A Cagliari via Napoli era “s’arruga de is Moras”: quando anche i sardi facevano i pirati nel Mediterraneo

Pochi sanno, forse, che questa strada, attraversata da file di turisti nelle mattine estive, era un "ghetto" di mori tenuti in schiavitù. Così come, in generale, tutto il rione Marina, a stretto contatto con il mare, i suoi tesori e purtroppo anche i suoi bottini, frutto di saccheggi ai danni di altri popoli.
Oggi è una delle più importanti “terre” di movida del centro cagliaritano. Alla Marina, infatti, i profumi di cucina e tradizione aleggiano per tutto il quartiere. E via Napoli non è certamente da meno, con la sua ricchezza di ristoranti e trattorie, insieme a negozi tipici.
Pochi sanno, forse, che questa strada, attraversata da file di turisti nelle mattine estive, era un “ghetto” di mori tenuti in schiavitù. Così come, in generale, tutto il rione Marina, a stretto contatto con il mare, i suoi tesori e purtroppo anche i suoi bottini, frutto di saccheggi ai danni di altri popoli.
Come riportato dunque dal capolavoro di Francesco Alziator, “L’Elefante sulla Torre”, nella via Napoli esisteva in tempi lontani la cosiddetta Moreria , luogo in cui venivano concentrate le schiave more. Ecco dunque che anticamente questa via era nota come “s’arruga de is Moras”.
Sembra infatti, sempre come riportato dall’Alziator, che ai tempi in cui i corsari barbareschi imperversavano nell’Isola, portando sciagure e saccheggi, rapendo donne e bambini, i sardi in qualche modo restituissero la pariglia. Alla stregua di quella saracena, dunque, esisteva anche una pirateria sarda, mirata alla cattura di africani e alla loro vendita sul mercato cagliaritano.
Cagliari, Patty Pravo in concerto al Conservatorio: “Niente cellulari durante lo spettacolo”

Prima ancora che le luci si abbassassero e la voce inconfondibile della cantante riempisse la sala, è stato diffuso al pubblico un avviso: niente telefoni, niente foto o video durante lo spettacolo. Cosa ne pensate?
Un’atmosfera intima e vibrante ha avvolto ieri il Conservatorio di Cagliari durante il concerto di Patty Pravo, icona intramontabile della musica italiana, che ha scelto il capoluogo sardo come tappa del suo tour. Ma prima ancora che le luci si abbassassero e la voce inconfondibile di Nicoletta Strambelli riempisse la sala, un messaggio è stato diffuso al pubblico: niente telefoni, niente foto o video durante lo spettacolo.
Un appello semplice, ma potente. Un invito a scollegarsi dai dispositivi per connettersi davvero con la musica, con l’artista, con l’emozione del momento. E Patty Pravo, che da sempre ama il contatto diretto con il suo pubblico, ha scelto di unirsi a quella sempre più ampia schiera di artisti che chiedono rispetto per il presente, per il tempo condiviso, per lo spazio sacro del live.
Il gesto, ormai sempre più diffuso, riaccende una riflessione necessaria: i telefoni durante i concerti sono diventati una distrazione costante, per chi guarda ma anche per chi ascolta. Trovarsi davanti qualcuno che filma per interi minuti, con lo schermo sollevato sopra la testa, spezza la magia e impone agli altri spettatori un filtro digitale tra sé e la scena.
Eppure, nonostante il fastidio diffuso, non riusciamo a farne a meno. È il riflesso di un’epoca in cui l’esperienza non sembra esistere davvero se non è documentata. Ma cosa perdiamo nel frattempo? Forse proprio l’essenza dell’evento: la musica, la voce, le emozioni in presa diretta.
Quella di Patty Pravo, dunque, non è una semplice richiesta tecnica, ma un atto d’amore per la musica e per il pubblico: “Godetevi l’attimo”, sembra dire, “perché è unico e irripetibile”. Un invito prezioso, soprattutto in tempi in cui la memoria viene affidata più allo storage del telefono che al cuore.

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