Lo sapevate? Perché Giuseppe Garibaldi scelse di vivere il resto dei suoi giorni in Sardegna e a Caprera?

L'Eroe dei due mondi ha girato paesi e continenti in un periodo in cui spostarsi non era certo semplice come oggi. Ma perché scelse e amò Caprera e la Sardegna?
Lo sapevate? Perché Giuseppe Garibaldi scelse di vivere il resto dei suoi giorni in Sardegna e a Caprera?
L’Eroe dei due mondi ha girato paesi e continenti in un periodo in cui spostarsi non era certo semplice come oggi. Ma perché scelse e amò Caprera e la Sardegna?
Giuseppe Garibaldi, noto come l’Eroe dei due Mondi, è stato un uomo che ha attraversato il mondo in lungo e in largo, protagonista di imprese straordinarie che hanno segnato la storia dell’Italia e non solo. Le sue battaglie, le sue lotte per l’indipendenza e la sua visione di una nazione unita lo hanno portato ad affrontare innumerevoli sfide, da un continente all’altro. Eppure, nonostante le sue gesta eroiche e l’eco mondiale del suo nome, Garibaldi ha scelto di trascorrere i suoi ultimi anni in un luogo sorprendentemente remoto e pacifico: l’isola di Caprera, una piccola terra sperduta nel cuore del Mediterraneo, in Sardegna. Ma cosa ha spinto un uomo così straordinario a scegliere un angolo tanto appartato per il suo ritiro? Cos’era in questa piccola isola che lo attirava, e cosa rappresentava per lui questo angolo di Sardegna, lontano dai riflettori e dalla frenesia della vita pubblica? La risposta non è solo una questione di tranquillità e solitudine, ma di un legame profondo con la natura e con la sua terra, un luogo che divenne la sua casa e il simbolo della sua libertà, lontano dalle guerre e dalle battaglie che avevano caratterizzato la sua vita.
Dopo aver fatto praticamente il giro del mondo, combattendo battaglie e guidando rivoluzioni, Garibaldi decise di ancorarsi in un luogo che, almeno all’epoca, sembrava ai più poco più di un angolo remoto e dimenticato del Mediterraneo. Tornato in Europa dopo le sue avventure americane, trascorse un po’ di tempo nella sua città natale, Nizza, prima di imbarcarsi su un piccolo bastimento chiamato “Esploratore” e girare per il Mediterraneo. E fu proprio durante uno di questi viaggi che, per caso o per destino, finì spinto dalle correnti e dai venti verso le Bocche di Bonifacio, trovandosi davanti Caprera.
Si racconta che durante una tempesta, per cercare riparo, attraccò nell’arcipelago della Maddalena. E da lì fu amore a prima vista: con i risparmi accumulati e una piccola eredità, nel 1856 comprò una parte dell’isola di Caprera. Alcuni amici gli avevano suggerito posti più “prestigiosi”, come Capo Testa o il Golfo di Arzachena, ma lui no, lui aveva messo gli occhi su quel pezzetto di terra selvaggia, povera e bellissima. Un po’ come Garibaldi stesso, semplice, ma pieno di vita.
Molti si chiesero perché un uomo così famoso, abituato a vivere tra grandi città e immense distese, avesse scelto una piccola isola sperduta. E la risposta, forse, sta proprio nel suo cuore da sognatore e avventuriero. Garibaldi amava le cose semplici, la natura, il mare, e le isole lo affascinavano per la loro purezza. Caprera, per lui, non era solo un rifugio, ma una sorta di porto sicuro, lontano dalle chiacchiere politiche, dagli intrighi di corte e dai problemi del mondo.
Dopo l’epopea dell’Unità d’Italia, Garibaldi tornò a Caprera come si torna a casa, stanco, ma non sconfitto. Molti videro nel suo ritorno una fuga, una sconfitta dopo aver ceduto il potere a Vittorio Emanuele. Ma per Garibaldi, quel ritorno fu una vittoria. Abbandonò le armi e si dedicò a una nuova vita da agricoltore. Certo, non tutto fu facile: da grande generale si trovò a fare il muratore e il manovale, con risultati… beh, non proprio impeccabili! Si racconta che durante i lavori per costruire la sua casa, dovette lasciare il comando a un muratore locale perché la cazzuola gli dava più problemi che la spada. E fu lì che Garibaldi, abituato a guidare battaglie, pronunciò con un sorriso la famosa parola: “Obbedisco!”
Caprera divenne il suo mondo. Con i suoi animali, i suoi campi e i suoi ricordi, Garibaldi trovò un equilibrio tra la frugalità dell’isola e la sua voglia di avventura. I cavalli Borbone e Marsala, che lo avevano accompagnato durante la campagna del 1860, li lasciò liberi a Caprera, un gesto simbolico che rifletteva il suo profondo legame con la natura. E mentre curava il suo orto o zappava i campi, Garibaldi diventava sempre di più un simbolo vivente di semplicità e pace.
Nonostante il suo desiderio di una vita tranquilla, l’isola non rimase a lungo isolata. Ammiratori, curiosi, amici e politici cominciarono a visitarlo, trasformando Caprera in una meta di pellegrinaggio. Alcuni volevano solo uno sguardo a quel leggendario eroe, mentre altri, come emissari del governo, cercavano di capire cosa pensasse davvero quell’uomo così diverso dagli altri potenti del tempo.
Garibaldi, però, rimase fedele a sé stesso. Non si lasciò mai incantare dal lusso o dalle lusinghe della politica. Nella sua casa semplice, bianca e quasi spoglia, viveva con modestia, lavandosi da solo le camicie e cucendo vestiti per chi ne aveva bisogno. E andava in parlamento non vestito da gran signore, ma con abiti semplici, quasi da gaucho, come a voler ribadire che la vera libertà non aveva bisogno di sfarzi.
Insomma, Garibaldi a Caprera non era più il generale che guidava gli eserciti, ma l’uomo che coltivava la terra e viveva in pace con se stesso e con la natura. La sua grandezza non stava solo nelle sue battaglie, ma nella sua capacità di restare umile e semplice. Caprera, proprio come Garibaldi, era una piccola isola, modesta, ma straordinaria. E il loro incontro ha creato una leggenda che, ancora oggi, ci fa sorridere e riflettere.

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