni.

Nel cortile della chiesa, un’area che fu una necropoli paleocristiana, sono stati fatti importanti ritrovamenti archeologici. Tra questi, una delle iscrizioni d’amore più antiche di Cagliari, datata al V secolo dopo Cristo. L’epitaffio ricorda la giovane Fortuna, morta a soli 27 anni, e commemora il gesto del marito che, vedendola ormai priva di vita, le chiuse gli occhi. I reperti sono oggi conservati presso il Museo Archeologico della città.

L’ubicazione esatta dell’antica Santa Igia è stata oggetto di dibattito tra gli studiosi. Secondo l’ipotesi tradizionale del canonico Giovanni Spano del XIX secolo, la città si trovava sulle sponde orientali dello stagno di Santa Gilla, in una posizione difendibile sia via terra che via mare. Oggi, alcuni suoi resti si trovano al di sotto della moderna città di Cagliari, nel quartiere di Sant’Avendrace, tra via San Paolo e viale Monastir. Frammenti urbani sono stati ritrovati durante i lavori di costruzione in vie come Garigliano, Po, Brenta e San Simone (dove furono rinvenuti dei ruderi durante la costruzione del “centro commerciale Santa Gilla”) e persino nell’isola di Sa Illetta.

Ipotesi più recenti, invece, individuano il cuore della città intorno all’attuale corso Vittorio Emanuele II, da cui parte un vicolo (via Carloforte) che conduce proprio alla chiesa di San Pietro dei Pescatori. La cattedrale di Santa Igia e altri edifici cruciali, come il castello, il palazzo giudicale e le residenze della reggente Agnese e dell’ultimo giudice Guglielmo III Salusio VI, furono abbattuti. L’unico elemento sopravvissuto della cattedrale, l’altare di Santa Cecilia, è oggi conservato nel duomo di Santa Maria a Cagliari.

La chiesa di San Pietro dei Pescatori sorge tra i binari della ferrovia e un supermercato sul viale Trieste ed è ancora oggi patronata dal collegio dei pescatori dello stagno. La storia del suo titolo, *Sancti Petri de Piscatore*, risale a prima del 1090, quando fu donato dal giudice cagliaritano Costantino-Salusio II de Lacon-Gunale all’abbazia di San Vittore di Marsiglia. L’abside, orientata e costruita con grandi cantoni calcarei, si pensa sia opera di maestranze lombardo-catalane attive nel giudicato di Cagliari già dalla fine dell’XI secolo. La facciata, invece, fu ricostruita con stile gotico da maestranze toscane attive nell’ultimo quarto del XIII secolo. Il suo design è unico: il portale è affiancato da lesene a fascio di sottili colonnine che si prolungano verso l’alto per inquadrare una larga luce centinata e modanata, diramandosi poi per accompagnare l’arco di scarico sull’architrave. L’abside, internamente, si apre ampia e bassa verso l’aula mononavata, con una cornice che ne marca l’intradosso. Il semicilindro si rastrema verso l’alto, con un catino rientrante sul filo dell’imposta. Un monumento che, nonostante il suo stato di abbandono, continua a raccontare la storia di una città scomparsa.