Addio a Carola Dessena, anima sognatrice e luminosa con il cuore diviso tra Milano e la sua amata Sardegna

È stata una malattia rara, rarissima, a strapparla alla vita nel giro di pochi mesi. Così rapida e silenziosa da non lasciare il tempo nemmeno di darle un nome fino a un mese prima della fine.
Carola Dessena se n’è andata in silenzio, come chi non vuole disturbare. Ma il suo addio ha fatto rumore. Un rumore profondo, sordo, che scava dentro e lascia un vuoto difficile da spiegare. Aveva 44 anni. Era metà sarda, per via di suo padre, e metà come la mamma di Milano, dove era nata e cresciuta. Ma della Sardegna era innamorata fino in fondo, come solo chi la sente davvero può esserlo: ogni estate tornava sull’Isola per ritrovarsi, respirare, lasciarsi attraversare dal maestrale e accarezzare dal sole.
È stata una malattia rara, rarissima, a strapparla alla vita nel giro di pochi mesi. Così rapida e silenziosa da non lasciare il tempo nemmeno di darle un nome fino a un mese prima della fine. Una corsa contro il tempo persa in partenza, con un destino crudele che ha voltato le spalle proprio nel momento in cui tutto sembrava ancora possibile.
Carola era un’anima in cammino, sempre alla ricerca. Insegnava latino, con la passione di chi ama le parole e il pensiero profondo. Suonava, cantava con la voce delicata di un usignolo e la forza di chi ha molto da dire. Amava la musica folk, i cani, i libri, l’arte e i suoi studenti a cui insegnava con dolcezza e determinazione. Viveva una vita piena, fatta di sogni da inseguire e di venti da attraversare — proprio come il maestrale che tanto amava, mai uguale a sé stesso, mutevole, libero.
Durante l’ultimo saluto, è stata la voce della sua mamma a raccontare Carola nella verità più profonda:
“Mai mi sarei immaginata di trovarmi qui oggi, mentre ti allontani per sempre con la tua valigia piena di sogni, speranze disattese, un lungo percorso ancora da fare… Nina, mi manca già il tuo bel viso e voglio dimenticare invece tutto il dolore che ho visto attraversare i tuoi occhi grandi ed espressivi nei giorni crudeli della malattia. Voglio ricordare il coraggio con cui hai combattuto, l’amore con cui hai vissuto.
Carola avrebbe voluto chiamarsi Selvaggia, come le anime indomabili, fiere, dolci e ribelli. Come lei.
E selvaggia, nel senso più bello e puro del termine, lo è stata davvero: nei suoi sogni mai abbandonati, nelle note che faceva vibrare, nelle estati vissute sotto il cielo della sua amata Sardegna.
A chi resta, non resta che il ricordo, forte e tenero, di una donna capace di lasciare una traccia gentile nel cuore di chi l’ha conosciuta. E una promessa, sussurrata nel vento: “Aspettami…che prima o poi ti raggiungerò al mare”.
Addio Carola, e grazie per aver lasciato un po’ della tua luce in questo mondo.

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