Cagliari si anima con la rassegna estiva di musica, teatro e animazione

Dal primo agosto al 9 settembre in nove piazze cittadini va in scena “Si muove la città”. Presentato il programma alla MEM dal sindaco Zedda con le assessore Chiappe e Giua Marassi
La Mediateca del Mediterraneo (MEM) ha ospitato la presentazione della “Rassegna estiva di musica, teatro, animazione”, un’iniziativa culturale concepita per arricchire il programma estivo cittadino che coinvolge 9 piazze e luoghi simbolo di Cagliari con una serie di spettacoli ed eventi dal primo agosto sino al 9 settembre 2024.
Alla conferenza stampa di presentazione di “Si muove la città”, questo il titolo scelto per la rassegna prendendo spunto dalla canzone di Lucio “La sera dei miracoli”, sono intervenuti il sindaco di Cagliari, Massimo Zedda, e l’assessora alla Cultura, spettacolo e turismo, Maria Francesca Chiappe, con la collega di Giunta, Luisa Giua Marassi, titolare dell’Ecologia urbana, ambiente e verde pubblico. Tutti hanno sottolineato l’importanza di questa iniziativa per la valorizzazione di Cagliari e per offrire opportunità di svago e arricchimento culturale alle cittadine e cittadini, turisti e visitatori.
“Questa rassegna risponde a quelle esigenze di diffusione di cultura nel territorio della città, sotto vari profili: libri, sport, musica, teatro, film, animazione per adulti e per bambini”, ha scandito il sindaco Zedda durante il suo intervento, spiegando le difficoltà incontrate per reperire risorse, in una “corsa contro il tempo”. La cultura è uno strumento essenziale per il progresso e la coesione sociale, e la volontà dell’Amministrazione comunale è di portare avanti la collaborazione con tutti gli operatori locali, perché “possa dispiegarsi nell’arco di 365 giorni”.
L’assessora Chiappe ha aggiunto: “La rassegna inizia il primo di agosto e finisce il 9 settembre, in 9 diverse piazze di Cagliari, con un criterio legato alla diversità dei quartieri dove verranno realizzate questi eventi e sopratutto con il coinvolgimento di artisti locali”.
La rassegna prevede un calendario di appuntamenti con artisti locali e non solo, del calibro di Giorgio Porrà, Massimiliano Medda, Flavio Soriga, Riccardo Milani, Fabio Marceddu, Salvatore Mereu, Jacopo Cullin e Paolo Zucca, i maestri della Scuola civica di Musica di Cagliari e altri, che incontreranno il pubblico nei Giardini sotto le mura, all’ExMa, al Parco della Musica, al Bastione di Saint Remy, a Giorgino, in piazzetta Aquilino Cannas, all’ex Vetreria di Pirri, nel Cortile Sant’Eulalia e in piazza Paese di Seui.
“Gli spettacoli saranno accessibili a tutti gratuitamente”, ha puntualizzato l’assessora Maria Francesca Chiappe, spiegando nei dettagli il programma, con particolare attenzione alle famiglie e ai giovani, per coinvolgere un pubblico ampio e diversificato.
Questa iniziativa conferma il ruolo di Cagliari come polo culturale multicentrico, capace di proporre in tutto il suo territorio eventi di alta qualità e di attrarre anche visitatori e turisti provenienti da diverse aree geografiche.

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Quando non c’era il grano, si mangiava Su Pan’Ispeli: conoscete il pane antico della Sardegna?

Citato da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.
In Sardegna, il pane non è mai stato solo cibo. È sempre stato simbolo, rito, ingegno. Tra i tanti pani che affollano la straordinaria tradizione sarda – dal carasau al civraxiu, dal frattau al pistoccu – ce n’è uno che affonda le radici in un tempo così lontano da sembrare mitico: Su Pan’Ispeli, il pane di ghianda. Citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.
Questo alimento antico risale al Neolitico e nasce in un contesto di fame e sopravvivenza. Quando il grano scarseggiava, le donne sarde guardavano alle querce, generose di ghiande mature. La raccolta era attenta: si sceglievano solo quelle ben sviluppate, simbolo di forza e nutrimento. Ma non bastava raccoglierle: le ghiande andavano sbucciate, lessate e poi depurate con un rituale tanto antico quanto affascinante.
L’acqua della bollitura veniva filtrata attraverso uno strato composto da argilla, erbe aromatiche e cenere. Questo non solo serviva a eliminare le sostanze amare e tossiche, ma aveva anche un significato profondamente spirituale. In epoca primitiva, in Sardegna era fortissimo il culto della Dea Madre, divinità della terra e della vita. L’argilla, considerata il suo sangue, aveva un valore sacro: cibarsi di quel pane significava ricevere protezione ultraterrena e conquistarsi un posto nell’aldilà.
Una volta cotte e purificate, le ghiande venivano ridotte in una sorta di “polenta” densa, modellata in pezzi, poi asciugata lentamente al sole o nel forno. Il risultato era un pane dal colore scuro, quasi nero cenere, con un sapore intenso e inaspettatamente gradevole. Nonostante la sua origine umile, Su Pan’Ispeli era tanto apprezzato che continuò a essere preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni ’50 del Novecento.
Oggi, il pane di ghianda è quasi scomparso, ma resta uno dei simboli più potenti dell’ingegno e della spiritualità antica della Sardegna: un cibo che nutriva il corpo e, secondo chi lo preparava, anche l’anima.

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