Lo sapevate? Gigi Riva e Fabrizio De Andrè si conoscevano e si stimavano: ecco come andò il loro primo incontro

Due miti degli anni Sessanta e Settanta, Gigi Riva e Fabrizio De Andrè, musica e sport vicini. I due si conoscevano e si stimavano: si conobbero a Genova grazie a un appuntamento organizzato da un ex giocatore del Cagliari. Riva era un fan del cantautore che accettò l'incontro.
Lo sapevate? Gigi Riva e Fabrizio De Andrè si conoscevano e si stimavano: ecco come andò il loro primo incontro.
L’incontro tra due icone degli anni Sessanta e Settanta: Gigi Riva e Fabrizio De André, il legame tra calcio e musica
Negli anni Sessanta e Settanta, due figure leggendarie, seppur appartenenti a mondi diversi, hanno lasciato un’impronta indelebile nella cultura italiana: Gigi Riva, simbolo del calcio e del Cagliari, e Fabrizio De André, uno dei più grandi cantautori italiani. Due miti che, nonostante le differenze tra sport e musica, avevano qualcosa in comune: la stima reciproca.
I due si conobbero a Genova, grazie a un incontro organizzato da un ex giocatore del Cagliari che, consapevole dell’ammirazione di Riva per l’artista genovese, decise di favorire l’occasione. Riva, soprannominato “Rombo di Tuono” e famoso per la sua riservatezza fuori dal campo, era un grande fan della musica di De André. Il cantautore, noto per la sua sensibilità e per i testi poetici e profondi, accettò con piacere l’invito, incuriosito dall’idea di conoscere uno dei più grandi calciatori dell’epoca.
L’incontro tra i due non fu solo una semplice presentazione, ma un momento che unì due personalità straordinarie, entrambe simbolo di un’epoca e accomunate da una profonda umanità. Riva, con il suo talento sul campo da gioco e il suo legame indissolubile con la Sardegna, e De André, con le sue canzoni che raccontavano storie di emarginati e libertà, rappresentavano due facce diverse della stessa medaglia: la passione e la capacità di toccare il cuore delle persone.
La stima reciproca tra i due non si limitò a quell’incontro. Rimase viva nel tempo, a dimostrazione di come sport e musica, pur con linguaggi diversi, possano avvicinarsi e intrecciarsi, creando un legame unico tra due universi solo apparentemente lontani.
Riva si recò a casa di De Andrè, inizialmente timidi i due si sciolsero grazie al whisky. Uno, due, tre bicchieri e andarono avanti per ore. Il campione del Cagliari rimase affascinato dal fatto che l’artista dormisse la mattina per poi andare in giro in campagna la notte a cercare l’ispirazione, ascoltando i rumori della campagna. Le canzoni preferite di Riva? Preghiera in gennaio e Bocca di Rosa. Un intenditore.

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Meraviglie di Sardegna, Nostra signora del Regno ad Ardara, il Duomo Nero

Si tratta di una delle chiese più belle e misterioso della Sardegna, andiamo alla scoperta di questo incredibile monumento medievale tutto nero.
Meraviglie di Sardegna, Nostra signora del Regno ad Ardara, il Duomo Nero.
Si tratta di una delle chiese più belle e misterioso della Sardegna, andiamo alla scoperta di questo incredibile monumento medievale tutto nero.
Nostra Signora del Regno ad Ardara: il misterioso Duomo Nero della Sardegna.
Immergetevi nella meraviglia di uno dei tesori più affascinanti e misteriosi della Sardegna, un monumento che incanta per la sua storia, la sua architettura e il suo alone di enigmatico fascino: la Chiesa di Nostra Signora del Regno, conosciuta anche come il Duomo Nero. Situata nella parte nord-occidentale dell’isola, in provincia di Sassari, questa straordinaria chiesa si presenta come una macchia nera che si staglia sul verde intenso di un monte, attirando lo sguardo di chi attraversa queste terre. La sua presenza imponente e scura all’ingresso di Ardara, borgo incastonato sulle pendici del Montesanto nel cuore del Logudoro, la rende uno dei simboli più riconoscibili e suggestivi di tutta la Sardegna. La chiesa sorge accanto ai ruderi di un antico palazzo reale, che un tempo fu la sede dei giudici di Torres, i quali vi prestavano giuramento nell’altare della chiesa e qui trovarono sepoltura. Dalla sua posizione su un alto poggio, domina la pianura sottostante, offrendo uno spettacolo di rara bellezza e di grande suggestione. La sua costruzione, fatta con conci di trachite ‘ferrigna’ di colore nero intenso, contribuisce a dare a questo edificio un aspetto di misteriosa imponenza, quasi fosse un guardiano silenzioso delle storie antiche e delle leggende locali. Originariamente, questa struttura era soltanto una cappella, ma nella seconda metà dell’XI secolo fu affidata alla cura del giudice Comita, o forse di sua sorella, che la ampliò con grande cura. I lavori furono portati a termine nel 1107 da maestranze pisane, come testimoniato dall’epigrafe di consacrazione ancora visibile sull’altare. Così nacque uno dei monumenti più straordinari dell’architettura romanica in Sardegna, un capolavoro di essenzialità, forza e imponenza. La sua bellezza colpisce ancora di più grazie al contrasto tra il nero della pietra basaltica e la luce dorata della pala cinquecentesca collocata sull’altare, che aggiunge un tocco di preziosa luminosità a questo scenario già di per sé magico.
La facciata, suddivisa in cinque specchi da eleganti lesene, si apre con un portale ad arco che invita alla scoperta di un mondo antico. Su un fianco, il campanile si erge con fierezza, completando il quadro di un edificio che sembra sospeso tra il passato e il presente. All’interno, le tre navate scandite da pilastri robusti creano uno spazio di grande respiro, con le due navate laterali voltate a crociera e quella centrale coperta da un soffitto in legno, che ancora oggi conserva il suo antico fascino. Nell’abside si trova il Retablo maggiore, un’opera che narra la storia della Salvezza attraverso un ciclo di immagini raffiguranti profeti, patriarchi, santi e la Beata Vergine, un vero e proprio racconto visivo della fede. Questo capolavoro, realizzato nel 1515, si distingue per la sua raffinatezza e il suo valore storico. All’interno della chiesa, si possono ammirare anche affreschi seicenteschi, che rappresentano i dodici apostoli e i quattro padri della Chiesa, e il retablo minore, un pulpito in legno che narra la Passione di Cristo con grande intensità. Un altro elemento di grande valore artistico è lo stendardo processionale, risalente agli inizi del XII secolo, dipinto con maestria: da un lato raffigura la Madonna con il Bambino, dall’altro il volto di Cristo nascosto sotto il velo della Veronica, un’opera che ancora oggi accompagna le processioni durante la festa patronale di Ardara. Questa celebrazione, che si svolge il 9 maggio, richiama folle di devoti e si conclude con la tradizionale processione, accompagnata dal coro dei sos gosos, un canto antico e struggente che rende omaggio alla Madonna. La festa si anima anche con canti, balli e spettacoli folkloristici, creando un’atmosfera di gioia e spiritualità che coinvolge tutta la comunità e i visitatori provenienti da ogni dove, attratti dalla magia di un luogo che sa unire storia, fede e tradizione in un’unica, affascinante esperienza.

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