(VIDEO) Di Maio: “Grazie al M5S niente più bombe sarde in Yemen”

«Ci abbiamo lavorato un anno, grazie ai nostri parlamentari e i ministri interessati, d'ora in poi l'autorità nazionale che si occupa dell'esportazione di armamenti, dirà di bloccare qualsiasi contratto in essere, o nuovo, che vede le esportazioni di bombe d'aria, missili o strutture di armamento verso l'Arabia Saudita o gli Emirati Arabi, per il conflitto nello Yemen». Il riferimento di Di Maio è alle bombe prodotte in Sardegna dalla Rwm ed esportate verso il conflitto in Yemen.
«Grazie ai nostri parlamentari del Movimento Cinque Stelle non vedremo più bombe che dalla Sardegna vengono trasportate verso il conflitto in Yemen». Lo ha detto il ministro dello Sviluppo economico e vice premier Luigi Di Maio in un video pubblicato su Facebook.
«Ci abbiamo lavorato un anno, grazie ai nostri parlamentari e i ministri interessati, e oggi in Consiglio dei ministri si è concluso l’iter, per cui d’ora in poi l’autorità nazionale che si occupa dell’esportazione di armamenti in giro per il mondo, dirà di bloccare qualsiasi contratto in essere, o nuovo, che vede le esportazioni di bombe d’aria, missili o strutture di armamento che possono andare verso l’Arabia Saudita o gli Emirati Arabi, per il conflitto nello Yemen» ha aggiunto il capo del M5S.
«Qui tutti parlano dell’immigrazione, dell’ultimo miglio dell’immigrazione, delle persone che ci troviamo nelle imbarcazioni che ci troviamo fuori dalle acque nazionali, ma nessuno parla delle cause – ha spiegato Di Maio -. Se noi cominciamo a smetterla con le esportazioni di bombe che vengono utilizzare per destabilizzare alcune aree del mondo, riusciremo un po’ alla volta anche a frenare le cause che provocano l’immigrazione che poi ci troviamo noi sulle coste italiane, ma che dovrebbe essere un problema europeo».
Ho una notizia importante da darvi sul conflitto in Yemen e l‘export di bombe ai sauditi.
Ho una notizia importante da darvi sul conflitto in Yemen e l‘export di bombe ai sauditi. Non dimenticate mai che ci sono le guerre all’origine dei flussi migratori.
Gepostet von Luigi Di Maio am Donnerstag, 11. Juli 2019
![]()
© RIPRODUZIONE RISERVATA
L’8 e il 9 giugno andremo a votare cinque referendum. Perché votare Sì: ne parliamo con Raffaele Marras

Abbiamo chiesto a un esponente del Pd perché votare Sì ai Referendum. In un altro articolo abbiamo invece dato voce alle ragioni del No.
L’8 e il 9 giugno andremo a votare cinque referendum. Se ne sta parlando pochissimo e in tanti non conoscono neppure i quesiti. Per capire meglio cosa andremo a votare fra un mese abbiamo chiacchierato con Raffaele Marras, 34 anni, di Orosei. Appassionato di politica sin dal liceo, laurea in Economia a Firenze e un Master al Sant’Anna di Pisa.
Ha lavorato, come Project Manager, per Piaggio e Iveco. Negli anni in Toscana è stato Rappresentante degli studenti nel CdA dell’Università di Firenze, Segretario Regionale dei Giovani Democratici Toscana e Vice-Segretario del PD Firenze. Attualmente è membro della Direzione Nazionale PD. Da luglio scorso è in aspettativa dal suo lavoro e segue, come consulente, il progetto Einstein Telescope e le politiche giovanili per conto della Presidente Alessandra Todde.
Per prima cosa parliamo dei quesiti …
Partiamo dalla dichiarazione di voto: voterò convintamente 5 Sì. I referendum sono uno strumento democratico fondamentale, conquistato grazie all’impegno di milioni di cittadine e cittadini. Al centro ci sono il lavoro, oggi sempre più precario e meno tutelato, e il tema della cittadinanza. I quesiti sul lavoro mirano a: ripristinare il reintegro per i licenziamenti illegittimi, eliminare il tetto alle indennità nelle piccole imprese, contrastare l’abuso dei contratti a termine e rendere responsabili anche gli appaltanti in caso di infortuni. Tutti interventi di civiltà, per ricostruire una cultura del lavoro più giusta. Il quesito sulla cittadinanza riduce da 10 a 5 anni il tempo per poter richiedere la cittadinanza da parte degli stranieri che vivono e lavorano in Italia. Una riforma che tantissime persone attendono da anni.
C’è stata poca informazione e mobilitazione per convincere le persone ad andare a votare?
Assolutamente sì. C’è un tentativo, neanche troppo nascosto, da parte delle forze di maggioranza e della stampa di governo di tenere bassa l’attenzione su questi referendum. Altrimenti non si spiega la scelta di non accorparli con la gran parte delle elezioni amministrative di questa primavera che si tengono, ad eccezione della Sardegna, il 25 e il 26 maggio.
Quando un referendum non raggiunge il quorum è un fallimento per tutti o solo per chi lo ha promosso? Insomma, bisognerebbe andare a votare anche se si è contrari?
Il mancato raggiungimento del quorum è un fallimento per tutti. Il voto è uno strumento democratico che dobbiamo esercitare in ogni occasione possibile. Chi la pensa in modo contrario dovrebbe avere la forza e il coraggio di mobilitarsi per il No, non per l’astensione. Criticai aspramente il mio partito quando, nel 2016, propose l’astensione sul referendum sulle trivelle.
I quesiti sul mondo del lavoro se passassero risolverebbero molti dei problemi attuali?
Sono quesiti che puntano a ridare dignità al lavoro e a chi lavora. Favorirebbero un lavoro senza licenziamenti illegittimi, abrogando le norme che impediscono il reintegro a lavoro di chi è stato licenziato ingiustamente, un lavoro senza discriminazioni, abrogando le norme che facilitano i licenziamenti illegittimi nelle piccole imprese, un lavoro senza infortuni, abrogando le norme che impediscono di estendere la responsabilità al soggetto appaltante, e infine vite meno precarie, abrogando le norme che hanno liberalizzato l’utilizzo del lavoro a termine.
Riguardo la cittadinanza italiana come è possibile convincere chi non capisce l’importanza di questo cambio di passo? Perché conviene anche agli italiani un percorso più breve e certo per gli immigrati?
È una questione di civiltà. Chi vive e lavora in Italia da 5 anni ha il diritto di ottenere la nostra cittadinanza. Stiamo parlando di persone che lavorano con noi, vivono i nostri stessi problemi e difficoltà. E, soprattutto, pensiamo ai loro figli che, grazie a questa norma, vedranno estesa la cittadinanza ricevuta dai propri genitori. Non ci saranno più bambini italiani o stranieri, ma semplicemente bambini. Come è giusto che sia.
Per leggere le ragioni del No, invece, clicca qui

© RIPRODUZIONE RISERVATA