Accadde oggi: 4 febbraio 2004, muore Valery Melis, mai dimenticato dalla Curva rossoblù

A sostenere lui e la sua famiglia nei momenti più bui non ci fu lo Stato, ma una grande famiglia, quella rossoblù del Cagliari e dei tifosi della Curva Nord, che di Valery non si sono mai dimenticati.
Il 4 febbraio di ventuno anni fa si spegneva, dopo una lunga e dolorosa battaglia contro la malattia, Valery Melis, un giovane militare quartese che aveva servito l’Italia in diverse missioni nei Balcani. Aveva solo 27 anni. La sua storia è una di quelle che lasciano l’amaro in bocca, una vicenda fatta di sacrificio, dolore e, soprattutto, di domande rimaste senza risposta.
Caporalmaggiore dell’Esercito italiano, Valery aveva scoperto nel 1999, al suo rientro da una missione in Kosovo, di essere affetto dal linfoma di Hodgkin. Una diagnosi che arrivò come una condanna, cambiando per sempre la sua vita e quella della sua famiglia. Secondo i suoi genitori, Dante e Marie Claude Melis, e i legali che per anni hanno combattuto al loro fianco, la malattia che lo ha portato alla morte non fu una tragica fatalità, ma una conseguenza diretta dell’esposizione all’uranio impoverito, una sostanza altamente tossica utilizzata nei teatri di guerra.
Per oltre un decennio la famiglia di Valery ha lottato nelle aule di tribunale per ottenere verità e giustizia. Un percorso lungo e tortuoso, fatto di udienze, perizie e battaglie legali, nella speranza che fosse riconosciuto il nesso tra la sua malattia e l’ambiente in cui aveva operato. Ma nonostante gli sforzi, nonostante i sacrifici, la giustizia non ha dato loro risposte né ristoro. Nessun risarcimento, nessuna ammissione ufficiale, solo il peso insopportabile di un dolore che ancora oggi non trova consolazione.
Ventuno anni dopo, il nome di Valery Melis resta impresso nella memoria di chi lo ha conosciuto e di chi, come lui, ha pagato un prezzo altissimo per aver servito il proprio Paese. Ma resta anche il senso di un’ingiustizia irrisolta, di una verità che continua a sfuggire, di una ferita ancora aperta.
Nel 2015 il Tar ha scritto nero su bianco in una sentenza che la malattia di Valery «non fu dovuta all’uranio impoverito». «Non esistono dati sulla cancerogenità delle nanoparticelle, quindi non può essere questa la causa della morte del soldato stroncato dal linfoma di Hodgkin», scrissero i giudici del Tribunale amministrativo regionale. Tutto questo nonostante la sentenza precedente del Tribunale civile di Cagliari che aveva condannato nel 2011 lo Stato a risarcire la famiglia Melis con 584mila euro.
A non essersi mai dimenticati di Valery sono sempre stati il Cagliari Calcio (in particolare Andrea Cossu e Daniele Conti) e gli Sconvolts. Celebre il coro cantato ancora oggi in Curva Nord per lui: «Adesso che non ci sei più, cantiamo sempre di più, cantiamo anche per te, o mio caro amico Davide». Sabato pomeriggio, prima della gara contro il Parma, Cossu, Nainggolan, Joao Pedro e Ceppitelli hanno portato una corona di fiori in curva nord.
Valery era infatti un grandissimo tifoso rossoblù. Prima di morire, deluso del mancato appoggio da parte dei vertici militari Valery trovò nel Cagliari e nei suoi tifosi l’unico scoglio a cui appoggiarsi nel momento più difficile. Volle essere sepolto senza l’esecuzione de “Il silenzio”, suonato normalmente nei funerali di ex militari e nella bara, al posto del Tricolore, scelse di avere la bandiera del Cagliari.

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