Il 4 maggio si è aperta anche in Sardegna la “Fase 2” di contrasto alla sindrome infettiva Covid 19, finalizzata  al graduale e progressivo recupero delle attività ordinarie e dell’assistenza sanitaria.
Le associazioni per le malattie rare della Sardegna hanno accolto questa seconda fase di transizione  dall’emergenza più drammatica con viva preoccupazione rispetto alla critica situazione della sanità  regionale, ancora più in crisi a causa dalla pandemia Covid 19, e al perdere l’occasione di costruire ora  quella che potrà essere un recupero di una “normalità” però rinnovata, che corregga storture e scelte  miopi e sbagliate eluse dalle numerose e inconcludenti riforme della sanità sarda.
«D’altro canto non possiamo ignorare quanto abbiamo vissuto, angosciati e obbligati, nella prima fase di  emergenza della pandemia in atto – spiegano i membri delle associazioni in una nota stampa –  Pur riconoscendo alla Regione e all’Assessorato Igiene, Sanità e Servizi Sociali di aver dovuto far fronte  alla gravissima e tragica emergenza della pandemia Covid con le già scarse e imprevidenti risorse a  disposizione, riteniamo siano state prese delle decisioni e fatte delle scelte del tutto peculiari in  Sardegna non considerando sufficientemente le conseguenze nel resto delle fasce di pazienti,  soprattutto ad alta complessità e fragilità, che hanno sconvolto nel profondo l’assistenza, come nel caso  delle persone affette da malattie rare, per definizione fragili, portatori di gravi disabilità, senz’altro  meritevoli anche loro di speciali tutele e destinatari di assistenza multidisciplinare e multidimensionale».
                                   
                                       
                                 
                                   
                                       
                                 
                                       
                                           
                                     
                                       
                                           
                                     
«Sebbene l’Amministrazione abbia predisposto un piano d’azione di contenimento del contagio e di garanzia di assistenza a tutte le tipologie di pazienti, prevedendo delle deboli misure di differenziazione  tra percorsi di accesso agli ospedali tra pazienti sospetti e affetti da Covid e tutti gli altri pazienti non  Covid, di fatto questa strategia si è dimostrata tardiva e superata dalla realtà, stante il triste primato  della Sardegna nei contagi del personale sanitario e dei pazienti giunti per ragioni diverse in ospedale – affermano, con preoccupazione –  L’Amministrazione ha anche previsto la conversione del personale di altre UO e aree mediche ad  integrare l’assistenza ai pazienti Covid e la sospensione o il differimento sine die, senza alcuna ipotesi  di data possibile da proporre al paziente di attività diagnostiche, laboratoristiche, ambulatoriali già  programmate per nuove diagnosi, controlli periodici, prosecuzione di cure. Con ciò causando gravi  danni nei quadri clinici con peggioramenti prognostici, psicologici ed esistenziali non solo ai pazienti,  ma anche ai loro familiari. Danni che sicuramente si ripercuoteranno nel tempo in maggiore spesa  sanitaria e sociale sia per le casse pubbliche, sia per le tasche delle famiglie. Ciò ha portato ad una  ulteriore emergenza per chi ha un sospetto di grave malattia e non può completare la diagnosi, oppure  per chi, pur in grave pericolo, ha dovuto sospendere terapie o esami anche in urgenza per l’insicurezza  di recarsi in ospedale, per il rischio di contagiarsi. Ha comportato inoltre l’interruzione delle terapie  riabilitative così necessarie e fondamentali nella cura di molte disabilità».
                                   
                                       
                                 
                                   
                                       
                                 
                                       
                                           
                                     
                                       
                                           
                                     
Pertanto le associazioni per le malattie rare della Sardegna vogliono aprire questa seconda fase ragionando con le autorità istituzionali su come poter tornare ad una rinnovata normalità che corregga  gli errori strutturali, organizzativi ed assistenziali compiuti e possa garantire in sicurezza l’assistenza ai  pazienti con malattie rare.
                                   
