Sfera Ebbasta a Cagliari: il “trapper” da record arriva in Sardegna
In attesa del suo nuovo tour, che a partire da aprile toccherà gran parte della penisola, Sfera Ebbasta arriva in Sardegna per un doppio appuntamento: sabato 24 febbraio alle 17.30 sarà ospite al Centro Commerciale Auchan Olbia, mentre domenica 25,
In attesa del suo nuovo tour, che a partire da aprile toccherà gran parte della penisola, Sfera Ebbasta arriva in Sardegna per un doppio appuntamento: sabato 24 febbraio alle 17.30 sarà ospite al Centro Commerciale Auchan Olbia, mentre domenica 25, sempre alle 17.30, replicherà l’evento al Centro Commerciale Auchan Cagliari Santa Gilla.
I fan di Sfera Ebbasta potranno conoscere il loro idolo dal vivo e farsi firmare le copie del suo nuovo CD “Rockstar”, già certificato disco di platino e in vetta alla classifica italiana di Spotify. Per accedere al firmacopie sarà necessario ritirare il pass, riservato unicamente ai possessori del cd acquistato nei punti vendita riportati sulle locandine dei due Centri Commerciali. Per ottenere il pass basta presentarsi dalle ore 10 della mattina dell’evento al punto desk nelle due Gallerie presentando il cd con lo scontrino d’acquisto. Tutte le fotografie scattate con Sfera Ebbasta si potranno scaricare dalla pagina facebook dei due Centri.
Sfera Ebbasta è il fenomeno musicale del momento. E’ un rapper, anzi un trapper (genere rap con utilizzo di elettronica e autotune) che fa numeri record. Per i ragazzi della fascia di età 13- 18 anni è un punto di riferimento assoluto. Gionata Boschetti, in arte Sfera Ebbasta, anni 25 (26 a dicembre), cresciuto nella periferia milanese, a Cinisello Balsamo. Radici modeste ma esplosiva passione per la musica rap (soprattutto quella americana) che ha generato un prodigio. I suoi primi video hanno cominciato a circolare su YouTube intorno al 2012 e le visualizzazioni si sono rapidamente moltiplicate fino a superare il milione. Da lì è stata una escalation assoluta.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nell’800 a Montevecchio le prostitute arrivavano da Parigi. Un tragico fatto le portò ad andarsene
Dopo la metà dell'800 la miniera di Montevecchio contava più di mille operai ed era la più grande del Regno d'Italia. Il denaro, tra gli impiegati non mancava, tanto che un gruppo di prostitute francesi, vi si trasferì per lavorare, ma un triste fatto di cronaca, le costrinse a rimpatriare.
In un articolo della storica e antropologa Grazia Villani intitolato “Calamine e sollazzi”, si legge che intorno al 1860, un gruppo di prostitute provenienti dalla Francia si stabilì a Montevecchio, dove si costituì una vera e propria casa di tolleranza. Le prostitute ufficialmente figuravano come delle lavoratrici e la Direzione che era al corrente della vera attività svolta dalle donne, la condannava formalmente. In realtà però tollerava la presenza di queste prostitute che probabilmente contribuivano a tenere calmi gli animi degli uomini impiegati nella miniera.
Non bisogna dimenticare infatti che a metà dell’800 la miniera di Montevecchio da cui si estraevano i minerali per la produzione del piombo, contava mille e cento operai ed era la più grande del Regno d’Italia. La vita della miniera si svolgeva nella più rigida divisione per classi sociali e si cercava in tutti modi di evitare contatti, anche nei momenti di svago, tra gli operai e le loro famiglie praticamente tutti sardi e gli impiegati, i dirigenti, gli ingegneri e gli altri tecnici, per lo più giovani e “forestieri”. Gli impiegati che lavoravano a Montevecchio per periodi limitati, difficilmente si facevano accompagnare dalla famiglia.
Probabilmente la presenza delle prostitute serviva ad evitare che qualche impiegato potesse “insediare” le donne degli operai suscitando tensioni sociali. Ma nel 1869, accadde un terribile fatto di cronaca: vicino a uno dei capannoni che ospitavano i dormitori dei lavoratori fu trovato il corpicino di un neonato, nato vivo e poi strangolato. La notizia si diffuse e ne nacque uno scandalo che spinse la Direzione a decidere di mandare via le prostitute e chiudere la casa di tolleranza semiclandestina. Iride Peis, autrice di diversi testi su Montevecchio e sulle sue donne, nel suo libro “Voci di donna nella collina di Genna Serapis” si ispira all’articolo di Grazia Villani per raccontare questa circostanza in maniera romanzata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA