«Sono stato io»: Emanuele Ragnedda confessa. E’ lui ad aver ucciso Cinzia Pinna

L’imprenditore vinicolo gallurese cede dopo ore di interrogatorio: indicato il luogo dove era nascosta la giovane scomparsa l’11 settembre. Tentata fuga in gommone, poi il fermo.
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Un drammatico epilogo per la scomparsa di Cinzia Pinna, 33 anni, di Castelsardo. Dopo giorni di ricerche e sospetti, è arrivata la confessione di Emanuele Ragnedda, 41 anni, imprenditore vinicolo della Gallura: «L’ho uccisa io».
Il racconto è emerso durante un lungo interrogatorio nella caserma dei carabinieri di Palau, alla presenza del procuratore di Tempio Pausania Gregorio Capasso e della pm Noemi Mancini. Ragnedda ha infine rivelato il luogo dove aveva occultato il corpo: all’interno della tenuta Conca Entosa, tra Palau e Arzachena, azienda fondata dallo stesso imprenditore. Sul posto i Ris di Cagliari hanno rinvenuto i resti della giovane e tracce di sangue nell’abitazione.
La posizione del 41enne si era aggravata già in mattinata, quando aveva tentato la fuga a bordo di un gommone partito da Cannigione: l’imbarcazione è stata ritrovata danneggiata e Ragnedda fermato poco dopo nella sua residenza.
Figlio di una delle famiglie più note dell’imprenditoria gallurese, con alle spalle un impero vinicolo ereditato dal padre e poi venduto ai Bonomi, Ragnedda aveva costruito un marchio di lusso, Conca Entosa, con bottiglie di vermentino dal valore record di 1500 euro.
Proprio nei locali della sua azienda avrebbe incontrato Cinzia l’ultima volta, la sera della sua scomparsa. Ora le indagini, in una fase cruciale, puntano a ricostruire cosa sia accaduto quella notte dell’11 settembre e a chiarire ogni dettaglio dell’omicidio.

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