Lo sapevate? Chi è “su priogu resuscitau”?

Il sardo campidanese, si sa, è una lingua che non lesina in creatività. Colorita, diretta e spesso spassosamente tagliente, offre espressioni capaci di inchiodare una persona al suo destino con un semplice detto. E tra le perle linguistiche che il cagliaritano ci regala, spicca l’arguta definizione de "su priogu resuscitau".
Lo sapevate? Chi è “su priogu resuscitau”?
Il sardo campidanese, si sa, è una lingua che non lesina in creatività. Colorita, diretta e spesso spassosamente tagliente, offre espressioni capaci di inchiodare una persona al suo destino con un semplice detto. E tra le perle linguistiche che il cagliaritano ci regala, spicca l’arguta definizione de “su priogu resuscitau”.
Partiamo col dire che non si tratta di un complimento. La frase, tipica del cagliaritano e in particolare del quartiere storico di Stampace, ha anche una variante campidanese che aggiunge un tocco di invocazione divina: Dio ce ne scampi de su poburu arricchiu! Tradotto: “Dio ci salvi dal povero arricchito”. Un’espressione che, pur senza mezzi termini, ci introduce al meraviglioso mondo di quei personaggi che, partiti da condizioni di estrema modestia, hanno poi fatto il salto sociale e, per dirla alla sarda, “si sono montati la testa”.
Chi è quindi su priogu resuscitau? È colui o colei che, dopo anni di ristrettezze economiche, ha finalmente raggiunto un certo benessere. Ma, anziché goderselo con discrezione, si trasforma in una caricatura di sé stesso: altezzoso, presuntuoso, e – ironia della sorte – spesso intollerante proprio verso chi, come lui, ha conosciuto la povertà. Insomma, un povero di spirito con il portafoglio pieno.
I difetti attribuiti a su priogu resuscitau sono numerosi e, ahimè, universalmente riconoscibili. C’è la grettezza d’animo, quella fastidiosa mania di guardare tutti dall’alto in basso. C’è la tirchieria, travestita da “oculatezza”, che lo porta a contare i centesimi anche quando non ce n’è bisogno. E poi c’è quell’incredibile talento per il razzismo di classe, che lo spinge a guardare con disgusto chi non è riuscito a fare il grande salto, dimenticando – con una rapidità che ha dell’incredibile – da dove viene.
Il vero capolavoro, però, è l’atteggiamento perennemente rigido, quasi militaresco, nei confronti del proprio patrimonio. Case, terreni, conti in banca: tutto diventa oggetto di un’attenzione quasi maniacale. Come se la nuova ricchezza fosse sempre sull’orlo di svanire nel nulla. E guai a chiedergli un favore o un aiuto economico: su priogu resuscitau è l’incarnazione vivente del detto “chi ha, tiene”.
Certo, si potrebbe obiettare che dietro questa “evoluzione sociale” c’è un passato di sacrifici e privazioni. E forse è proprio da qui che nascono certi atteggiamenti: il timore di perdere tutto e tornare indietro. Ma questo non basta a risparmiargli le frecciate dei cagliaritani, che con il loro linguaggio pungente e ironico sanno come colpire nel segno.
Quindi, la prossima volta che vi imbattete in qualcuno che incarna questo profilo, ricordate: state incontrando un vero e proprio monumento alla scalata sociale. Con tutti i pregi – pochi – e i difetti – tanti – che ne derivano. E magari, con un sorriso sardonico, lasciate che sia il sardo campidanese a dire quello che state pensando: Dio ce ne scampi de su priogu resuscitau!

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