Una triste notizia ha scosso la comunità di Mandas: Suor Enrica Boi, originaria di Orroli, si è spenta all’età di 101 anni e 7 mesi. Figura amatissima e rispettata, Suor Enrica ha dedicato la sua lunga vita al servizio del prossimo e alla fede, rappresentando un esempio di dedizione e amore per la sua comunità. La sua presenza era un punto di riferimento, e il suo ricordo rimarrà impresso nei cuori di chi l’ha conosciuta.

Foto di Pierino Vargiu

La comunità di Orroli, suo paese natale, e quella di Mandas si stringono nel dolore per questa perdita, celebrando però al contempo la straordinaria esistenza di una donna che ha saputo lasciare un’impronta indelebile.

Le esequie saranno un momento di raccoglimento e di preghiera, un’occasione per onorare la memoria di una vita vissuta con umiltà e spirito di servizio. Suor Enrica lascia un’eredità spirituale che continuerà a ispirare chi l’ha amata e seguita nel suo cammino.

Ringraziamo per lo scatto e le preziose informazioni il fotografo dei centenari sardi Pierino Vargiu e la moglie Angela Mereu.

In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.

L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.

Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.

Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.