Lo sapevate? Cosa vuol dire l’espressione sarda “Su Connottu”?

Il termine sardo "Su connottu" significa letteralmente "il conosciuto", ma la sua portata semantica va ben oltre il semplice significato linguistico. Scopriamo quale
Il termine sardo su connottu significa letteralmente “il conosciuto”, ma la sua portata semantica va ben oltre il semplice significato linguistico. Esso evoca un richiamo profondo alle tradizioni, alla memoria collettiva e al sistema di vita che le comunità rurali della Sardegna, in particolare della Barbagia e dell’Ogliastra, consideravano essenziali per la loro sopravvivenza e identità. Questo concetto divenne simbolo di una delle pagine più drammatiche e significative della storia sociale sarda: la rivolta del 1868 per il ritorno al sistema comunitario di gestione dei terreni.
L’abolizione degli usi comunitari fu introdotta in Sardegna durante la dominazione sabauda, attraverso una serie di riforme mirate a privatizzare i terreni pubblici e comunali. Tra queste, l’editto delle Chiudende del 1820 rappresentò un momento di rottura. Questo provvedimento, finalizzato a recintare e privatizzare le terre, stravolse il sistema tradizionale basato sull’ademprivio, che garantiva alle comunità locali il diritto di utilizzare i terreni demaniali per il pascolo e il legnatico.
In aree come la Barbagia e l’Ogliastra, dove l’agricoltura di sussistenza e l’allevamento erano le principali fonti di sostentamento, tali riforme generarono profondi squilibri sociali ed economici. La vendita dei terreni comunali alienò le risorse fondamentali per la sopravvivenza delle famiglie, accrescendo il malcontento e il senso di ingiustizia.
Il 26 aprile 1868, a Nuoro, scoppiò una rivolta popolare con il motto Torrare a su connottu (“Tornare al conosciuto”), che riassumeva le richieste dei ribelli: il ripristino dell’antico sistema comunitario di gestione delle terre. Guidati dalla carismatica figura di Paskedda Zau, una donna simbolo del malcontento popolare, i rivoltosi assaltarono il municipio e bruciarono i documenti relativi alla compravendita delle terre comunali.
Questo atto non fu soltanto una manifestazione di rabbia, ma un chiaro rifiuto del nuovo sistema economico imposto dallo Stato italiano, percepito come estraneo e oppressivo. Il connottu rappresentava, per i rivoltosi, un modo di vivere in equilibrio con il territorio e le sue risorse, una struttura di gestione collettiva che assicurava la sopravvivenza e la coesione sociale.
La rivolta di Nuoro si inserì in un contesto di tensioni diffuse in tutta l’isola. Sebbene le autorità cercassero di reprimere il movimento, l’evento ebbe una risonanza tale da spingere il governo italiano a istituire una Commissione parlamentare di indagine, presieduta da Agostino Depretis, per studiare le condizioni sociali ed economiche della Sardegna.
Nonostante i tentativi di figure come Quintino Sella di sensibilizzare il Parlamento sui problemi dell’isola, le richieste delle popolazioni rurali caddero nel vuoto. La vendita dei terreni comunali proseguì, segnando un ulteriore distacco tra le istituzioni e le comunità sarde.
Il grido Torrare a su connottu è oggi simbolo di una battaglia identitaria che va oltre l’episodio storico. Esso rappresenta la resistenza di una cultura millenaria contro l’imposizione di modelli economici e sociali percepiti come estranei. Il concetto continua a essere evocato in Sardegna come richiamo alla tutela del territorio, alla solidarietà comunitaria e al rispetto per le tradizioni.
L’episodio del 1868 ricorda che i cambiamenti sociali ed economici imposti dall’alto possono essere vissuti come un’aggressione se non tengono conto delle specificità locali. Su connottu rimane un monito per preservare il legame tra le comunità e la loro terra, un valore universale che trascende i confini della Sardegna.

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