                                       
                                 
                                   
                                       
                                 
Ritengono fondamentali queste azioni e misure:
- Costruire una adeguata assistenza territoriale. L’emergenza Covid ha dimostrato ancora una volta  l’importanza strategica dello sviluppo di una adeguata e articolata sanità territoriale, che sia  complementare all’assistenza ospedaliera. È imprescindibile dotare il territorio di strutture e risorse  finalmente commisurate ai bisogni assistenziali dei pazienti che in tal modo saranno più controllati  clinicamente e aderenti alle terapie.
- Aumentare l’assistenza domiciliare. Le conoscenze attuali su molte malattie rare e i trattamenti ci  indicano che molte cure possono essere fatte al domicilio del paziente, evitando spostamenti spesso  faticosi e rischiosi. La tecnologia attuale permette inoltre di poter realizzare controlli e consulti  specialistici telematici, permettendo lo sviluppo di una Telemedicina, peraltro già oggetto di accordi  tra lo Stato e la Conferenza delle Regioni, con beneficio del paziente che si sente sempre “in carico” e  risparmi per le finanze pubbliche.
- Riattivare i centri riabilitativi. E’ necessaria la reintegrazione immediata dei pazienti nelle cure  riabilitative la cui interruzione, come è noto, determina la regressione delle acquisizioni raggiunte e  impedisce la progressione negli obiettivi stabiliti. Questo è quello che tutti i malati rari e tutte le persone  con disabilità subiscono in questo periodo con un profondo sentimento di abbandono a se stessi.
- L’accesso alle terapie, siano esse domiciliari, ambulatoriali, o semiresidenziali deve essere sicuro, garantendo l’accoglienza dei pazienti nel rispetto delle stabilite norme igienico-sanitarie sia per il  personale che per i locali. Accessi e percorsi separati Covid e non Covid nei PS. Ove possibile tenere rigorosamente separati fin  dal triage e pre-triage i pazienti con manifesta malattia da Covid dai pazienti non Covid.
- Prevedere anche  delle zone grigie dove far sostare i pazienti sospetti Covid fino a conferma diagnosi. Ove non sia possibile  tenere rigorosamente separate le tipologie di pazienti, adottare per tutti le misure di sicurezza previste  nel protocollo per i pazienti Covid+.
- Reparti ospedalieri sicuri dedicati solo ai Covid. Identificare aree o strutture, anche temporanee ed  esterne agli ospedali, da mettere in sicurezza e dedicare alle cure dei pazienti Covid che necessitano di  assistenza ospedaliera. Riconsegnare reparti, ambulatori e laboratori all’attività assistenziale ordinaria previa  sanificazione ambienti e macchinari.
- Maggior attenzione e sicurezza nell’operatività del personale sanitario con pazienti Covid e non  Covid. L’attività del personale sanitario ospedaliero di varie aree specialistiche chiamate a turno a  integrare l’assistenza ai pazienti Covid espone a elevati rischi di diffusione del contagio ad altri pazienti  afferenti ordinariamente alle Unità operative. Prevedere ulteriori misure preventive di sicurezza per  tutto il personale.
- Personale dedicato per pazienti Covid e non Covid nelle USCA. Al fine di una maggior sicurezza dei  pazienti non Covid prevedere che il personale sanitario delle Unità speciali di continuità assistenziali  preposto all’assistenza domiciliare dei pazienti Covid+, ai sensi dell’art. 4 bis del decreto-legge 17 marzo  2020, n. 18, non sia impegnato nello stesso tempo all’assistenza domiciliare dei pazienti cronici non  Covid, come al contrario previsto nella riorganizzazione delle attività assistenziali ospedaliere e  territoriali, ai sensi della Delibera n.17/10 del 1.04.2020.
 
                                   
                                       
                                 
                                   
                                       
                                 
                                       
                                           
                                     
                                       
                                           
                                     
 
          
             
          
          
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