Sinisa Mihajlovic: “Ho la leucemia, ma vincerò per chi mi ama”

Mihajlovic annuncia in lacrime la sua malattia: "Guarirò per mia moglie, per la mia famiglia, per chi mi vuole bene".
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L’allenatore del Bologna, Sinisa Mihajlovic, ha annunciato di essere affetto da leucemia in conferenza stampa al Centro Tecnico di Casteldebole commuovendosi più volte davanti ai giornalisti. Ecco le sue parole riportate da Repubblica. “E’ stata una bella botta, sono rimasto due giorni chiuso in camera a pensare a tutto, a riflettere, a piangere, mi è passata tutta la vita davanti. Non sono lacrime di paura, le mie. Io rispetto la malattia, ma so che la vincerò. La guarderò dritta negli occhi, la affronterò a petto in fuori: non vedo l’ora di andare martedì all’ospedale, prima comincio e prima finisco. E’ in fase acuta, ma attaccabile. Ci vuole tempo, ma si guarisce. Ho spiegato tutto ai giocatori in call conference, prima, e ho pianto anche con loro. La malattia si deve affrontare come voglio che loro affrontino le partite, ho detto loro: attaccare, pressare, aggredire, andare a fare gol, non stare ad aspettare”.
“Questa sfida sicuramente la vincerò, non ci sono dubbi, per me, per la mia famiglia, per tutti quelli che mi vogliono bene, e sono parecchi. Ho ricevuto 500-600 telefonate e messaggi, mi scuso per non aver risposto, volevo stare con me stesso per affrontare con serenità e coraggio quel che devo affrontare, spero mi capiscano. Ringrazio tutto il Bologna, mi han fatto capire che sono uno di famiglia, che mi vogliono bene. Come ho detto ai giocatori, ho bisogno di aiuto per vincere questa sfida. In questi giorni ho pianto molto, mi sono commosso spesso, ma non mi piace che si pianga con me, che la gente mi veda e pianga: io non voglio far pena a nessuno”.
“Il 28 febbraio – ha raccontato l’ex campione di Sampdoria e Lazio – ho fatto degli esami ed era tutto a posto, mi sono allenato tutti i giorni fino a fine maggio e non c’era alcun sintomo. Poi siccome mio padre è morto di cancro e faccio sempre le prove tumorali, se non l’avessimo fatte con gli esami di sangue normali non avrei scoperto niente. Nessuno deve pensare di essere indistruttibile e invincibile, perchè poi quando succede è una botta tremenda. L’unica speranza è anticipare, per scoprire prima il problema. Nella mia vita nessuno mi ha regalato nulla, ma sono sicuro di uscire un uomo migliore da questa situazione“, ha concluso.

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In Sardegna esiste un paese fondato nel ‘700 da coloni greci: sapete dove si trova?

Quando si parla di paesi sardi con radici “straniere”, i primi nomi che vengono in mente sono quasi sempre gli stessi: la catalana Alghero e la ligure Carloforte. Ma in pochi sanno che anche tra le colline selvagge della Planargia esiste un borgo che custodisce una storia altrettanto affascinante
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Quando si parla di paesi sardi con radici “straniere”, i primi nomi che vengono in mente sono quasi sempre gli stessi: la catalana Alghero e la ligure Carloforte. Ma in pochi sanno che anche tra le colline selvagge della Planargia esiste un borgo che custodisce una storia altrettanto affascinante e decisamente poco conosciuta.
Quel borgo è Montresta, minuscolo centro ai confini con il Logudoro turritano, a un passo da Bosa. Oggi conta meno di 500 abitanti, ma le sue origini raccontano un viaggio lungo e avventuroso che parte addirittura dal cuore del Peloponneso, in Grecia.
La storia comincia con i Manioti, un popolo fiero proveniente dalla penisola della Maina. Sconfitti dagli Ottomani nel XVII secolo, trovarono rifugio in Corsica, allora sotto dominio genovese. Ma la convivenza con i corsi non fu mai semplice: tensioni, rivalità e una ribellione anti-genovese resero presto la loro permanenza insostenibile.
Fu così che, intorno al 1746, un gruppo di famiglie greche decise di ripartire. Il loro viaggio li condusse in Sardegna, dove trovarono un insperato protettore: Carlo Emanuele III, lo stesso sovrano che aveva accolto i tabarchini a San Pietro. Grazie a lui nacque nel 1751 il villaggio di San Cristoforo di Montresta, presto soprannominato “Montresta la greca”.
Le relazioni con i vicini bosani furono tutt’altro che semplici, ma la comunità ellenica, guidata dalla famiglia Passerò (cognome derivato dal greco Psaròs), riuscì a mettere radici e a tramandare la propria presenza fino a oggi. Ancora oggi, alcuni discendenti vivono tra le stradine silenziose del paese, custodi inconsapevoli di una storia che intreccia Oriente e Occidente.

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