La terribile storia di Vanda Serra, la giovane rapita e uccisa nel 1925 ad Aidomaggiore

Una vicenda macabra e inquietante di cento anni fa che ancora fa gelare il sangue per le modalità e lo scopo dell'assassinio.
La terribile storia di Vanda Serra, la giovane rapita e uccisa nel 1925 ad Aidomaggiore.
Una vicenda macabra e inquietante di cento anni fa che ancora fa gelare il sangue per le modalità e lo scopo dell’assassinio.
La tragica vicenda di Vanda Serra, rapita e brutalmente uccisa nel 1925 ad Aidomaggiore, è uno di quei casi che, anche a distanza di un secolo, continuano a scuotere le coscienze, lasciando una scia di orrore e dolore difficile da cancellare. Un fatto reale, tremendo, radicato nella memoria collettiva della Sardegna e in quella più profonda di un paese intero. È il 7 gennaio del 1925, quando, in una fredda sera d’inverno, la giovane Vanda sparisce nel nulla. Ha solo dodici anni. È la figlia di Giuanne Serra, il podestà del paese, un uomo potente, autoritario, temuto, ma anche profondamente legato alla sua bambina. Nessuno si aspetta che qualcosa possa accadere a una figura così importante, eppure l’impensabile accade. La ragazzina scompare senza lasciare traccia. Le ricerche partono subito, disperate. Si setaccia ogni casa, ogni stalla, ogni angolo nascosto del villaggio. Vanda sembra svanita nel nulla, come risucchiata da un abisso oscuro. Le voci si rincorrono, qualcuno giura di averla vista poco prima della scomparsa, qualcuno dice di averla salutata. Bella, alta per la sua età, vivace, amata da tutti. Poi, un silenzio sempre più denso. Arriva persino una richiesta di riscatto. Ma della bambina, nessuna traccia. Giuanne Serra vive ore interminabili, dilaniato dal terrore, dalla rabbia, dalla sensazione che qualcosa di terribile sia successo. E ha ragione.
Solo il giorno dopo, quando ormai la speranza vacilla, qualcuno propone di estendere le ricerche alle case rimaste inspiegabilmente escluse. In particolare, quella di alcune donne legate alla chiesa e dell’uomo di Dio del paese, il prete Giovanni Spanu. Ed è proprio nella casa di Peppa Rosa Ziulu, una donna molto vicina al sacerdote, che si fa la scoperta più agghiacciante: sotto un lenzuolo, c’è il corpo martoriato della piccola Vanda. È lei. E il gelo si diffonde in tutto il paese. Il cadavere presenta ferite, segni di strangolamento, colpi d’ascia. Il male ha preso forma concreta. E ha un volto. Peppa Rosa e il prete avevano architettato tutto. Una storia d’amore proibito tra due persone travolte dalla brama di denaro e dal desiderio di fuggire. Volevano scappare in America, inseguendo un sogno distorto: in quel continente lontano, immaginavano di poter vivere liberamente, persino sposarsi. Ma per realizzare il loro piano servivano soldi. E chi meglio del podestà del paese, Giuanne Serra, l’uomo ricco per eccellenza, poteva fornirli? Così hanno pensato a Vanda. Un ostaggio. Una leva per ottenere ciò che volevano. E quando le cose sono sfuggite di mano, hanno scelto la via più brutale.
Il racconto dell’omicidio è raccapricciante. Vanda aveva capito che c’era qualcosa di sbagliato. Ha tentato di fuggire. È stata trattenuta con forza. Il prete le ha coperto la bocca, Peppa Rosa le ha stretto il collo. Credevano fosse morta, ma si è risvegliata, con uno sguardo perduto nell’orrore e una forza disperata negli occhi. Così hanno deciso di finirla. Con s’istrale – un’accetta – le hanno inferto il colpo finale. Uno spruzzo di sangue ha investito la donna. Un gesto definitivo, irreversibile. Una bambina assassinata per soldi, per un piano insano, per l’illusione di una vita diversa.
Antonio Delitala ha raccontato questa vicenda nel libro L’amante del prete, frutto di un’indagine meticolosa, nonostante la quasi totale scomparsa degli atti giudiziari. La sua ricerca, compiuta negli Archivi di Stato di Cagliari e Oristano, ha portato alla luce frammenti, una sentenza del 1927 che fa riferimento a una precedente annullata dalla Cassazione. Delitala si affida anche alla voce dei cantastorie, come Costantinu Cadone e Francesco Uselli, e ai ricordi della gente del posto. E costruisce così un racconto che è cronaca, ma anche memoria collettiva, per impedire che l’orrore venga dimenticato.
E poi c’è la storia di Vanda prima di quella tragica notte. Una storia che parte nel 1912, quando Giuanne Serra, già maturo e solitario, si invaghisce di una giovane maestra arrivata in paese. Lei ha vent’anni, lui il doppio. È bella, desiderata, e lui pensa che il denaro possa compensare tutto. La sposa. Lei accetta, attratta dalla sicurezza che un uomo ricco e potente può darle. Da quel matrimonio nasce Vanda, l’unica figlia legittima. Gli altri due figli della donna, frutto di una relazione clandestina col direttore del caseificio, non sono suoi. Quando Giuanne scopre il tradimento, caccia la moglie e tiene con sé solo Vanda. Lei diventa il suo unico affetto, la sua luce. Perde tutto, ma non perde lei. Fino a quel giorno maledetto. Quando anche Vanda sparisce, è come se il cuore di quell’uomo, duro e granitico, si spezzasse. Per sempre.
Il caso di Aidomaggiore rimane un esempio crudele di quanto in basso possa cadere l’essere umano, quando è accecato da desideri distorti. È una storia che non ha il sapore della leggenda, ma il peso della verità. E che ancora oggi, a distanza di cento anni, fa rabbrividire per la ferocia, la freddezza e la tragica assurdità.

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