Cagliari, vandalizzato il murale di Manu Invisible creato per la campagna Lila. Mocci: “Gesto incomprensibile”
Qualche giorno fa una delle opere realizzate, quella di Manu Invisible, è stata ricoperta con tinta nera, nascondendo totalmente il messaggio dell'artista.
La recente campagna di LILA Cagliari “A little help from our friends” ha visto l’adesione spontanea di decine di artisti sardi e tra questi numerosi musicisti, registi, attori, performers, writers, che hanno partecipato con un contributo video del proprio lavoro. Qualche giorno fa una delle opere realizzate, quella di Manu Invisible, è stata ricoperta con tinta nera, nascondendo totalmente il messaggio realizzato dallo stesso artista.
“Oltre all’incapacità di comprendere un simile gesto, va fatta un’analisi di quanto accaduto”. Per Brunella Mocci, Presidente di Lila Cagliari “Risulta difficile comprendere il significato di un gesto che va contro l’opera, va contro l’idea e l’obiettivo che ci eravamo prefissati come associazione LILA, e va contro lo stesso artista”.
“Crediamo profondamente nel valore sociale che scaturisce da queste forme di collaborazione socio/artistica – continua Brunella Mocci – nel messaggio trasversale che può raggiungere tante persone amanti della street art, tanti giovanissimi, ma non soltanto, e siamo profondamente amareggiati da quanto accaduto. Manu Invisible ha voluto restaurarlo entro poche ore dall’episodio, condividendo con noi il principio che all’odio o al disprezzo si reagisce, non abbassando la guardia, ma riproponendo ciò in cui si crede”.
Lila Cagliari ha sostenuto la volontà di ripristinarlo ma invita a fare una riflessione; oggi più che mai ci si trova a dover difendere le proprie idee e principi, ma noi di Lila vogliamo farlo con la consueta pacatezza. Quell’opera rappresentava un prezioso messaggio contro la discriminazione sulle persone con HIV, legato al concetto U=U che indica che le persone in terapia non possono contagiare nessuno, e ha un valore sociale doppio: quello di combattere lo stigma e quello di informare tutta la popolazione che non vi sono rischi nell’avere contatti anche intimi con persone che seguono regolarmente la terapia.
Cancellare quella scritta può essere il frutto di una scarsa informazione sul tema, o anche una semplice bravata, come accade spesso. Sono tantissime le persone che hanno espresso la loro solidarietà rispetto all’accaduto, e questo ci ripaga del brutto episodio, ancora più negativo in quanto ai danni di un’associazione come la nostra che si batte per fare prevenzione e informazione e di un’artista che ha forti legami con il sociale e con il territorio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
In Sardegna esiste un paesino fondato nel Settecento da coloni greci
Questo comune, oggi abitato da poco meno di 500 abitanti e purtroppo interessato da un forte fenomeno di spopolamento, fu fondato nel 1751 da coloni greci provenienti dalla regione della Maina.
Tra i tanti paesi della Sardegna alcuni hanno origini molto particolari. Tutti o quasi conoscono la storia della “catalana” Alghero e della “ligure” Carloforte. In pochi conoscono invece la storia di un altro comune sardo la cui fondazione è dovuta sempre a popolazioni venute dall’estero.
Stiamo parlando di Montresta, piccolo borgo della Planargia al confine con il Logudoro turritano. Questo paese si trova a pochi km da Bosa, immerso in un territorio selvaggio, suggestivo e incontaminato.
Questo comune, oggi abitato da poco meno di 500 abitanti e purtroppo interessato da un forte fenomeno di spopolamento, fu fondato nel 1751 da coloni greci provenienti dalla regione della Maina, la penisola meridionale al centro del Peloponneso. Le popolazioni arrivarono in Sardegna non direttamente dalla Grecia ma dalla Corsica, isola in cui si rifugiarono nel secolo precedente dopo una cocente sconfitta militare contro i Turchi ottomani.
Furono i genovesi ad ospitarli a partire dagli anni ’70 del ‘700 nell’isola oggi facente parte della Repubblica francese. Tutto cambiò a partire dal 1731, quando la Corsica si ribellò al dominio ligure. I rapporti con i corsi non furono idilliaci e così, intorno al 1746 alcune decine di greci manioti cercarono rifugio in Sardegna, accolti benevolmente da Carlo Emanuele III re di Sardegna, lo stesso regnante che concesse l’Isola di San Pietro ai tabarchini in fuga dal Nord Africa.
Nasce così il Villaggio di San Cristoforo di Montresta, detta “Montresta la greca”. I rapporti con i vicini bosani non furono idilliaci ma l’insediamento dei popoli ellenici guidati dalla famiglia dei Passerò (cognome italianizzato da “Psaròs”, ancora oggi vi abitano dei discendenti) è durato fino ai tempi nostri.
© RIPRODUZIONE RISERVATA