La saggezza di un popolo attraverso “Is dicius antigos”: ecco alcuni tra i più conosciuti e usati
Nella tradizione sarda, questi detti sono tramandati oralmente, spesso oscuri e simbolici, presenti anche nella musica e nella poesia, e rappresentano una forma di saggezza popolare che attraversa le generazioni. Vediamone alcuni insieme
A cura di Rita Coda Deiana
“A s’istranzu no abbaidare mai sa bértula”.
“Al forestiero non guardare mai la bisaccia”.
Quante volte abbiamo sentito ripetere questo diciu in Sardegna?+
E’ uno dei tanti proverbi che riguarda la cultura dell’ospitalità del popolo sardo. Per un sardo non è importante se un ospite si presenta a mani vuote a casa propria, perché l’ospite è sempre sacro e gradito, anche senza doni. Già nel lontano passato i popoli ricorrevano all’utilizzo dei proverbi per muovere il volgo a favore dello stato, in alcuni casi, realizzando dei veri e propri codici del lieto vivere. Molti di questi proverbi devono le loro origini alle divinità, alla mitologia, ai fenomeni, alla storia, ai popoli, alle città e agli istinti degli animali.
Ci sono proverbi che nascono dalla satira, altri dalle iperbole. Ma quelli che più si distinsero in quest’arte, utilizzando delle vere scienze per professione in proverbi, furono i Greci che li utilizzarono negli oracoli per voce dei sapienti, dettando brevi motti o sentenze che avvertivano ed attiravano gli uomini alla virtù. I proverbi, tanto erano venerati che venivano trascritti nelle porte dei templi, nelle pubbliche strade, piazze, nelle colonne di marmo o cippi.
Aristotele li chiamò assiomi, Ippocrate le chiamò brevi sentenze. Tanti altri filosofi appellarono i proverbi, paremie, ossia detti di strada. Altri li chiamarono parabole, simboli od enimmi perché sotto la loro lettera nascondevano altre sentenze, ma dai Latini vennero appellati proverbia perché si utilizzavano con un altro senso. I proverbi sono antichi quanto il mondo e riguardano il tempo passato, presente e futuro e possono istruire ogni uomo collocato sotto qualunque rapporto. La teologia e l’etica degli antichi era basata sui proverbi.
Con questo artificio gli antichi ci hanno tramandato la scienza pratica che costituisce la sapienza dei popoli. Tutto quello che serve al miglioramento dell’uomo fu trattato dai sapienti con brevi sentenze e poi tramandato a noi con quella verità che s’addice alla sapienza dei medesimi. I proverbi tendono all’istruzione dell’uomo, all’apprendimento della verità, al carattere dei medesimi, a cui tendono quelle frasi che poi sono poste in proverbio.
Ne sono un esempio le locuzioni sarde: “si jughet a diciu” (si porta in proverbio), “bene narat su diciu” (dice bene il proverbio), “diciu antigu non errat” (proverbio antico non sbaglia) e simili.
Dall’epiteto antico si rivela la verità dei proverbi, quasi volendone citare le autorità. In breve i patriarchi, profeti e filosofi spiegavano tutto il loro sapere per essere tramandato e anche perché a quei tempi, non a tutti era possibile l’uso della scrittura e della lettura. Così is dicius sardi, sono basati sui fatti e sugli esempi, i quali muovono più che i precetti, più dalla natura che dall’arte dove l’animo è repentinamente compreso dalla verità.
“Caddu curridore, zóvanu bellu, e omine ismagliátzu, duran pagu”.
“Cavallo corridore, giovane bello, ed uomo prepotente poco durano”.
“S’omine ‘onu faeddat in cara”.
“L’uomo onesto parla in faccia”.
“Omine solu non est bonu a neúnu”.
”Uomo isolato/solo, non è buono per nessuno”.
“Omine sabiu non chircat fattos anzenos”.
“Uomo perbene non cerca i fatti di altri”.
“Omine in domo, pane affacca “.
“Uomo in casa, pane vicino”, nella casa in cui vi è un uomo laborioso, il pane non manca mai.
Un altro carattere dei proverbi sardi è che sono tante volte oscuri, cioè si parla di una cosa, ma si intende dire altro. La fonte di questa oscurità deve ricercarsi nella precisione in cui vennero dettati nei tempi addietro. I proverbi sardi, spesso vengono riportati nelle canzoni sarde, per la rima, armonia e per la brevità e s’imprimono facilmente nella memoria di chi li ascolta. Proverbi tramandati senza alterarsi da generazione in generazione. Il senso del proverbio è letterale e mistico e va ricercato nelle parole e nell’essenza delle lettere che hanno un altro senso, un senso è comprensivo e l’altro è oscuro e necessita di una spiegazione.
“Binza chentza jaga, est de sustántzia paga”.
Dove binza è il fito delle viti, sustantzia è l’uva e il senso letterale del proverbio è: – quando la vigna non
è recintata a siepe, non frutta -. Lo stile proverbioso non è altro che uno stile ingegnosamente figurato. Is dicius antigos, is proverbios, eleganti quelli disposti in ritmico numero o in metrica poetica rappresentano la scienza pratica che costituisce la sapienza dei popoli.
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