“Fermiamoci ad Abbasanta per un caffè”, la sosta lungo la SS 131 che per noi sardi era molto più che una pausa
Abbasanta, un piccolo simbolo di quella Sardegna che si muoveva più lentamente, ma forse si incontrava di più.
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Quante volte lo abbiamo detto. Quante volte lo abbiamo sentito dire. Una frase semplice, quasi banale, eppure per ogni sardo è una piccola madeleine della memoria: basta pronunciarla per evocare viaggi lunghi, incontri inattesi, mattine d’estate e rientri al tramonto. Per chi non è isolano, forse, quelle parole non dicono molto. Per noi, invece, racchiudono un intero modo di vivere la strada.
Abbasanta, certo, è un paese dell’Oristanese. Ma per generazioni di viaggiatori è stata soprattutto un luogo di passaggio: il punto in cui la statale 131 — la dorsale che taglia la Sardegna da sud a nord — offriva finalmente una sosta. Niente autostrade, niente aree di servizio distribuite a intervalli regolari. Solo quel bar, quella pompa di benzina e quella promessa di ristoro nel bel mezzo dell’Isola.
Fino almeno a venticinque anni fa, quel caffè ad Abbasanta è stato un rito condiviso. Che si salisse da Cagliari verso il nord o si scendesse da Sassari o Olbia verso il sud, il punto di sosta era sempre lui, immobile e fidato. Un autogrill primordiale, sì, ma per noi molto di più: un crocevia di vite. Lì si incontravano amici per caso, ci si sorprendeva nel vedere un parente diretto chissà dove, si radunavano i compagni di viaggio quando si partiva in più auto. Prima che Google Maps ci dicesse dove andare e quanto mancasse all’arrivo, Abbasanta era il nostro GPS emotivo: ci si fermava, si controllava la strada, si scambiavano racconti, ci si riconnetteva con il mondo.
Oggi è diventata una delle tante aree di servizio — poche, in verità, rispetto al panorama nazionale — in una Sardegna che nel 2025 ancora attende la sua prima autostrada. E forse un giorno arriverà davvero. Ma nulla potrà cancellare ciò che Abbasanta ha rappresentato: un luogo del cuore, una pausa obbligata che profumava di caffè, benzina e appartenenza. Un piccolo simbolo di quella Sardegna che si muoveva più lentamente, ma forse si incontrava di più. Perché ci sono posti che non sono solo luoghi: sono memoria. E Abbasanta, per i sardi, resterà sempre così.
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