Mutui agevolati Prima Casa: pubblicato il bando della Regione
È stato pubblicato il bando per la concessione di contributi per la costruzione, l’acquisto e il recupero della prima casa. I finanziamenti, concessi indistintamente ai cittadini che ne facciano domanda per interventi in tutto il territorio regionale, consistono nella concessione
È stato pubblicato il bando per la concessione di contributi per la costruzione, l’acquisto e il recupero della prima casa. I finanziamenti, concessi indistintamente ai cittadini che ne facciano domanda per interventi in tutto il territorio regionale, consistono nella concessione di un mutuo da parte di due Istituti di credito: Banco di Sardegna e Banca Intesa Sanpaolo. L’importo del finanziamento, che non può superare i 120.000 euro, ha una durata trentennale, venticinquennale, ventennale, quindicennale o decennale e sarà possibile il pagamento di rate semestrali posticipate costanti (mutui a tasso fisso) o variabili (mutui a tasso variabile).
La domanda dovrà essere presentata solamente uno dei coniugi o una delle parti dell’unione civile, o il convivente more uxorio. Può inoltre presentare domanda un altro componente del nucleo familiare che sia maggiorenne e non a carico di altri ai fini fiscali. Le “giovani coppie” non ancora coniugate o unite civilmente devono contrarre matrimonio o costituire unione civile entro un anno dalla data di presentazione della domanda alla Regione. La domanda, in bollo, deve essere inviata tramite raccomandata postale semplice (Assessorato Regionale dei Lavori Pubblici – Servizio Edilizia Pubblica, viale Trento 69 – Cagliari) o tramite Pec ([email protected]).
Il bando è stato preparato rispettando le nuove direttive approvate dalla Giunta a marzo scorso, con l’obiettivo di garantire condizioni più favorevoli per i cittadini, dopo la rescissione delle convenzioni in atto nel dicembre precedente. Tre le caratteristiche nuove del bando: sarà riaperto ogni 6 mesi in modo da consentire agli istituti bancari che lo volessero di inserirsi, in modo da ampliare l’offerta a favore dei cittadini; le banche saranno obbligate ad accettare la richiesta di rinegoziazione dei mutui da parte del cliente, mentre finora era appannaggio delle stesse banche decidere se concederlo oppure no. Terzo aspetto, legato al precedente, il cliente ha diritto alla rinegoziazione purché ne faccia richiesta almeno ogni 5 anni.
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Nell’800 a Montevecchio le prostitute arrivavano da Parigi. Un tragico fatto le portò ad andarsene
Dopo la metà dell'800 la miniera di Montevecchio contava più di mille operai ed era la più grande del Regno d'Italia. Il denaro, tra gli impiegati non mancava, tanto che un gruppo di prostitute francesi, vi si trasferì per lavorare, ma un triste fatto di cronaca, le costrinse a rimpatriare.
In un articolo della storica e antropologa Grazia Villani intitolato “Calamine e sollazzi”, si legge che intorno al 1860, un gruppo di prostitute provenienti dalla Francia si stabilì a Montevecchio, dove si costituì una vera e propria casa di tolleranza. Le prostitute ufficialmente figuravano come delle lavoratrici e la Direzione che era al corrente della vera attività svolta dalle donne, la condannava formalmente. In realtà però tollerava la presenza di queste prostitute che probabilmente contribuivano a tenere calmi gli animi degli uomini impiegati nella miniera.
Non bisogna dimenticare infatti che a metà dell’800 la miniera di Montevecchio da cui si estraevano i minerali per la produzione del piombo, contava mille e cento operai ed era la più grande del Regno d’Italia. La vita della miniera si svolgeva nella più rigida divisione per classi sociali e si cercava in tutti modi di evitare contatti, anche nei momenti di svago, tra gli operai e le loro famiglie praticamente tutti sardi e gli impiegati, i dirigenti, gli ingegneri e gli altri tecnici, per lo più giovani e “forestieri”. Gli impiegati che lavoravano a Montevecchio per periodi limitati, difficilmente si facevano accompagnare dalla famiglia.
Probabilmente la presenza delle prostitute serviva ad evitare che qualche impiegato potesse “insediare” le donne degli operai suscitando tensioni sociali. Ma nel 1869, accadde un terribile fatto di cronaca: vicino a uno dei capannoni che ospitavano i dormitori dei lavoratori fu trovato il corpicino di un neonato, nato vivo e poi strangolato. La notizia si diffuse e ne nacque uno scandalo che spinse la Direzione a decidere di mandare via le prostitute e chiudere la casa di tolleranza semiclandestina. Iride Peis, autrice di diversi testi su Montevecchio e sulle sue donne, nel suo libro “Voci di donna nella collina di Genna Serapis” si ispira all’articolo di Grazia Villani per raccontare questa circostanza in maniera romanzata.
© RIPRODUZIONE RISERVATA