Il Comune torna all’attacco sui costi del Sardegna Pride: “Non è una manifestazione di interesse pubblico”

Da qui la preoccupazione del coordinamento si estende anche ad altre manifestazioni, iniziative politiche, senza fine di lucro e di evidente valore pubblico, pur non organizzate da istituzioni, partiti o da movimenti politici e sindacali), che dovranno sobbarcarsi questi costi elevati.
Non c’è pace per il Sardegna Pride, la manifestazione annuale promossa dal coordinamento sardo delle associazioni LGBTQ. Dopo la richiesta da parte del Comune di Cagliari del pagamento delle spese del Corpo di Polizia Municipale e la sospensiva che gli organizzatori avevano ottenuto al Tar, e nonostante l’appoggio del sindaco Paolo Truzzu affinché la manifestazione si svolgesse senza che i costi gravassero sugli organizzatori, ora – fanno sapere dal coordinamento organizzativo – il Comune di Cagliari, attraverso la sua avvocatura e per delega dello stesso Sindaco Truzzu, ha presentato al TAR una memoria difensiva in cui richiede che il ricorso sia rigettato perché infondato e sostiene che: “[…] in questo contesto e sulla base di tali chiarimenti deve osservarsi che, nel caso di specie, l’evento “Sardegna Pride 2019” non è stato promosso da partiti o da movimenti politici e sindacali né il Comune ha attestato l’interesse pubblico della manifestazione. Avere ricevuto il Patrocinio del Comune non può costituire elemento sufficiente ai fini dell’esonero”.
Un fulmine a ciel sereno per gli organizzatori, fra cui l’Arc che ora commenta: “Ci preoccupa il fatto che il Sindaco abbia inizialmente sposato la causa della libertà di manifestazione, riconoscendo l’interesse pubblico di una manifestazione politica come il Sardegna Pride (che per altro ha visto il coinvolgimento di una moltitudine di altre associazioni in tutta l’isola e la mobilitazione di decine di migliaia di persone scese in piazza il 6 luglio) ma, successivamente, per distrazione o per mutata opinione (e nonostante un riferimento alla sua “nota di indirizzo”), abbia ritenuto di difendere quella richiesta di 7.540 € per la sua realizzazione, disconoscendone nei fatti il valore politico”.
Secondo il regolamento comunale, quindi, il Pride deve provvedere a questo genere di costi “limitandone la realizzazione – e di conseguenza il diritto alla libertà di manifestazione, che la nostra Costituzione sancisce accanto a tutti gli altri diritti fondamentali delle cittadine e dei cittadini italiani – solo a quelle realtà che potranno affrontare le spese richieste”. Da qui la preoccupazione del coordinamento si estende anche ad altre manifestazioni, iniziative politiche, senza fine di lucro e di evidente valore pubblico, pur non organizzate da istituzioni, partiti o da movimenti politici e sindacali), che dovranno sobbarcarsi questi costi elevati.
“Confidiamo, a questo punto, – concludono – sul giudizio definitivo del TAR, sicure e sicuri che accoglierà le nostre ragioni, sconfessando la memoria difensiva dell’amministrazione comunale”.

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Aborto farmacologico, un traguardo di civiltà in Sardegna: ne parliamo con il dottor Pistis e con la cellula Strajk Kobiet

La pillola abortiva potrà essere somministrata anche negli ambulatori e consultori autorizzati e sarà possibile assumerla direttamente a casa in totale privacy. La parola agli esperti
Ieri è arrivata una importante notizia. La Sardegna dopo l’esperienza avviata in Emilia-Romagna, è la prima regione del Sud Italia che segna una svolta storica sul tema dell’interruzione volontaria di gravidanza (IVG): la pillola abortiva potrà essere somministrata anche negli ambulatori e consultori autorizzati, senza alcun costo per le pazienti. Non solo, sarà possibile assumerla direttamente a casa, in una modalità sperimentale pensata per rafforzare l’autonomia, la privacy e il benessere psicofisico delle donne. Una scelta che risponde a un’esigenza concreta, in un contesto sanitario che in Sardegna presenta numeri significativi in tema di obiezione di coscienza: secondo gli ultimi dati disponibili (2022), si contano il 61,5% di medici obiettori, il 41,3% tra gli anestesisti e il 34,4% tra il personale non medico.
Abbiamo interloquito con il ginecologo Marco Pistis che ha confermato che ci troviamo di fronte a: “L’inizio di un iter che si prevede veloce perché c’è una forte volontà politica. C’è già una strada tracciata da altre regioni quindi, avremo un risultato nel breve termine”.
Ma cosa cambia nel concreto? Il dott Pistis spiega che: “Nel concreto cambia che a regime, la diffusione territoriale dei consultori permetterà un più facile accesso e anche una più facile gestione anche per la pazienza che potrà più facilmente accedere al servizio e ai controlli piuttosto che in ospedale dove l’attività frenetica spesso può comportare maggiori attese e maggiori difficoltà”. Un altro aspetto significativo è quello psicologico: “Psicologicamente può essere di aiuto in tutti i casi in cui la paziente non cerca il conforto della struttura sanitaria per un discorso di paura ma trova maggiore serenità nell’ambiente familiare o personale e nei suoi affetti per affrontare questo percorso. Questo senza però sentirsi abbandonata al proprio destino”.
Soddisfazione anche da parte della cellula sarda di Strajk Kobiet, il movimento polacco a sostegno dell’aborto legale, accessibile e gratuito. Abbiamo raccolto il commento della referente territoriale Carla Porcheddu: “Siamo molto felici per questo enorme passo avanti nell’approccio della sanità sarda in materia di aborto. Il recepimento delle linee guida nazionali italiane, che si rifanno a quelle dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, rappresenta il raggiungimento di un traguardo molto importante. Per noi l’ospedalizzazione obbligatoria è un retaggio superato, che nega alle donne autonomia e privacy, incrementando inoltre la spesa pubblica. Siamo dell’idea che somministrare l’aborto farmacologico in ospedale non serva ad alleviare gli eventuali effetti negativi dell’aborto, anzi in alcuni casi ne favorisca la stigmatizzazione. Attendiamo anche noi di saperne di più, riguardo modalità e tempistiche, considerando la condizione attuale dell’accessibilità dell’aborto in Sardegna, non è rosea. Abbiamo subito condiviso la notizia sui nostri canali social. Auguriamo al tavolo tecnico regionale buon lavoro e che si arrivi con efficacia a migliorare la qualità, l’accessibilità e la sicurezza del servizio sanitario. Avremo modo di monitorare”.

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