Potremmo definire l’home stager come un personal trainer delle abitazioni: proprio come un PT studia le necessità di ogni sportivo e lo segue passo passo nel suo percorso di dimagrimento e ricomposizione corporea, allo stesso modo l’home stager si prende cura di una casa studiandone i punti di forza, eliminando il superfluo e aggiungendo il necessario, fino a operare un restyling completo dell’abitazione.

Villa a Chia

L’home staging è una strategia di marketing per vendere nel minor tempo possibile e a buon prezzo una casa. Nata negli anni Settanta negli Stati Uniti per merito dell’intuizione dell’agente immobiliare Barb Schwarz, arriva in Italia da poco e, negli ultimi tempi viene sempre più utilizzata anche in Sardegna. Benedetta Losito ne ha fatto la sua professione: l’interior designer cagliaritana (laureata in architettura, specializzata in home staging, fotografia d’interni e video marketing) aiuta i proprietari di casa e le agenzie immobiliari a mostrare il vero potenziale delle abitazioni, quello che farà scattare il colpo di fulmine al futuro acquirente.

Prima

Dopo

Ma se pensate che si tratti di qualche semplice passaggio e di un “sposta di qua, metti di là”, vi sbagliate di grosso: l’home stager infatti è un professionista che ha studiato delle metodologie concrete che permettono realmente di operare un restyling di un’abitazione, “mettendola in scena” al meglio (da qui il termine home staging). L’obiettivo è far innamorare il potenziale cliente di una casa e venderla o affittarla, più velocemente, grazie ad alcune tecniche ben precise che ne esaltano i pregi, attraverso interventi mirati.

Centro storico di Cagliari, affittato in soli 10 giorni

Eccone alcune:

–          Sfruttare la luminosità (l’illuminazione naturale ha effetti concreti sul benessere di chi ci abita e soprattutto in questo momento storico, in cui la casa è vissuta maggiormente di prima, la presenza della luce è fondamentale),

–          Spersonalizzare (decluttering) le stanze, eliminando gli oggetti personali del vecchio proprietario per creare uno spazio neutro in cui l’acquirente può immaginare di vivere,

–          Costruire una vera e propria scenografia in cui ogni cosa è studiata per esaltare al massimo i pregi dell’appartamento.

Questa professione, preparando una casa per presentarla al meglio sul mercato, supporta e agevola l’agente immobiliare. L’home staging è una vera e propria tecnica di marketing, che può essere realizzata solo attraverso competenze e conoscenze specifiche, ma anche un valido investimento che si traduce immediatamente in un maggior guadagno e in una vendita veloce.

Potete trovare Benedetta Losito anche su YouTube: nei suoi video tratta tutte le tematiche relative alla sua professione.

Donne sarde, donne di carattere. Lo si dice spesso e a volte la storia interviene a corroborare questa tesi. Un primato in rosa molto particolare spetta infatti a una donna sarda, Grazia Pinna, cagliaritana residente in Toscana. Nel febbraio del 1979 passò alla storia per essere stata la prima donna arbitro d’Italia.

Come racconta un articolo de L’Unione Sarda del 14 febbraio 1979, Grazia Pinna, precedentemente commessa della Rinascente di Cagliari, dal «corpo minuto e gli occhi intensi», si era trasferita dal 1962 in Toscana per seguire il marito, un pasticciere, poi scomparso prematuramente. Allora 35enne, vedova e madre con due figli, fu scelta ufficialmente dall’Uisp per arbitrare partite di calcio.

Un primato conteso però da altre donne, tutte sarde o con legami con la Sardegna. Quando infatti uscì la notizia di Grazia Pinna, una 32enne di Guspini cresciuta a Terralba ed emigrata a Roma, Agnese Carta, raccontò di aver arbitrato da più tempo per conto della Fia. Come lei altre due donne, Placida Marrosu, anche lei sarda, e Paola Oddi, romana, ma sposata con un uomo di Bitti. Tutte in realtà arbitravano match da diversi anni. L’eccezionalità di Grazia Pinna fu proprio il riconoscimento da parte dell’Uisp, allora ancora negato dalla Figc, autorità competente per le altre tre donne.

Di chiunque sia stato il primato, una cosa è certa: per “mettere la gonnella” a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.