Dopo sette anni di onorato servizio, la Guardia di Finanza di Cagliari ha detto addio a Demon, il pastore belga Malinois specializzato nella ricerca di sostanze stupefacenti. Il fedele compagno dell’Appuntato Scelto Lorenzo Cadelano si è spento nei giorni scorsi a causa di una malattia incurabile, lasciando un grande vuoto tra le Fiamme Gialle e la comunità.

Nato nel 2018, Demon aveva affrontato un intenso percorso di addestramento della durata di un anno presso il Centro di Allevamento e Addestramento Cinofilo di Castiglione del Lago (PG). Qui aveva dimostrato eccezionali capacità, superando con successo le selezioni e diventando uno dei cani antidroga più efficienti in servizio. Il legame con il suo conduttore, maturato giorno dopo giorno, si era trasformato in una sintonia perfetta, rendendoli una squadra affiatata e inarrestabile.

Attivo nella lotta al traffico di droga, Demon era una presenza familiare nei controlli presso il porto, l’aeroporto e le strade della città e della provincia di Cagliari. Grazie al suo fiuto infallibile, ha contribuito a numerose operazioni di contrasto agli stupefacenti, collaborando non solo con la Guardia di Finanza ma anche con altre Forze di Polizia. Tra i successi più rilevanti si ricordano il ritrovamento, nel settembre 2022, di sei chili di cocaina nascosti in un doppiofondo all’interno di un’autovettura, e, pochi mesi dopo, l’individuazione di un cittadino nigeriano all’aeroporto di Elmas che trasportava oltre un chilo di eroina ingerita sotto forma di ovuli. Oltre ai sequestri di droga, il suo lavoro ha portato alla segnalazione di numerose persone per detenzione di sostanze stupefacenti.

Ma Demon non era solo un cane da lavoro. “Di lui ci piace ricordare anche il suo lato più umano”, raccontano commossi i finanzieri. Il suo carisma e la sua energia lo hanno reso protagonista di numerose attività di sensibilizzazione, in particolare nelle scuole della provincia di Cagliari, nell’ambito del programma “Educazione alla legalità economico-finanziaria”. Un ricordo particolarmente emozionante è legato alla sua ultima dimostrazione pubblica, avvenuta nel settembre 2024 presso il reparto di pediatria dell’ospedale “G. Brotzu” di Cagliari. In quell’occasione, con le sue abilità e la sua simpatia, ha regalato momenti di gioia e sorrisi ai piccoli pazienti ricoverati.

Le Fiamme Gialle di Cagliari lo salutano con affetto e riconoscenza: “Un grande omaggio a Demon, finanziere a quattro zampe che ha reso onore al Corpo, servendo la collettività con dedizione e coraggio”.

In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.