Le scalze di Cabras, il cammino delle donne custodi di San Salvatore

Il passo antico delle scalze: la memoria delle donne di Cabras. Ogni settembre, il ritmo della loro marcia ridà voce a una storia che unisce generazioni.
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Cabras ha rinnovato anche quest’anno una delle tradizioni religiose più suggestive della Sardegna: la festa di San Salvatore, iniziata il 29 agosto e conclusa questa mattina, lunedì 8 settembre. Una celebrazione secolare che affonda le radici nella leggenda del 1619, quando gli abitanti del Sinis salvarono la statua del Santo dalle incursioni moresche con una corsa a piedi nudi.
Ma ad aprire i festeggiamenti, come da tradizione, sono state le donne di Cabras, le “scalze”, custodi silenziose di un rito che unisce fede e identità. Prima dell’alba, tra le mura domestiche, mamme e nonne hanno preparato figlie e nipoti: capelli raccolti sotto il fazzoletto, camicia bianca stretta dal corpetto variopinto e gonna dalle pieghe verticali, segno di un costume semplice ma carico di storia.
Sono state circa trecento le scalze che hanno mosso i primi passi dalla chiesa di Santa Maria, avviandosi lungo su Camminu de su Santu, il percorso di oltre sette chilometri che conduce al villaggio di San Salvatore. Incedendo a ritmo cadenzato, tra canti e preghiere, hanno dato vita a una processione densa di spiritualità, percorsa sotto il sole e la polvere delle strade sterrate.
L’arrivo al borgo campestre è stato salutato dallo scoppio dei petardi e dagli Is Coggius, antichi inni in lingua sarda che hanno accompagnato l’ingresso della statua nel santuario. Qui il simulacro è rimasto fino a oggi, quando le scalze lo hanno ricondotto a Cabras, chiudendo il cerchio di una festa che intreccia memoria, fede popolare e protagonismo femminile.

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