Pet Therapy: il progetto di Killia per aiutare 20 anziani di Cagliari e provincia. Ecco come votare
Aiutare gli anziani di Cagliari e provincia grazie al supporto della pet therapy: votando il progetto dell’Equipe Killia si avrà la possibilità di far vivere a 20 anziani un’esperienza unica, d’amore, supporto e grande aiuto. Aviva Community Fund offre la
Aiutare gli anziani di Cagliari e provincia grazie al supporto della pet therapy: votando il progetto dell’Equipe Killia si avrà la possibilità di far vivere a 20 anziani un’esperienza unica, d’amore, supporto e grande aiuto. Aviva Community Fund offre la possibilità di dare un sostegno economico per una causa importante: i progetti più votati raggiungeranno la finale e una giuria stabilirà il vincitore. Per votare ecco il link.
Descrizione del progetto
Il progetto è rivolto agli anziani fragili, attraverso un sostegno e supporto alla partecipazione attiva alla vita sociale e comunitaria, favorendo l’inclusione sociale attraverso la mediazione relazionale con il cane coterapeuta. La Coop Killia si propone come rete tra altri enti che si occupano del benessere della persona anziana, la Soc Coop Sociale Controvento e l’Associazione Alzheimer Cagliari. Il progetto di Educazione Assistita con il cane, si svolgerà a cadenza settimanale presso il domicilio di ogni utente e/o presso le aree verdi e pubbliche limitrofe. Socialità a 4 zampe è un attività incentrata sulle capacità relazionali del cane, che assume il ruolo di “co-terapeuta“ e facilitatore sociale; con l’obiettivo di rafforzare e garantire il benessere dei fruitori.
Per ogni utente si pianificherà un percorso ad hoc tenendo conto delle sue capacità ed esigenze personali, sia fisiche sia mentali sia sociali, le attività che potranno svolgersi riguarderanno l’area affettiva, ludica, cognitiva, psicomotoria, mantenendo come base l’ambito relazionale e sociale.Gli obiettivi generali di questo progetto sono: Supporto e sostegno alla vita e alle relazioni sociali;Inclusione sociale degli anziani;Sviluppo di nuove emozioni e ricordi legati al percorso con il cane (qui e ora);Promuovere autostima ed autoefficacia;Instaurare tra utente e cane una relazione gratificante sul piano emozionale, attraverso attività di cura, gioco;Stimolare le capacità motorie, con semplici attività di motricità fine e globale;Sostenere l’autostima attraverso il rapporto autorevole che si può stabilire con l’animale;Spezzare la solita routine;Miglioramento del benessere, e delle prestazioni cognitive e relazionali. E’ previsto un monitoraggio degli obiettivi attraverso la creazione di griglie in xls, verranno monitorati i cambiamenti e i benefici in tre tempi, iniziale, intermedio e finale per ogni partecipante, alla fine del progetto verrà realizzata una relazione finale per ogni utente.
Beneficiari del progetto
Saranno coinvolti 20 anziani della provincia di Cagliari e del Medio Campidano, ciascun partecipante sarà coinvolto in 8 incontri a cadenza settimanale, della durata ciascuno di un ora. Gli utenti coinvolti saranno anziani che vivono nella propria abitazione, sia soli sia con famigliari o collaboratori/badanti. La Coop Controvento e l’Associazione Alzheimer Cagliari saranno il punto forza per la ricerca degli utenti, in modo da rafforzare il progetto attraverso le informazioni dirette date dagli operatori che già conoscono ciascun utente.
Attività dell’organizzazione
L’Equipe Killia ha approfondito attraverso studi e percorsi formativi il mondo della relazione animale-uomo-natura. Sono presenti tutte le figure richieste dalla Normativa Regionale/Nazionale, sono coinvolti nei progetti esclusivamente i nostri cani e cavalli adeguatamente preparati con una propria pro-socialità verso le persone.
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Accadde oggi: il 18 maggio 1988 moriva Enzo Tortora. Il suo fu un caso clamoroso di errore giudiziario
#AccaddeOggi Il presentatore televisivo protagonista del più clamoroso errore giudiziario della storia italiana
Nell’agendina di Giuseppe Puca, noto come ‘o Giappone, camorrista napoletano c’era anche il suo nome: Enzo Tortora. Oggi ricorre l’anniversario della sua morte dopo una malattia devastante. Il suo calvario giudiziario divise l’Italia della politica, dello spettacolo e del giornalismo. Era il più popolare ma non l’unico nome di spicco di quel maxi blitz che alle prime luci dell’alba del 17 giugno 1983 segnò una svolta nella storia della Giustizia italiana, con 856 arresti in 33 province da Bolzano a Palermo.
