Lo sapevate? Chi è Mommotti, la figura temuta (più o meno) da tutti gli over 35 quando erano bambini?

Chi è (o chi era) Mommotti, il personaggio che a più riprese ha spaventato generazioni di bambini dai tempi che furono a, anno più, anno meno, ai giorni nostri? Alternato all'uomo nero veniva evocato nei momeni più "opportuni" dai genitori per far placare i figli più indisciplinati.
Lo sapevate? Chi è Mommotti, la figura temuta (più o meno) da tutti gli over 35 quando erano bambini?
Chi è (o chi era) Mommotti, il personaggio che a più riprese ha spaventato generazioni di bambini dai tempi che furono a, anno più, anno meno, ai giorni nostri? Alternato all’uomo nero veniva evocato nei momeni più “opportuni” dai genitori per far placare i figli più indisciplinati.
Nel ricco tessuto del folklore sardo, poche figure hanno lasciato un’impronta così indelebile come Mommotti, conosciuto anche come Tziu Bobbotti. Questo personaggio enigmatico e temuto ha attraversato generazioni, diventando un pilastro dell’educazione informale nell’isola, particolarmente per coloro che oggi hanno superato i 35 anni.
Mommotti non era un semplice spauracchio, ma una presenza quasi tangibile nell’immaginario dei bambini sardi. La sua evocazione da parte dei genitori era un potente strumento di controllo comportamentale. La semplice frase “Guarda che chiamo Mommotti” aveva il potere di trasformare istantaneamente il più turbolento dei bambini in un modello di obbedienza.
L’aspetto di Mommotti variava nella mente di ogni bambino, ma alcuni tratti ricorrenti emergevano dalle descrizioni: una figura maschile dall’aspetto minaccioso, spesso barbuto, avvolto in un mantello scuro che ne celava i contorni. La sua presenza era percepita ovunque: sotto i letti, negli armadi, o in agguato nelle ombre fuori dalla finestra, pronto a rapire i bambini disobbedienti.
L’origine di questa figura è avvolta nel mistero, alimentando diverse teorie. La più accreditata fa risalire il nome “Mommotti” a una storpiatura di Mohammed, riferendosi a un temuto corsaro arabo che, durante il periodo dei giudicati sardi, terrorizzava le coste dell’isola con le sue incursioni, prendendo di mira principalmente i bambini. Un’altra ipotesi collega il nome alla famiglia Marotta, tristemente nota per una serie di crimini efferati, inclusi rapimenti, durante l’epoca napoleonica in Sardegna.
Mommotti non era l’unica figura utilizzata per disciplinare i bambini; spesso si alternava con l’Uomo Nero, una figura simile presente in molte culture. Tuttavia, Mommotti aveva una connotazione particolarmente sarda, radicata nella storia e nelle tradizioni dell’isola.
L’efficacia di Mommotti come strumento educativo risiedeva nella sua capacità di suscitare paura senza essere eccessivamente traumatico. I bambini, pur temendolo, lo percepivano come una presenza quasi familiare, un guardiano notturno dell’ordine domestico.
Con il passare del tempo e l’evoluzione delle pratiche educative, l’uso di Mommotti come deterrente è gradualmente diminuito. Tuttavia, la sua figura persiste nella memoria collettiva sarda. Oggi, gli adulti che da bambini tremavano al suo nome lo ricordano con un misto di nostalgia e divertimento, riconoscendolo come parte integrante della loro infanzia e della cultura isolana.
La persistenza di Mommotti nel folklore sardo offre interessanti spunti di riflessione sull’evoluzione delle pratiche educative e sul ruolo della narrazione nell’educazione infantile. Mentre in passato figure come Mommotti erano ampiamente accettate come strumenti educativi, oggi si tende a privilegiare approcci basati sul dialogo e la comprensione.
Nonostante ciò, Mommotti rimane un elemento significativo del patrimonio culturale sardo. La sua figura è stata tramandata di generazione in generazione, adattandosi ai cambiamenti sociali ma mantenendo intatta la sua essenza di guardiano dell’ordine e della disciplina infantile.
In conclusione, Mommotti rappresenta più di un semplice strumento disciplinare del passato. È un pezzo di storia culturale sarda, un elemento che ha contribuito a plasmare l’identità collettiva di generazioni di isolani. La sua persistenza nella memoria e nel linguaggio quotidiano testimonia la forza delle tradizioni orali e la loro capacità di adattarsi e sopravvivere nel tempo, continuando a influenzare, seppur in modo diverso, anche le generazioni attuali.

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