“Fiera di essere sarda”: la storia di Sara Janet, oggi star delle fiction senegalesi, tra Dakar e l’amore per la Sardegna

Dalla Sardegna al Senegal, la doppia anima di Sara Jane: l'attrice italo-sarda che ha conquistato il piccolo schermo africano.
C’è un filo rosso, anzi, bianco e rosso come la bandiera sarda, che lega ogni tappa della vita di Sara Janet Capelletti: da Bergamo a Dakar passando per Macomer, Bonorva e la nostalgia. Una vita vissuta tra continenti, lingue, mestieri e passioni, ma con la Sardegna nel cuore, come punto fermo.
“Sono nata al nord, ma mi sento profondamente sarda. È la mia terra. La porto dentro ogni giorno, anche se sono lontana.” Il suo accento è un mix armonico di culture. Il suo sguardo è quello di chi ha attraversato tanto, senza mai perdere la propria identità. Oggi è un volto noto in Senegal, dove vive con il marito Mam gor e i figli. Attrice di successo nelle serie televisive in lingua wolof e francese, insegna danza orientale da oltre 15 anni, riconosciuta dal CONI. È anche direttrice commerciale nelle aziende di famiglia e consulente per investimenti nel settore agricolo. Ma tutto ha radici profonde.
“Mio padre, originario di Bergamo, si trasferì in Sardegna da ragazzo per lavoro e lì si innamorò di mia madre, una bellissima donna di Macomer. La Sardegna è la mia casa ancestrale: Bonorva, Macomer, Ittiri… È il cuore pulsante della mia identità.” Fin da piccola, Sara Janet respira un’aria multiculturale: i genitori avevano lavorato negli anni ’70 e ’80 in Algeria, Iran e Arabia, e in casa giravano cassette di musica araba e africana. Una commistione che si riflette anche nella sua passione per la danza, il teatro e la storia.
“Ascoltavamo musica mediorientale, ma anche i suoni della tradizione sarda. La musica, da sempre, è il mio ponte tra le culture.” Dopo studi in ambito turistico e commerciale, inizia a lavorare come ballerina e modella. Incontra suo marito – senegalese – in un American lounge bar che gestiva nel suo paese. Si innamorano, si sposano, costruiscono una famiglia multiculturale.
“All’inizio non avevo intenzione di trasferirmi in Africa. Avevamo già provato nel 2011, ma durò solo quattro mesi. Tornai in Italia per una gravidanza, pensando alla stabilità dei figli. Ma nel 2017, in vacanza in Senegal, abbiamo deciso: restiamo.” A Dakar la vita le offre una nuova possibilità artistica: inizia a recitare, torna sul palcoscenico, gira fiction e serie comiche. In una di queste, in un momento di improvvisazione, lancia un’espressione in sardo: “Ho cantato ‘Procurade e moderade’. Perché la Sardegna viene sempre con me, ovunque. Non potrei fare altrimenti.”
Nel frattempo, gestisce attività con il marito, madre di quattro figli che crescono trilingui e con un amore radicato anche per l’isola. “Loris, il mio primogenito, mi chiedeva già da piccolo: ‘Mamma, è vero che ho sangue sardo?’. Mi scioglievo. E rispondevo: ‘Eccome se ce l’hai, e che sangue!’” “Sophie assomiglia a mia nonna Antioca, che purtroppo ci ha lasciati. Una donna forte, come tutte le nonne sarde. Isabel, la più piccola, sa le filastrocche e canta in sardo. Li educo all’amore per le loro radici.”
Dal 2018, non ha più rimesso piede in Sardegna. Ma quest’estate spera di tornarci, con tutta la famiglia. E sogna un futuro condiviso tra le sue due patrie: sei mesi in Africa, sei mesi sull’isola. “Io e mio marito stiamo valutando l’acquisto di un terreno. Lui ha un debole per Alghero, ma vuole scoprire il sud. È rimasto incantato dalla Sardegna fin dalla sua prima vacanza.”
Il suo legame con l’isola è più che affettivo. È viscerale. “Mi commuovo sentendo una launeddas. A volte ho paura di dimenticare, per questo racconto, canto, mostro foto ai miei figli. Non voglio che vada perduto nulla del nostro patrimonio.”
Sara Janet non nasconde le difficoltà vissute in vari contesti: episodi di pregiudizio, stereotipi, sia in Italia che in Africa. Ma li affronta con lucidità e senza vittimismo. “Da piccola mi chiamavano ‘la figlia della sarda’, come se non avessi un nome. Mio marito e i miei figli hanno affrontato situazioni simili, ma abbiamo sempre risposto con positività.” “Il razzismo vero esiste, ma spesso si tratta di ignoranza. In Senegal ho trovato accoglienza e senso comunitario. Qui la gente si aiuta, interviene se serve, non si gira dall’altra parte.”
E conclude con un proverbio sardo che fa il paio con uno senegalese: “In Africa si dice: ‘La mamma degli imbecilli è sempre incinta’. In Sardegna: ‘Chentu concas, chentu berritas’. Il mondo è vario, ma l’importante è scegliere sempre l’amore e il rispetto.”
Fiera delle sue origini sarde e bergamasche, grata all’Italia e profondamente riconoscente al Senegal, Sara Janet Capelletti è il ritratto autentico di un’identità multipla ma coerente. Una donna che vive tra due mondi, senza perdere il filo delle radici. E che oggi, con la sua voce pubblica, costruisce un ponte culturale fatto di memoria, arte e umanità.

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