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C’è un luogo nel cuore della Sardegna dove l’estate prende la forma di una cesta intrecciata, di un tappeto tessuto con pazienza, di un coltello inciso a mano, di una brocca che racconta storie. Questo luogo è Mogoro, ed è qui che ogni anno prende vita la Fiera dell’Artigianato Artistico della Sardegna, un appuntamento che da oltre sessant’anni celebra la bellezza, la manualità e la creatività dei maestri artigiani dell’isola. Quest’anno, la 64° edizione, ha aperto le sue porte il 19 luglio e accoglierà tutti i suoi appassionati fino al 14 settembre.
Un appuntamento che non è solo un evento, ma un’esperienza: un viaggio nel tempo e nel sapere, dove ogni oggetto non è mai solo un prodotto, ma una dichiarazione d’amore verso la propria terra. La 64ª edizione si apre sotto il segno di un tema che è già una promessa: “La continuità che include”, un invito a custodire le radici senza paura di aprirsi al nuovo, a costruire ponti tra le generazioni, a rendere l’artigianato non solo tradizione, ma strumento vivo di coesione, crescita, partecipazione. Ed è proprio da questa visione che nasce il progetto grafico dell’edizione 2025, firmato da Roberto Pia, e l’allestimento curato dal Dipartimento di Architettura dell’Università di Cagliari, capace di creare uno spazio che è insieme accogliente, essenziale e narrativo.
Nei 2.500 metri quadri del Centro Fiera del Tappeto, si snoda un percorso espositivo che ospita 114 artigiani selezionati, in rappresentanza di 13 settori dell’artigianato artistico sardo: ceramica, tessitura, coltelleria, intaglio, intreccio, lavorazione dei metalli e del cuoio. A ogni passo, ci si immerge in un racconto fatto di materiali naturali, di tecniche antiche tramandate con orgoglio, di nuove contaminazioni che sanno di futuro. Le mani esperte degli artigiani lavorano in silenzio, ma parlano forte: raccontano la Sardegna più autentica, quella che non si lascia dimenticare.
Entrare nella Fiera dell’Artigianato Artistico della Sardegna è come varcare la soglia di un museo vivente, dove ogni stand è una storia, ogni oggetto è una voce, ogni artigiano è un custode. Qui la ceramica prende le forme morbide e i colori decisi della terra, del cielo, del fuoco. I tessuti raccontano secoli di gesti ripetuti con devozione, in telai che suonano come strumenti musicali. Le lame affilate dei coltelli riflettono la maestria antica dei coltellinai, mentre il cuoio inciso profuma di pascoli e stagioni lente. Ogni materiale è scelto con rispetto, ogni tecnica è un patrimonio tramandato, ogni innovazione è un atto d’amore verso la tradizione. L’atmosfera è quella di un incontro silenzioso tra il visitatore e l’opera, dove l’oggetto non si espone per essere venduto, ma per essere compreso. Qui l’artigianato non è souvenir, è identità. E la Sardegna non è solo un’isola: è una voce plurale che si esprime con l’intreccio, la tessitura, la forgiatura, la pazienza.
La Fiera non è mai uguale a sé stessa: evolve, si adatta, cresce insieme al territorio. È un punto di riferimento non solo per chi lavora con le mani, ma per chi cerca nel fare artigiano una risposta alle domande del presente. In questo scenario non possono mancare percorsi formativi, laboratori e momenti di confronto con il mondo del design e della cultura visiva.
Ma la Fiera di Mogoro non è solo uno spazio espositivo: è il cuore di un ecosistema culturale più ampio, che vibra in tutta la comunità. Attorno ad essa, si sviluppa infatti l’Estate Mogorese, un cartellone ricco di appuntamenti, con oltre trenta eventi tra musica, danza, teatro, sport, arte e letteratura. “Abbiamo voluto costruire un programma in cui ogni iniziativa fosse uno spazio di accoglienza, di incontro, di scoperta – spiega Alex Cotogno, assessore alla Cultura – e soprattutto che fosse inclusiva e trasversale, perché non esiste vera cultura se non è per tutti. Abbiamo pensato a chi cerca bellezza, a chi ha bisogno di leggerezza, ma anche a chi porta con sé una fragilità e merita di essere visto, ascoltato, coinvolto”.
Tra tutti gli appuntamenti spiccano il festival jazz Pedras et Sonus, le rassegne teatrali curate dalla compagnia Tragodia, gli spettacoli dell’Accademia della Musica Sarda e il grand finale con l’osservazione del cielo stellato del sito archeologico di Cuccurada. Un’estate che racconta l’identità di Mogoro anche attraverso le voci degli autori, i laboratori per bambini e la poesia improvvisata dei poeti sardi.
Tutto questo è reso possibile da una rete di realtà locali, associazioni, artisti e volontari che fanno di Mogoro un laboratorio di cultura diffusa. “È da questa energia condivisa che nasce qualcosa di più grande – continua l’assessore Cotogno – una comunità che crede nella cultura come forza generativa. Il nostro desiderio è che Mogoro sia per tutti un luogo in cui sentirsi accolti e protagonisti, perché sono questi i frammenti che costruiscono la memoria collettiva. Sono questi i semi che, nel tempo, fanno crescere una comunità. Perché la cultura è una forma di cura: verso noi stessi, verso gli altri, verso la comunità in cui viviamo”.

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