Esplode la rabbia dei pastori sardi a Cagliari: “Sardegna penalizzata, aumenti diventati insostenibili”

A Cagliari la protesta dei pastori sardi. Rincari e costi di gestione insostenibili. Prezzi di concime e macchinari alle stelle. E la Sardegna perde anche la metà dei premi comunitari europei. Tantissimi disagi per lavoratori e famiglie. "Oggi noi in pochi in protesta? No, sono le aziende a chiudere sempre più. Ma noi vogliamo continuare a esistere".
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A Cagliari torna a esplodere la rabbia dei pastori sardi. A tre anni di distanza, sotto il palazzo del Consiglio Regionale di via Roma, monta la protesta di allevatori e pastori dell’Isola, strozzati da costi gestione esorbitanti e mancate risposte dalla politica. Al centro anche la perdita della metà dei premi europei da parte dell’Isola.
Così, dopo l’assemblea generale di Tramatza dello scorsa settimana, oggi la marcia di tanti lavoratori, alle prese con l’ondata di rincari generale e con bollette talvolta triplicate in un solo anno.
Caro vita che inevitabilmente si riflette anche sulla gestione familiare, oltre che su quella dell’azienda.
“Noi ancora qui in protesta. Sono stati tanti i problemi nel corso degli anni. E ancora ci troviamo di fronte a una lacuna. Per l’ennesima volta la Sardegna è stata penalizzata. Noi in pochi? No, sono le aziende che continuano a chiudere e noi vogliamo continuare a esistere”.
Previsto un incontro tra la delegazione dei manifestanti all’interno del Consiglio. Presenti anche tanti studenti delle scuole agrarie.
Non solo rincari e super bollette. A incendiare la rabbia anche l’esclusione del comparto ovicaprino dell’echoschema 1 livello 2 della Pac. E la Sardegna rischia di essere penalizzata. A soffrire anche il comparto dell’indotto. “Oggi chiederemo una soluzione ai capigruppo della Regione: un intervento da parte dello Stato. Una beffa sulle risorse Psr, la Sardegna percepirà 115 milioni di meno rispetto alla precedente programmazione. Oggi però dovrà uscire una soluzione, altrimenti sono a rischio più della metà delle aziende”.

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La tomba segreta di Tuvixeddu: un gioiello egizio nascosto nella necropoli

Nel cuore di Cagliari, sul colle di Tuvixeddu nel popolare quartiere di Sant'Avendrace, si cela un tesoro archeologico di rara bellezza che pochi hanno avuto la possibilità di ammirare.
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La tomba segreta di Tuvixeddu: un gioiello egizio nascosto nella necropoli.
Nel cuore di Cagliari, sul colle di Tuvixeddu nel popolare quartiere di Sant’Avendrace, si cela un tesoro archeologico di rara bellezza che pochi hanno avuto la possibilità di ammirare.
Nel vasto Parco di Tuvixeddu, che ospita la più grande necropoli fenicio-punica del Mediterraneo, esiste una tomba finemente decorata che racchiude un legame sorprendente con l’antico Egitto. Si tratta della Tomba dell’Ureo, un sepolcro che spicca per la sua decorazione unica e il suo forte valore simbolico.
Il Parco di Tuvixeddu si estende per circa tre ettari e mezzo e rappresenta un’area di grande importanza storica, con reperti che testimoniano insediamenti umani risalenti persino al Neolitico. La necropoli, attiva dal VI secolo a.C. fino al primo periodo romano imperiale, è interamente scavata nella viva roccia calcarea e si distingue per le sue tombe “a pozzo”. Queste sepolture sono composte da una camera ipogea a pianta rettangolare, accessibile attraverso un pozzo verticale profondo dai 3 ai 7 metri. L’ingresso alla camera, chiuso da lastre di pietra, serviva a proteggere i defunti e i ricchi corredi funerari, oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari.
Mentre molte tombe della necropoli presentano semplici decorazioni, come fasce di colore rosso, e alcune maschere orride o simboli come il disco solare e il crescente lunare scolpiti all’esterno, due sepolcri si distinguono per l’eccezionalità delle loro decorazioni interne. La prima è la Tomba di Sid, o Tomba del Guerriero, che mostra su ogni parete una nicchia dipinta in rosso con la triade betilica. Sulle pareti corre un fregio di cerchi bordati di rosso e riempiti di azzurro, sostenuto da pilastri dipinti di rosso con capitelli a volute. Su una delle pareti è delineato un personaggio maschile barbuto, con un elmo e il petto nudo, intento a scagliare una lancia. Si pensa che possa rappresentare un guerriero o la divinità punica Sid, dio cacciatore.
La seconda e più rara sepoltura è proprio la Tomba dell’Ureo, che deve il suo nome al serpente alato, sacro agli Egizi, che è rappresentato sulla parete di fronte all’ingresso. Il serpente, sormontato dal disco solare, è affiancato da due fiori di loto e da due maschere con volto di gorgone, dal chiaro valore apotropaico, ovvero protettivo. Lungo i bordi della cella, fasce di ocra rossa decorano le pareti con palmette e altri fiori di loto, creando un’atmosfera suggestiva e misteriosa.
Dopo il III secolo a.C., i Romani ampliarono la necropoli, scavando sepolture a camera, ad incinerazione e a fossa, specialmente nella parte che si affaccia su Viale Sant’Avendrace. Tra i sepolcri di età romana spicca il colombario noto come Tomba di Rubellio, il cui epitaffio menziona un Caio Rubellio, probabile proprietario del sepolcro. Un’altra tomba monumentale è quella di Atilia Pomptilla, un ipogeo funerario la cui facciata riproduce un tempietto in stile ionico composito. La tomba è comunemente chiamata Grotta della Vipera per la decorazione di due serpenti scolpiti sull’epistilio. Fu commissionata da suo marito, Lucio Cassio Filippo, che le dedicò versi d’amore immortali: “Che le tue ceneri, o Pomptilla, fecondate dalla rugiada, germoglino viole, gigli e verdi fronde ove risaltino la rosa, il profumato zafferano ed il seprevivo amaranto. Possa tu, diventare ai nostri occhi il fiore della bella primavera”.
Il colle di Tuvixeddu ha avuto una storia travagliata anche in epoche successive. Nel Medioevo, con la distruzione di Santa Igia, molti sopravvissuti adattarono le tombe per usarle come abitazioni. In tempi più recenti, l’area è stata usata come cava per la produzione di cemento e, durante la Seconda guerra mondiale, è servita da rifugio antiaereo durante i bombardamenti. Fortunatamente, a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso, sono iniziate le attività di tutela e recupero da parte della Soprintendenza. Con la realizzazione del parco nel 2014, l’area è diventata finalmente di libero accesso, permettendo al pubblico di immergersi nella storia millenaria di Cagliari e di esplorare una delle necropoli più affascinanti del Mediterraneo.

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