Seminfermità mentale confermata per don Pascal Manca, prete di Mandas, accusato di aver abusato sessualmente di alcuni minori durante il suo sacerdozio nel paese del Sarcidano. Lo ha confermato questa mattina il giudice per le udienze preliminari del Tribunale di Cagliari Ermengarda Ferrarese.

Secondo la perizia i farmaci utilizzati da don Pascal per combattere una sindrome precoce del morbo di Parkinson causavano in lui forti impulsi tra i quali l’ipersessualità. I reati imputati sono risalenti al periodo in cui don Pascal era parroco a Mandas.

Per stabilire quanto i farmaci abbiano influito nella condotta del giovane parroco bisognerà attendere la datazione dello stato di seminfermità mentale. Il 23 marzo, nella prossima udienza di un processo che si sta svolgendo con rito abbreviato, sarà sentito uno dei due ragazzini di Mandas che hanno denunciato il prete.

Donne sarde, donne di carattere. Lo si dice spesso e a volte la storia interviene a corroborare questa tesi. Un primato in rosa molto particolare spetta infatti a una donna sarda, Grazia Pinna, cagliaritana residente in Toscana. Nel febbraio del 1979 passò alla storia per essere stata la prima donna arbitro d’Italia.

Come racconta un articolo de L’Unione Sarda del 14 febbraio 1979, Grazia Pinna, precedentemente commessa della Rinascente di Cagliari, dal «corpo minuto e gli occhi intensi», si era trasferita dal 1962 in Toscana per seguire il marito, un pasticciere, poi scomparso prematuramente. Allora 35enne, vedova e madre con due figli, fu scelta ufficialmente dall’Uisp per arbitrare partite di calcio.

Un primato conteso però da altre donne, tutte sarde o con legami con la Sardegna. Quando infatti uscì la notizia di Grazia Pinna, una 32enne di Guspini cresciuta a Terralba ed emigrata a Roma, Agnese Carta, raccontò di aver arbitrato da più tempo per conto della Fia. Come lei altre due donne, Placida Marrosu, anche lei sarda, e Paola Oddi, romana, ma sposata con un uomo di Bitti. Tutte in realtà arbitravano match da diversi anni. L’eccezionalità di Grazia Pinna fu proprio il riconoscimento da parte dell’Uisp, allora ancora negato dalla Figc, autorità competente per le altre tre donne.

Di chiunque sia stato il primato, una cosa è certa: per “mettere la gonnella” a un arbitro ci voleva per forza di cose una sarda.