Lo sapevate? Nel 1948 un commando di banditi assaltò la direzione della miniera di Ingurtosu e rubò l’equivalente di un milione di euro

Quella sera, all’interno della cassaforte della direzione della miniera di Ingurtosu (Arbus) vi erano ben 19 milioni di lire, in contanti e assegni (l’equivalente a circa un milione di euro), le paghe destinate ai minatori. Nel conflitto a fuoco morirono il giovanissimo Carabiniere Giulio Speranza e il Capo delle guardie di Miniera Vincenzo Caddeo.
Lo sapevate? Nel 1948 un commando di banditi assaltò la direzione della miniera di Ingurtosu e rubò l’equivalente di un milione di euro.
Quella sera, all’interno della cassaforte della direzione della miniera di Ingurtosu (Arbus) vi erano ben 19 milioni di lire, in contanti e assegni (l’equivalente a circa un milione di euro), le paghe destinate ai minatori. Nel conflitto a fuoco morirono il giovanissimo Carabiniere Giulio Speranza e il Capo delle guardie di Miniera Vincenzo Caddeo.
La rapina del secolo a Ingurtosu: un episodio oscuro del dopoguerra sardo
Nel febbraio del 1948, la tranquilla comunità mineraria di Ingurtosu, nel cuore della Sardegna, fu teatro di un evento drammatico che sarebbe passato alla storia come “la rapina del secolo”. Questo audace colpo non solo scosse la piccola località, ma mise in luce le tensioni sociali e le difficoltà economiche che caratterizzavano l’immediato dopoguerra nell’isola.
Il contesto storico
Nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale, la Sardegna stava vivendo una fase di lenta ripresa economica, con il settore minerario che rappresentava una fonte vitale di occupazione e reddito per molte famiglie. Ingurtosu, con la sua miniera che dava lavoro a circa mille persone, era un microcosmo di questa realtà.
La notte della rapina
La sera del 9 febbraio 1948, alle 18:45, un gruppo di nove malviventi armati e parzialmente mascherati assaltò il Palazzo della Direzione della Miniera di Ingurtosu. Il loro obiettivo era la cassaforte contenente le paghe dei minatori: 19 milioni di lire tra contanti e assegni, equivalenti a circa un milione di euro odierni.
L’assalto fu rapido e violento, pianificato con precisione per massimizzare il bottino e minimizzare i rischi. Tuttavia, l’operazione non si concluse senza spargimento di sangue.
Eroi caduti in servizio
Durante il conflitto a fuoco che ne seguì, persero la vita due uomini: il giovane Carabiniere Giulio Speranza e il Capo delle guardie di Miniera Vincenzo Caddeo. Il sacrificio di Speranza, in particolare, divenne simbolo del coraggio e della dedizione al dovere.
Giulio Speranza: un eroe ventitreenne
Originario di Sois (Belluno), Giulio Speranza aveva solo 23 anni quando perse la vita quella tragica sera. Arruolatosi nei Carabinieri nel 1946, era stato assegnato alla stazione di Ingurtosu appena 26 giorni prima della rapina.
Nonostante fosse stato ferito mortalmente durante lo scontro, Speranza riuscì a colpire uno degli assalitori prima di soccombere. Le sue ultime parole, riportate dai testimoni, riflettono un senso del dovere straordinario: “Maresciallo, sono contento di morire perché ho fatto tutto quello che potevo. Mi spiace solo di non aver potuto impedire che quei vigliacchi mi portassero via il mitra.”
Le indagini e il contesto sociale
L’efferato crimine scosse non solo Ingurtosu, ma l’intera regione del Medio Campidano. Le forze dell’ordine si mobilitarono immediatamente, con i Carabinieri di Ingurtosu, Guspini e Iglesias in prima linea nelle indagini.
L’episodio si inserisce nel più ampio contesto del fenomeno del banditismo sardo, una piaga sociale che affliggeva l’isola in quel periodo. Omicidi, rapine su commissione e traffico d’armi erano reati comuni in una Sardegna che faticava a riprendersi dalle ferite della guerra.
Un ricordo indelebile
Il coraggio di Giulio Speranza non è stato dimenticato. Decorato con la Medaglia d’Argento al Valor Militare alla memoria, il suo nome è stato dato alla Caserma dei Carabinieri di San Gavino Monreale e a una via della sua città natale, Sois.
La rapina di Ingurtosu rimane un episodio oscuro della storia sarda del dopoguerra, un promemoria delle sfide che l’isola ha dovuto affrontare nel suo cammino verso la modernità. Allo stesso tempo, il sacrificio di uomini come Giulio Speranza serve a ricordare il valore e la dedizione di coloro che, anche nei momenti più bui, hanno scelto di servire e proteggere la comunità.

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