Innocentisti e colpevolisti, con nomi illustri schierati dall’una e dall’altra parte, da quello di Camilla Cederna, sicura che si trattasse di un arresto eccellente, a quelli più prudenti di Enzo Biagi e Indro Montanelli, che, dopo un’iniziale tentennamento, presero posizione nettamente a favore del giornalista, autore e conduttore televisivo. In aiuto del quale intervenne con una campagna mediatica con pochi precedenti il partito radicale di Marco Pannella. Come riporta l’Agi, Tortora, sembrava essere scritto su quella agenda, accanto a un recapito telefonico che però ad un controllo risulta subito essere quello della di una sartoria e non quello di una abitazione o luogo di lavoro del presentatore di Portobello. È proprio la trasmissione più seguita d’Italia è stata in qualche modo il fulcro di un caso clamoroso di errore giudiziario cominciato quando il giudice istruttore Giorgio Fontana firma gli arresti, contestando a Enzo Tortora i reati di associazione a delinquere di stampo camorristico e traffico di droga. Sono le 4 del mattino quando i carabinieri portano in carcere il presentatore, esibendo a favore di telecamere l’uomo ammanettato.
Complessivamente, in quei movimentati sette mesi passati da Tortora in carcere e poi durante gli anni dei tre gradi di giudizio del processo, saranno 19 le persone che diranno di averlo visto spacciare droga, tra le quali il pittore Giuseppe Margutti, già con precedenti per truffa e calunnia, e la moglie Rosalba Castellini, che raccontano agli inquirenti di averlo visto cedere sostanze stupefacenti già negli studi di Antenna Tre. L’assoluzione, dopo una condanna in primo grado a 10 anni di carcere, in Corte d’Appello, arriverà con formula piena il 15 settembre 1986 e poi il sigillo della Cassazione il 1987. Il 18 maggio di un anno dopo Tortora muore. Muore senza sentire le scuse di Gianni Melluso, che le porgerà alle figlie in una intervista rilasciata all’Espresso nel 2010. Ma scuse non arriveranno da nessuno dei magistrati che contribuirono a quella incriminazione e carcerazione ingiusta.
“Con gli elementi a nostra disposizione, non potevamo fare altrimenti. L’arresto era obbligatorio, non esistevano i domiciliari. La famosa telefonata al numero dell’agendina di Puca, come è scritto negli atti, fu fatta subito e rispose una sartoria. C’erano, in quel momento, altri elementi d’accusa. Vanno sempre rispettati sentenze e processi. Da pm, ho solo fatto il mio lavoro in onestà e buona fede”, disse a Repubblica nel 2015 Felice Di Persia, insieme a Lucio Di Pietro pm nell’inchiesta Tortora. Che del processo mai aveva parlato prima perché “assistevo a strumentalizzazioni, spesso in cattiva fede, e disinformazione giudiziaria. Ho atteso l’assoluzione piena del Csm, che riconobbe l’onestà e la limpidezza professionale del nostro lavoro”. Quell’istruttoria comunque “fu importante nella lotta alla camorra, in anni di tremenda emergenza criminale”. Solo ora un altro dei magistrati che accusarono il presentatore, Diego Marmo, ha ammesso di aver avuto torto e ha chiesto scusa.
Eppure una perizia grafica aveva mostrato che quel nome sull’agendina di Puca era Tortona e non Tortora, un indizio che insieme al fatto che il numero telefonico corrispondeva a quello di una sartoria avrebbe dovuto mettere sull’avviso gli inquirenti. E poi c’era la faccenda dei centrini, quei centrini inviati da Pandico e altri detenuti a Pianosa alla redazione di Portobello perché fossero messi all’asta, per raggranellare denaro. Nel caos della redazione, i centrini si persero e Tortora, venuto a conoscenza del problema, invio a Pandico una lettera di scuse e ottocentomila lire al risarcimento. Sempre secondo la ricostruzione corrente di quel caso, Pandico sviluppò una forma di odio persecutorio nei confronti del presentatore e diede il via alla stura di dichiarazioni di pentiti che lo incastravano.
Proprio quelle dichiarazioni che Michele Morello, il giudice che ha riabilitato Tortora e permesso la sua assoluzione, ha passato ai raggi-x. Il suo racconto dell’inchiesta viene da una intervista a ‘La storia siamo noi’ trasmissione Rai. “Per capire bene come era andata la faccenda, ricostruimmo il processo in ordine cronologico – spiega – partimmo dalla prima dichiarazione fino all’ultima e ci rendemmo conto che queste dichiarazioni arrivavano in maniera un po’ sospetta. In base a ciò che aveva detto quello di prima, si accodava poi la dichiarazione dell’altro, che stava insieme alla caserma di Napoli. Andammo a caccia di altri riscontri in Appello, facemmo circa un centinaio di accertamenti. Di alcuni non trovammo riscontri, di altri trovammo addirittura riscontri a favore dell’imputato. Anche i giudici, del resto, soffrono di simpatie e antipatie. E Tortora, in aula, fece di tutto per dimostrarsi antipatico, ricusando i giudici napoletani perché non si fidava di loro e concludendo la sua difesa con una frase pungente: ‘Io grido: “Sono innocente”. Lo grido da tre anni, lo gridano le carte, lo gridano i fatti che sono emersi da questo dibattimento! Io sono innocente, spero dal profondo del cuore che lo siate anche voi’“.
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